04/25/2024
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Marco Monti e la musica antica

Vi parliamo di un genere musicale particolare che nasce con la passione per il Medioevo. Un viaggio nel tempo alla scoperta di quelli che sono gli strumenti adatti e cosa hanno rappresentato all’epoca questi suoni che continuano a riecheggiare

di Marisa Iacopino

La musica è da sempre considerata un collante potentissimo, patrimonio universale che ha il potere di legare assieme mondi e culture diverse. Talvolta, la magia delle note e del canto può addirittura fungere da macchina del tempo, trasportandoci per incanto nell’atmosfera di armonie e melodie risalenti a centinaia se non migliaia di anni fa. Sull’argomento, abbiamo incontrato Marco Monti, che dal 1996 suona regolarmente in Ensembles dedite alla ricerca e alla esecuzione di musica ‘antica’, segnatamente medievale e rinascimentale.

Da dove nasce la passione per la musica antica? 

“Nasce con la passione per il medioevo e proviene da suggestioni dell’infanzia. Ho infatti trascorso lunghi periodi estivi in Umbria, in un casolare di campagna contornato da fitti boschi, senza luce elettrica. La sera si usava il lumino a carburo per illuminare, e lo spasso per i ‘grandi’ era il gioco delle carte. Noi ‘piccoli’ invece avevamo le favole che una nonna ci raccontava davanti al camino. Le orecchie erano spalancate verso quei mondi, ma i miei occhi seguivano il gioco degli adulti, e sul vecchio tavolo vedevo materializzarsi fanti, cavalieri e re di cui le favole erano piene. Penso che in quelle lunghe notti sia nata la passione per quel mondo antico, che poi crescendo si è rivolta soprattutto all’ambito musicale”.

Cosa si intende esattamente per musica antica?

“Può considerarsi tale la musica europea che va dal Medioevo al primo Barocco, passando per il Rinascimento. Più propriamente, va annoverato un repertorio che non ha trovato nella cultura musicale accademica novecentesca spazio di approfondimento. Solo dagli anni ’70, è iniziato un serio processo di ricerca, soprattutto in area anglosassone, basato sulle fonti originali, l’utilizzo dell’iconografia e lo studio della prassi esecutiva tramandataci dai trattati rinascimentali, oltre al contributo fornito da artigiani e liutai nella fedele ricostruzione degli strumenti. Tutto ciò ha finalmente posto generazioni di musicisti nella condizione di affrontare lo studio e l’esecuzione di questo genere musicale con un discreto margine di fedeltà”.

Quali strumenti suona e quali sono quelli maggiormente in uso nella musica antica?

“Ho seguito stages e corsi di specializzazione in strumenti a fiato antichi, dal flauto dolce dritto e traverso, alle cialamelle, alle bombarde. Accanto a questi, aggiungerei i Salteri, le Vielle, le Ribeche, le Arpe, gli Organi Portativi, i Liuti, le Tiorbe, le Citole, i Tamburi e tantissimi altri strumenti a percussione, le Cornamuse, l’Organistrum e le sue evoluzioni nel tempo: la Symphònia, la Ghironda”.

Ci sono strumenti andati perduti, e poi ricostruiti per recuperare le armonie e le sonorità dell’epoca?

“Moltissimi. Un esempio su tutti la ricostruzione della Viola da braccio – strumento ad arco rinascimentale evoluzione della viella trecentesca – operata grazie all’attenta osservazione dei dipinti di alcuni artisti del Rinascimento che l’hanno ritratta in maniera direi ‘fotografica’. E’ chiaro che più lo strumento si avvicina all’originale, più le melodie e armonie riprodotte sono simili al tipo di sonorità dell’epoca”.

Da diversi anni collabora con diverse Ensemble. Oltre alla passione per questo tipo di musica, cos’è che vi tiene insieme?

“Oggi la mia Ensemble di riferimento è ‘Il Rondello’ (il nome deriva dall’omonima danza medievale che nel tempo si è trasformata nel più famoso Rondò) nata nel 2010 anche su mia iniziativa. Inoltre collaboro con la Compagnia Gratulantes e con Il Gregge di Titiro (mio primo gruppo del 1996). Ci unisce prima di tutto la comune passione, ma è indubbio che il tempo trascorso insieme fra ricerche, prove, concerti, cene post-concerto e pernottamenti crea un legame basato sul rispetto e la stima reciproci che non ho problemi a definire amicizia”.

Quanto è importante conoscere il contesto storico di riferimento, per comprendere la musica antica?

“Direi fondamentale. La storia, il costume, le tradizioni influenzano gli artisti e il modo di interpretare il loro tempo. Ad esempio, quando ci chiedono di fare un ‘concerto di musica medievale’ non nascondiamo un certo disagio, perché per tutto il medioevo la forma concerto non esisteva. La musica era quasi sempre di commento ad un evento, che si trattasse di una fiera, di un matrimonio, di una festa. La musica scritta da artisti riconosciuti come Magister Piero, Guillaume di Machaut, Francesco Landini era molto intimista, complessa, di contenuti alti ed esaltava le qualità del singolo autore. Il concerto come lo immaginiamo oggi, fatto di ensembles che si esibiscono seduti davanti ad una platea, appartiene più propriamente allo sviluppo delle Corti, e quindi il Rinascimento ne costituisce la culla”.

Crede che la musica abbia contribuito alla rinascita dell’uomo dopo la lunga oscurità, sebbene ormai si sia propensi a considerare il Medioevo non solo come periodo di tenebre ma di fermento per eventi futuri?

“La musica come tutte le arti ha certamente contribuito alla rinascita umana. Mi permetto di dire che dalla notte dei tempi, da quando l’uomo ha provato gusto nel sentire il suono che scaturiva dal suo soffiare nella tibia dell’animale ucciso per nutrirsi, non abbia mai cessato di svolgere questa funzione.

Per finire, una domanda avulsa dal contesto. Un profumo, o un colore con cui definirebbe la musica antica… 

“A me la ‘musica antica’ ricorda il profumo di pane e di legna bruciata che hanno le vecchie case di campagna”.

Appuntamenti: 16-20 agosto 2016, ‘Il Rondello’ al Templaria Festival di Castignano.

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Anthony Peth
Il violino di Andrea

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