04/19/2024
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Gianluca Ansanelli

Ha diretto “Troppo Napoletano”, il film uscito di recente nelle sale cinematografiche italiane e prodotto da Alessandro Siani. Se il buongiorno si vede dal mattino, per lui si profila una brillante carriera da regista

di Alessandro Cerreoni

E’ uno di quelli che può dire di aver fatto la gavetta. Si è cimentato nel cabaret, in tv e in radio. Adesso è approdato al cinema. Nel 2012 c’è stata la sua prima esperienza da regista e ad aprile è uscito con il suo film “Troppo Napoletano”, una bella commedia prodotta da Alessandro Siani. Lui è Gianluca Ansanelli, un personaggio in gamba, brillante e simpatico.

Gianluca, due parole sulla tua persona e sul tuo carattere, in modo da presentarti ai nostri lettori.

“Faccio lo sceneggiatore e in sceneggiatura c’è una regola. I personaggi devono raccontarsi attraverso le azioni e non attraverso ciò che dicono. Quindi chi sono io, lo dovrebbero raccontare le che cose che faccio. D’altronde se vi dicessi che sono simpatico, intelligente, generoso, bravo… Ma chi mi crederebbe?”

Artisticamente nasci in teatro. Come è avvenuto questo approccio? Hai una formazione teatrale precedente?

“Sì, ai tempi dell’università ho frequentato un’accademia a Napoli e vari stage. Poi è arrivato il cabaret, la tv, la radio e infine il cinema. Ora vorrei fermarmi anche perché il prossimo passo sarebbe la danza classica e veramente non mi sembra il caso”.

Arrivi poi al cabaret e alla televisione e ti consacri. Che passaggio è stato? Era tutto pianificato?

“No, apparentemente è arrivato tutto in maniera casuale. Dico apparentemente perché in verità ritengo che il nostro crescere non sia altro che lo scoprire piano piano chi siamo e che cosa fa per noi. Non occorre fare piani precisi, basta sapersi ascoltare e mettersi in discussione costantemente. Seconda regola della sceneggiatura: scrivi bene il tuo personaggio e lui ti dirà dove va la storia. Il contrario non funziona mai, nei film come nella vita”.

E’ la fase in cui ti stabilizzi come un ottimo intrattenitore. Qual’era all’epoca la tua caratteristica principale di intrattenitore e di conduttore televisivo?

“Ho sempre fatto l’intrattenitore brillante. Ma il farsesco non l’ho mai amato. Nella mia idea, il cabaret è sempre stato un modo per riflettere sulle cose magari da una prospettiva nuova. Qualcuno all’epoca mi definiva ‘cabarettista intelligente’, come per segnalare che poi, in fondo, dietro l’ironia, c’era anche un minimo di pensiero”.

Parallelamente hai intrapreso anche la strada dell’autore (inizio anni 2000). Ce ne puoi parlare?

“Ho sempre scritto. Dapprima per me stesso, poi per gli altri. Sono molto curioso e perciò ho esplorato diversi settori. Mi è capitato di scrivere opere teatrali, testi di cabaret, ma anche game show per la tv sia in Rai che a Mediaset, fiction, programmi di intrattenimento. A volte anche campagne promozionali. In fondo tutto è narrazione e oggi più che mai siamo tutti autori, dagli utenti di facebook ai premi oscar. La narrazione è l’unica chiave che abbiamo per comprendere le cose”.

Sei soddisfatto di quanto fatto come autore e qual è stata l’esperienza che ricordi con maggior piacere, senza ovviamente tralasciare le altre?

“Il primo amore non si scorda mai. Tutti i miei ricordi più belli sono legati alle prime volte. Le prime serate di cabaret, quell’emozione, quella paura, quella totale incoscienza. E’ merce preziosa nella banca dei ricordi. Poi le primissime affermazioni. A metà degli anni novanta facevamo un programma molto popolare sulle tv private napoletane. Si chiamava Telegaribaldi. Eravamo giovani, tutti amici, sperimentavamo l’ebbrezza dei primi successi, guadagnavamo i primi soldi. Si tirava sempre tardi, si chiacchierava di notte sognando che cosa avremmo fatto in futuro. Con molti di quegli artisti siamo rimasti amici. Tra di loro c’erano  Alessandro Siani, I Ditelo Voi, Rosalia Porcaro e molti altri. Anni meravigliosi e magici”.

La televisione ti ha dato tanto. E’ quello che ti aspettavi?

“La tv è un contenitore. Dentro ci sono molte cose. Parlare genericamente di tv è come dire genericamente ‘la gente’. Bisogna distinguere. Ci sono persone eccellenti e persone detestabili. Ho fatto programmi eccellenti, come ‘le Iene’, e programmi detestabili, di cui non farò il nome per educazione”.

Come si può conciliare l’attività di autore e di attore? Possono essere utili l’una all’altra?

“Come ho già detto, siamo tutti autori. E un attore lo è più che mai. Autore del suo personaggio, della sua interpretazione, della sua caratterizzazione. Solo l’attore può indicarti la strada giusta. E tu autore devi tenerne conto, almeno quanto lui tiene conto dei tuoi testi e delle tue indicazioni sul personaggio. Perciò certo, le due attività possono essere di grande aiuto l’una per l’altra”.

Adesso arriva questa esperienza da regista con il film “Troppo Napoletano”, prodotto da Alessandro Siani. E’ la prima esperienza da regista cinematografico?

“No, la seconda. Il mio primo film è ‘All’ultima spiaggia’, uscito nelle sale nel 2012, prodotto da Lucisano per Medusa. Ma l’esperienza della regia cinematografica è molto complessa, perciò in fondo possiamo dire che questa è stata una prima esperienza, come probabilmente lo sarà la prossima. C’è così tanto da imparare. Il margine di errore è enorme. Basta sbagliare una virgola e l’emozione va a farsi benedire”.

Sei soddisfatto del lavoro svolto in “Troppo Napoletano”?

“Molto. Ho avuto un’ottima squadra di collaboratori e un cast eccellente. Qualcuno era alle prime armi, qualcuno un po’ più navigato, ma tutti hanno dato il massimo. Il film è tenero e divertente, proprio come lo avevo immaginato”.

Hai progetti in cantiere e progetti in fase di concretizzazione a breve?

“Uno spettacolo teatrale di cui curo la regia, che vede come protagonista Maria Bolignano, una bravissima comica napoletana. Ha debuttato a metà aprile al Teatro Cilea a Napoli. Un paio di nuove sceneggiature che andranno sul set a breve, tra cui il nuovo film di Maccio Capotonda, una personalità comica davvero sorprendente”.

Ti si può definire artista poliedrico, viste le tue esperienze a teatro, nel cabaret, nei clubs, in tv e al cinema? C’è un’esperienza che ti manca?

“Mai cantato un’opera lirica. E anche nel mondo della lap dance conto veramente pochissimo”.

Tanti giovani tentano la strada dello spettacolo per dare una svolta alla propria vita. Qual è l’approccio giusto per iniziare, secondo te, e qual è la strada migliore da intraprendere?

“Il realismo. Tutti dicono sempre di inseguire i propri sogni con testardaggine. Ora non dico di non farlo, però se insegui i tuoi sogni con testardaggine da dieci anni e non li hai ancora raggiunti, una domandina fattela”.

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Valentina Romani

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