04/19/2024
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C215 (Christian Guémy): La meravigliosa arte dello street artist parigino

di Marisa Iacopino –

Esprimere la propria creatività e visione del mondo tramite interventi pittorici sui muri e altri oggetti di arredo urbano. Così la comunicazione passa attraverso la Street Art. 

Christian Guémy, Street Artist parigino noto come C215,  è un nome leggendario nel mondo dell’arte urbana. L’abbiamo raggiunto per parlare con lui degli esordi, fino all’odierno reportage in Ucraina, tra le rovine di una terra martoriata dal conflitto.

Come nasce C215?

“Per caso, mentre scrivevo poesie per mio figlio nel 2004. All’inizio, era il nome di un poeta”.

E’ lontano, ma sempre attuale, il tempo della sua esposizione romana “mea culpa”, quando proponeva provocatoriamente la teoria della presunzione di colpa, sostenendo l’urgenza per l’uomo contemporaneo di riflettere sul passato e di assumersi la responsabilità dei propri atti di fronte alla Storia. Da allora, il suo modo di lavorare è tecnicamente cambiato.  Ad esempio, all’inizio non c’era colore, oggi le opere sono molto colorate… Come è avvenuto questo cambiamento?

“È normale che il mio lavoro si modifichi, perché voglio esplorare tutte le possibilità della pittura con lo stencil. Mi annoio abbastanza velocemente. Ho bisogno di evolvermi, non c’è un altro significato. Potrei anche chiamarla ispirazione”.

I suoi studi in storia dell’Arte, La portano ad ammirare la forza espressiva di Caravaggio, tra gli artisti del passato … Ci sono altri punti di riferimento?

“Ho davvero molte fonti di ispirazione. Avere un unico artista di riferimento è diventare il suo doppio! Non potrei contarli, e non sono solo pittori, ma anche cantanti, attori, tutti gli artisti mi ispirano”.

Si differenziano gli artisti urbani in Francia,  e nel mondo, dagli accademici? 

“Non posso generalizzare. Quel che è certo è che la Francia è oggi il paese dove c’è il maggior numero di artisti urbani al mondo, e che offre un’ampia varietà di profili e opere”.

Come artista, ha sentito il bisogno di recarsi in Ucraina per mostrare concretamente la solidarietà dell’Occidente verso quel popolo. Crede che ciascuno, nel proprio ambito, dovrebbe agire in modo più pragmatico, rispetto alle tante parole che passano a favore della libertà per un popolo aggredito?

“Molte persone commentano, ma pochi agiscono. La maggior parte di coloro che commentano, soprattutto sui social network, generalmente esprimono teorie per giustificare la propria inerzia. Ammiro coloro che accolgono i rifugiati, perché non è il mio caso. Spero che questa pratica si diffonda ai rifugiati di tutto il mondo”.

Immagino abbia  incontrato delle difficoltà. Come dice lei stesso, non è un viaggio di piacere ma un impegno civile… Cosa  l’ha colpita di più durante il soggiorno in Ucraina?

“L’assenza dei bambini, i fori di proiettile nei muri di Boucha, i volti spenti, le sirene, il rumore delle bombe a Irpin”.

Ha dipinto un ritratto di suo figlio Gabin in abito ucraino. È per ricordare le giovani vite spezzate, o come manifesto per affermare che i bambini torneranno a nascere e crescere in quella terra?

“Il significato di questo ritratto di mio figlio in abiti ucraini è che tutti i bambini del mondo sono miei figli, il loro dolore mi lacera come se ognuno di loro fosse mio figlio”.

Nel frattempo, milioni di donne e bambini sono in esilio, e gli uomini e i padri restano a combattere… L’addio di una coppia di innamorati è stato anche un Suo lavoro artistico. Come ha scelto i modelli?

“Mi sono ispirato al mio solito lavoro perché ho dipinto molti amanti del passato. Per l’Ucraina sono state scattate foto molto belle di coppie che si separavano sui binari della stazione, la donna che andava all’estero, l’uomo che rimaneva in uniforme militare”.

E’ andato a dipingere sui muri colpiti dalla distruzione delle bombe. Anche a Kyiv ha dipinto un ritratto di Shevtchenko, poeta del 19° secolo. Pensa sia corretto colpire la cultura russa in eventi culturali e sportivi? In Italia, ad esempio, alcune università volevano vietare lezioni su Dostoevskij…

“Bisogna fare una distinzione tra i russi che appoggiano la guerra e gli altri che tacciono o che si sono espressi contro di essa. E’ semplice”.

È interessante la sua intenzione di dipingere quadri in Francia per mostrare ai rifugiati che sono i benvenuti. Ricordiamo una giovane ragazza dipinta sui muri di Parigi  con in testa una corona di fiori, simbolo del folklore ucraino, realizzata per l’anniversario della nascita della città di Leopoli. In Francia, come vengono accolti i rifugiati ucraini? C’è una differenza con il modo in cui i francesi accolgono gli immigrati che sono fuggiti da altre guerre e/o distruzioni?

“In Francia ci sono 85.000 rifugiati ucraini. Sono solo donne e bambini, non uomini. Penso che questa specificità faciliti l’accoglienza di questi profughi, e renda impossibile qualsiasi confronto con profughi di altri paesi che spesso sono uomini single”.

Lei dice che tornando in Francia dovrà riflettere sulla strada da intraprendere nel futuro, e del tempo che passa…  Pensa che cambierà qualcosa nel suo cammino artistico e umano?

“Mi pongo molte domande su questo argomento. Non sono sicuro che continuerò a rendere pubblica la mia attività artistica per tutta la vita”.

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