Davide Garattini: “L’arte è tutto ciò che sfama la mia curiosità”
Il teatro di ricerca è stata la sua formazione e il suo obiettivo costante. Oggi è un bravo regista dell’opera lirica.
Di lui possiamo dire che è un grande regista dell’opera lirica. Uno di quelli che il teatro e la scenografia ce l’hanno nel dna. Davide Garattini, un onore ospitarlo sulla nostra rivista.
Davide, vuoi raccontarci come ti sei avvicinato al mondo del teatro e della lirica?
“Domanda da un milione di dollari! Quasi non ricordo quando ho cominciato, diciamo che la ‘teatralità’ ha sempre fatto parte della mia vita, ho da sempre avuto un certo gusto a raccontare ed inventare storie. Poi l’ultimo anno delle superiori mia zia mi ha portato al Teatro alla Scala a vedere Rigoletto, nello storico allestimento e sono rimasto folgorato, mentre vedevo ‘la finta ricchezza’ del primo atto mi sono detto ‘anch’io voglio raccontare così le bugie!’. Mi sono iscritto all’Accademia di Brera in Scenografia, ero molto bravo perché mi piaceva quello che facevo, lì ho capito cosa volesse dire fare qualcosa nella vita che si ama profondamente. Non mi pesava fare i corsi e gli esami perché mi divertivo moltissimo ma… ahime! Io ho un grandissimo difetto: mi annoio molto velocemente e le mia curiosità non mi fa stare fermo. Per cui, nonostante tutti gli esami con trenta e lode, l’ultimo anno ho intrapreso un percorso teatrale poco accademico. Ho cominciato a frequentare il ‘vero’ teatro di ricerca con i veri maestri e così altro cambio totale, quello che prima era per me il teatro ora diventava solo ‘scenografia’, il teatro stava diventando altro dentro di me… e ancora adesso è così! Il Teatro di Ricerca è stata la mia formazione e il mio obiettivo costante, anche quando ho finito l’Accademia con il massimo dei voti ormai il mio obbiettivo era chiaro, ho iniziato a studiare e a capire. All’inizio è stato difficile, mi affascinava, sapevo che era una strada giusta ma non capivo nulla. Poi ho dovuto fare altri lavori perché la gavetta deve essere riempita, Mi sono trovato in mondi che non sopportavo nonostante facessi comunque lo scenografo ma lì ho capito che dovevo lottare per fare ‘quello che mi fa alzare al mattino dal letto e non alzare gli occhi al cielo chiedendomi chi me lo fa fare!’. Ho lasciato lavori ben remunerati per seguire ogni volta la mia vera felicità. Rifarei tutte le scelte!”.
La tua formazione ti ha permesso di spaziare nei diversi campi artistici, partendo come Direttore del magazine “Musical!”, fino a portarti a firmare regie d’opera oramai da diverso tempo. Come è stato questo tuo processo lavorativo?
“Sinceramente pensavo fosse più facile, ma invece non lo è affatto. Ma continuiamo la seconda parte della mia storia. Insegnavo Teatro nelle scuole elementari, dimostrando di essere proprio bravo con i bambini. Io so sono poco modesto ma i fatti mi danno ragione. Succede che mentre insegnavo a scuola una persona mi presenta Sabino Lenoci con cui si instaura fin da subito un fortissimo dialogo, e qui ritorna il mondo della lirica e del teatro musicale. Inizialmente mi ha fatto vedere tantissimi spettacoli, per dieci anni almeno quattro per settimana alcuni giorni doppi o tripli, ogni genere dall’opera al musical, danza e circo, ho visto di tutto poi piano piano cominciavo a capire e vedevo che la qualità diminuiva o forse la mia visione critica aumentava, di fatto mi sono detto ‘visto che ci sono tante cose brutte a teatro forse è meglio che ritorno a farlo io’ e dopo dieci anni sono tornato a fare il regista, con un po’ di ritardo sui ‘baby registi’ ma con un bagaglio che neanche ci si può immaginare. Sono molto grado a Sabino Lenoci e ci tengo a questo bagaglio che mi porto dietro, ha aumentato molto la mia duttilità e non ho mai una visione unilaterale delle cose perché ne ho viste davvero tante. Mi piace sempre farmi domande e scavare nei libretti per non dare mai per scontato la visione di una storia o di un’opera. Cercare angolazioni diverse senza stravolgere l’originale con facili trovate”.
Con quale regia d’opera hai debuttato e i tuoi ricordi?
“Il debutto è stato con ‘L’elisir d’amore’ nel Sarzana Opera Festival, ormai credo nove anni fa. Ho un ricordo molto bello e sono ancora legato a quella regia, mi piacerebbe riprenderla in un teatro oggi. Ricordo che avevamo uno sponsor tecnico piuttosto ingombrante come Everlast per cui di conseguenza i paletti messi da un marchio così specifico hanno dettato molte scelte registiche… ma lì ho capito che io nelle difficoltà e nelle limitazioni do molto di più”.
Quale titolo d’opera ti piace e perché?
“Non ho una preferenza in particolare perché da subito ho capito che mi adattavo facilmente sia ai titoli più tradizionali sia quelli più rari. Ogni titolo per me è un’avventura. Per ogni titolo la sfida è differente ed a me piace mettermi in gioco”.
Il tuo ultimo progetto operistico durante questa estate 2021?
“’Le dernier Sorcier’ di Paline Viuardot per il Festival della Valle d’Itria in coproduzione con il Festival di Segovia e il Festival Little Opera di Zamora in Spagna. Abbiamo festeggiato i duecento anni della Viardot, compositrice a cui sono molto legato e che continuo a studiare”.
Quanto sono coinvolti nel teatro in generale le nuove generazioni secondo te?
“Non molto ma per demeriti di ambo le parti, molte porte per i giovani sono chiuse per stupidità così come molte sono state chiuse per stupidità dei giovani. Non mi piace parlare di date anagrafiche quando si parla di teatro, il teatro è di chi se lo merita. Puoi avere diciotto anni così come novantanove l’importante non è la carta d’identità ma l’amore che hai per esso”.
I tuoi prossimi progetti?
“Suor Angelica e Gianni Schicchi in un progetto itinerante nella regione Lombardia alla scoperta di nuovi luoghi e per concludere gli stessi due ad ottobre riapriremo il Teatro Arcimboldi di nuovo con l’opera lirica”.
Cosa rappresenta per te l’arte?
“L’arte è tutto ciò che sfama la mia curiosità”.
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