04/19/2024
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Carlo Delle Piane

Signori e signori, Carlo Delle Piane

“Signore e signori: Carlo Delle Piane” (Ed. Testepiene). Non poteva esserci titolo migliore per questa biografia firmata da Massimo Consorti, in uscita in tutte le migliori librerie. Un titolo diretto ed essenziale, senza troppi fronzoli, poco eclatante e dal sapore di un volta. Così come il suo protagonista, un artista lontano dalle smanie del successo e dal gossip a cui siamo abituati ai nostri giorni, che ha costruito la sua carriera con i fatti

Sullo sfondo decenni di cinema italiano raccontati attraverso aneddoti che  coinvolgono i grandi del passato come Aldo Fabrizi e Totò, solo per citarne un paio. In questa intervista al diretto interessato ne troverete solo un assaggio. “Signore e signori, Carlo Delle Piane”.

Carlo partiamo dal principio: per lei tutto iniziò nel 1948, con tre finti ispettori scolastici che la scelsero per  “Cuore”, il film di grandissimo successo tratto dal romanzo di De Amicis. Aveva solo 12 anni, come cambiò la sua vita?

“Mah,  a dire il vero all’inizio lo presi come un gioco, era  un modo per evitare di andare a scuola”.

Però il cinema le piaceva già?

“Sì, come poteva piacere a un bambino delle mia età in quegli anni. Solo col tempo ho scoperto l’amore per il cinema e ho imparato a dargli  il giusto valore”.

L’anno successivo è di nuovo sul set, in “Domani è troppo tardi” di Vittorio De Sica e poi ancora otto film negli anni dell’adolescenza. Anche oggi  ci sono attori giovanissimi, secondo lei qualcosa è cambiato?

“Mi sembra che ci sia meno voglia di imparare”.

Si spieghi meglio.

“Ai miei tempi c’era la volontà di fare esperienza, di crescere gradualmente, di imparare. Oggi  si vuole arrivare al successo. Non dico tutti, ma molti giovani oggi si preoccupano più di apparire che di imparare”.

Nei primi anni ’60 vive un’altra tappa fondamentale della sua vita e della sua carriera: “Rugantino” e l’amicizia con Aldo Fabrizi. Che valore ha avuto  questo incontro?

“È stato un incontro importante. Aldo è l’unica persona dell’ambiente che ho frequentato anche fuori dal set”.

E com’era Aldo Fabrizi fuori dal set?

“Aveva un carattere difficile. Era schietto e non accettava nessun tipo di compromesso. Devo ammettere che di questo suo carattere ho fatto tesoro. È stata una bella esperienza umana e artistica”.

Lei ha lavorato anche con  Totò. Di lui  che ricordo ha?

“Lo ricordo per quella che era. Un attore straordinario. Un uomo spesso  triste e malinconico che davanti   alla cinepresa  si trasformava in un vero e proprio principe della risata”.

Nel  1983 la grande occasione della sua vita: “Una gita scolastica”. Cosa cambiò con quel film?

“Beh intanto è stato il mio primo film da protagonista ed è stata soprattutto l’occasione per  interpretare, per la prima volta,  un ruolo diverso da quelli che avevo recitato fino a quel momento. Fu grazie a questa pellicola che la critica cinematografica si accorse di me e scoprì un  Carlo delle Piane nuovo e vero, anzi scoprì Carlo delle Piane. Per questo film vinsi il Premio Pasinetti alla mostra del Cinema di Venezia”.

Ma tre anni dopo,  con Pupi Avati, raggiunse un risultato più prestigioso a Venezia  perché con  “Regalo di Natale” si aggiudicò la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile. Cosa ricorda di quel momento?

“Ci sono tantissimi aneddoti legati alla mia vittoria a Venezia  e anche questi sono riportati nel mio libro autobiografico. Ce n’è uno molto gustoso, ad esempio, legato ad Antonio Avati e a mia madre, di  come scoprii al telefono che avevo vinto”.

 “Regalo di Natale”  è stato il film  più importante della sua carriera? Se non è stato questo, quale altro, e  perché?

“ ‘Regalo di Natale’ è senza dubbio il più importante. Essere il miglior attore della Mostra del Cinema di Venezia non è uno scherzo. Però metto sul suo stesso piano ‘Una gita scolastica’, un film ‘mio’ dall’inizio alla fine”.

Le chiedo di passare dalla parte dello spettatore. Quali sono i film che rivedrebbe all’infinito?

“ ‘Quarto potere’, ‘Il posto delle fragole’, ‘La conversazione’, ‘Otto e mezzo’, ‘Una giornata particolare’, ‘Il papà di Giovanna’ e il mio ‘Regalo di Natale’ ”.

E del cinema attuale cosa ne pensa?

Se parliamo del cinema italiano,  potrei dire che è in buona salute ma, purtroppo,  sarei smentito dai fatti”.

In che senso?

“Il problema è che non riusciamo più a proporre storie ‘universali’, film che, ad esempio, i francesi o gli inglesi girano con un occhio rivolto al loro mercato, ma anche con uno che guarda al resto del mondo”.

Cosa è cambiato?

“Potrei dire che oggi non ci sono più un Ennio Flaiano o un Cesare Zavattini e che forse le sceneggiature sono troppo figlie di intuizioni personali, ‘autoriali’, che non di un lavoro di squadra come avveniva una volta. Ma poi, quando vado al cinema e vedo le opere di alcuni registi italiani, giovani e un po’ meno giovani,  mi rendo conto che il problema sta a monte”.

E tra i nostri attori  attori, c’è qualcuno che la colpisce ?

“Ho avuto il piacere di lavorare con Pierfrancesco Favino e Valerio Mastandrea. Devo ammettere che sono molto bravi, preparati, eclettici. Di solito, quando esprimo un parere su un collega, lo faccio dopo averlo conosciuto perché il lato umano di un attore è altrettanto importante di quello professionale. Posso dire di aver ammirato alcune interpretazioni di giovani attori. Luigi Lo Cascio ormai  è più di una speranza, lo stesso vale per Riccardo Scamarcio, ma poi mi ha affascinato Elio Germano”.

Perché proprio lui?

“Mi piace perché lo trovo piccolo e apparentemente indifeso quasi quanto me”.

Per finire, cosa si prova a leggere la propria biografia?

“Ho raccontato la mia vita a un giornalista, Massimo Consorti, che mi ha ascoltato per ore. Quello che ne è venuto fuori è un ritratto che, in alcuni passaggi, ha sorpreso anche me per come è stato fotografato. È un’istantanea molto nitida di più di settant’anni di vita e di sessanta di carriera cinematografica. In allegato al libro c’è con un dvd, per la regia di Giuseppe Aquino, contenente tra le altre cose  un’interpretazione de ‘La cura’ di Franco Battiato cantata da me e dalla cantante Anna Crispino. Ammetto, senza alcun problema, che leggere la storia della mia vita mi ha commosso”.

 

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Vincent Candela
Elena Russo

redazione@gpmagazine.it

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