04/19/2024
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Dado: La notizia ha continuato a cantare

di Mara Fux

È stato uno dei personaggi dello spettacolo più attivi sul web durante il lockdown. Lo abbiamo visto in varie e divertentissime gag. I suoi video sono stati tra i più visualizzati negli ultimi mesi. Lui è Dado, amato da tanti e apprezzato artista esilarante.

Cosa pensi di quello che sta succedendo? 

“Penso che stiamo vivendo un cambiamento epocale: a noi un giorno ci intervisteranno come un tempo si intervistavano gli ebrei sopravvissuti ad Auschwitz, chiedendoci di raccontare ciascuno la propria personale esperienza”.

Tu come l’hai vissuta? 

“Io mi ostino a continuare il mio lavoro, mi mantengo occupato sui social pubblicando video, che ovviamente non è un modo economico di mantenersi; da questo punto di vista bisognerà capire quali soluzioni prendere, perché l’unica che mi appare adesso è quella di prendere una figlia e sposarla con il nonno più anziano della famiglia per garantirle un futuro pensionistico quando il nonno muore”. 

Immagino che la varietà di problematiche ti abbia fornito diversi spunti per i video. 

“Il mio format di satira sociale ‘Canta la notizia’ si è chiaramente arricchito moltissimo, portando tutto quello che ci veniva comunicato a satira di costume. Il nostro settore ha subito una scossa da cui penso sarà impossibile riprenderci se non tra parecchio tempo; ma, che devo dirti, io ho iniziato questo mestiere tanti anni fa senza una lira e a questo punto credo che lo finirò pure senza una lira”. 

In questo frangente ti sei confrontato con i tuoi colleghi? 

“Come no, con molti siamo in contatto e abbiamo tutti gli stessi problemi. Anche poco fa mi è pervenuto un messaggio di Giancarlo Bozzo, uno degli ideatori e organizzatori di Zelig che si sta anche confrontando col Ministro Franceschini, che accennava ad un progetto web tipo Zelig Covid, con un iban a sostegno dei comici in difficoltà. Mi da l’idea che stiamo un po’ vivendo quello che avveniva negli anni ’50, quando in tv ci arrivavano in pochi e gli altri si sostenevano facendo teatro, con la differenza che oggi è peggio perché il teatro non lo puoi fare. Con questa stoccata non penso che ci siano genitori desiderosi di sentirsi dire dai figli che vogliono fare i comici, come avveniva fino a qualche tempo fa, ritenendo che se avevi successo i proventi ti garantissero il futuro. Penso che chiedendo ad un figlio ‘cosa vuoi far da grande?’, sperino di sentirsi rispondere il pompiere o l’impiegato, perché la situazione ci ha ben dimostrato come a guadagnare, adesso, sia quello che ha il posto fisso; come ad esempio il professore il quale una volta fatta la lezione ha finito”.

Quindi sono cambiati anche i parametri in famiglia? 

“Certo, prima fare i comici sembrava un punto d’arrivo. A me che vengo dagli anni ’80 e da trasmissioni che si chiamavano Drive In, sembrava bellissimo poter fare il comico ed è proprio guardando quella o altre trasmissioni di cui il periodo storico era ricco, che mi sono innamorato di questo mestiere. Ad oggi però la prospettiva è devastante: come fai a dire ad un figlio di seguire le tue orme?”.

I tuoi figli come hanno vissuto le restrizioni? 

“I ragazzi si abituano a tutto: stai in barca? Remi. Entrano in protezione, adattandosi a quello che è il momento. Chi però ha già vissuto quaranta, cinquant’anni, chi ha vissuto già parte della vita e si è costruito una carriera, quello ha difficoltà. Mi piacerebbe avere la stessa leggerezza dei nostri figli, la loro capacità d’adattamento”.

Hai pubblicato parecchi video sul tuo canale “Canta la notizia”: come ha reagito il pubblico

“Mi hanno seguito in parecchi, alcuni video hanno sfiorato il milione di visualizzazioni, tipo quello sulla casistica delle motivazioni alla mobilità. Ci sono però anche stati quelli che mi hanno scritto di non gradire l’ironia davanti a questa situazione e io li rispetto. Per me fare ironia è un’esigenza, è un po’ filosofare sulla vita chiedendosi cos’è il passato, cos’è il presente o il futuro e rispondere mostrando come passato, presente e futuro siano tutti importanti pur con pesi specifici diversi”.

Cosa non ti è piaciuto di questo periodo? 

“Non mi sono piaciuti quelli ‘a noi non ci ferma manco la quarantena’, come se i divieti fossero un ostacolo creato per semplice coercizione contro un popolo. E lì la gara a chi è più furbo a uscir di casa senza capire che non si tratta di furbizia”.

Hai avuto persone toccate dal virus? 

“Qualcuno sì, anche uno che mi ha raccontato di aver saputo di aver avuto il Covid solo quando ha detto al suo medico di esser stato per dodici giorni con un’influenza fortissima, che gli procurava fastidio nel mangiare, per cui in quei 12 giorni ha assunto solo acqua di tanto in tanto”. 

E che ne pensi di quelli che postavano sui social dichiarazioni circa la falsità delle immagini delle bare? 

“Di complottisti se ne trovano sempre in queste situazioni, come quelli che pensano ancora che le torri gemelle sono cadute da sole. Sono quelli che trovano nel complotto il modo di giustificarsi: sei bocciato all’esame perché non hai studiato ma ti da fastidio ammetterlo per cui cerchi una regia occulta a cui dare la colpa”.

Trovi sia stata diversa la reazione nei comportamenti tra Nord e Sud? 

“L’ufficialità della violenza del virus nel Nord é stata difficile da non percepire ma comunque al Sud è stata percepita diversamente. D’altronde mentre nello stato di New York si contavano 28.000 decessi, in Texas magari qualcuno diceva ‘a noi qui ma quando ci prende!’. Voglio dire: Milano è una città dove la gente sta a gomito a gomito, si tocca, si struscia un po’ diversa da dove ci si sveglia e si respira la brezza marina”.

Cosa pensi che succederà nel tuo settore? 

“Penso che ci vorrà un anno e mezzo perché ci si possa riprendere e si andrà pian piano. Oltretutto anche se si riprendesse prima il pubblico non ha nemmeno i mezzi economici per premiarsi comprandosi due biglietti per un concerto; siamo diventati un popolo che per andare avanti dovrà togliersi tutto ciò che è sommariamente giudicato superfluo come un libro, un teatro, un concerto. L’uomo da adesso si dovrà confrontare col bene primario, ed il covid ha dimostrato come il bene primario oggi siano la salute del territorio e la sussistenza”. 

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Anna Maria Petrova:
Cristiana Capotondi

redazione@gpmagazine.it

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