04/16/2024
HomeSpettacoloRenato Bonajuto: “Spero che i teatri possano tornare presto a riempirsi. Non possiamo rinunciarci”

Renato Bonajuto: “Spero che i teatri possano tornare presto a riempirsi. Non possiamo rinunciarci”

di Roberto Ruggiero –

È uno dei migliori registi teatrali in circolazione. Ha lavorato nei teatri più prestigiosi e a fianco di personaggi del calibro di Beppe De Tomasi e del Maestro Luciano Pavarotti.

Gentile Renato, grazie per questa tua intervista. Cominciamo a raccontare che la tua carriera come assistente di Beppe De Tomasi lavorando nei più prestigiosi teatri italiani ed esteri con i grandi nomi della lirica. Cosa ricordi dei tuoi esordi?
“Da ragazzino ero già appassionato di opera lirica e seguivo di nascosto le prove delle produzioni al Teatro Coccia di Novara. Di nascosto perché il portiere del Teatro non voleva farmi entrare, poi siamo diventati amici. Ricordo che la prima volta che vidi Beppe stava tirando una scarpa contro il Coro, perché era arrabbiatissimo. A 17 anni entrai nel Coro del Coccia e dopo, con Paola Carnovale e Paolo Ricagno, registi che lavoravano nelle stagioni, ho cominciato a fare da assistente volontario. Una volta presa la patente, considerato il legame di simpatia che era nato con Beppe, cominciai a seguirlo nei vari spettacoli che allestiva, prove comprese. A un certo punto, era il 2000, mi chiese ‘Se ti piace fare il regista perché non vieni a fare da assistente a me?’. Non mi sembrava vero, era proprio quello che desideravo, un sogno che diventava realtà. Nei primi tempi non mancarono urli e sgridate, che mi sono serviti però moltissimo. Da semplice spettatore mi trovai a lavorare al fianco di personaggi come Mirella Freni, Raina Kabaivanska, Renato Bruson, José Cura, Leo Nucci, June Anderson”.
Nel 2004 diventi assistente di Luciano Pavarotti per “La bohème” di Giacomo Puccini al Teatro della Fortuna di Fano. Cosa ricordi del grande Maestro?
“Una persona straordinaria da tutti i punti di vista, gentile, affettuoso. Era per me quasi una situazione surreale. Lavoravo al fianco del mio idolo! Ricordo che in quel periodo morì Renata Tebaldi e lui era tristissimo per questo. Sul palcoscenico portava tutta la sua esperienza e la forza del suo carisma vocale, che desiderava trasmettere ai cantanti. Andai a trovarlo anche più avanti diverse volte, la casa sempre piena di amici e di allievi. Lo vidi un mese prima che morisse. Nonostante la malattia traboccava di voglia di vivere. La figlia Giuliana mi confidò che era prossimo alla fine, ma davvero non sembrava”.
Hai al tuo attivo più di cento regie d’opera in tutto il mondo. Come prepari il tuo lavoro per ogni singolo progetto?
“Nutro un grande rispetto per la tradizione. Il che non significa che non mi piaccia sperimentare o seguire nuove vie espressive. Qualsiasi genere di arte, in particolar modo quelle figurative, sono per me sempre spunto di ispirazione. L’opera è un ‘museo vivo’, estremamente legato alla contemporaneità. La forza di ogni capolavoro risiede nella sua attualità, e così è per l’opera. Mettere in scena un titolo, anche rispettandone l’epoca, non impedisce di scavare, approfondire, cercare un rapporto tra i personaggi e la gestualità dei medesimi più attuale, aderente ai nostri tempi. I sentimenti e la natura umana sono sempre quelli, cambia solo il modo di esternarli. Una cornice visiva storica non impedisce un confronto-scontro tra personaggi in scena che potrebbero agire spinti da motivazioni emozionali odierne , con la stessa verità che potremmo trovare in qualsiasi casa, in qualsiasi strada, oggi”.
Un titolo d’opera a cui sei maggiormente affezionato e perché?
“’Tosca’, perché è estremamente cinematografica, come in genere lo è la musica di Puccini. Poi, ricollegandomi alla domanda precedente, si svolge in una Roma che trasuda ‘la grande bellezza’ ad ogni angolo. Ogni atto ha precisi riferimenti artistici, religiosi, culturali”.
La protagonista femminile di un’opera che da sempre ti affascina e perché?
“La Marescialla del ‘Rosenkavalier’. La malinconia del tempo che passa, l’accettazione di farsi da parte per lasciar scorrere la vita dei più giovani anche a costo della propria rinuncia… lei si alza nel cuore della notte per fermare tutti gli orologi, per arrestare quello che non si può arrestare e lo sa. Quanta struggente verità in questa donna, che si erge così ad archetipo universale. Forse siamo tutti così”.
Oltre la tua attività di regista, sei molto impegnato nella carica di casting manager del Teatro Coccia di Novara dal 2012. Come gestisci questo altro aspetto della tua carriera?
“La mia carriera di regista mi permette di ascoltare moltissimi cantanti, e organizzo anche molte audizioni. Sono sempre alla ricerca di nuove voci da lanciare. La cosa più difficile è ricordare le varie quantità di volume o diversità di colore per formare dei cast il più omogenei possibili, anche attraverso quel qualcosa in più che deve esserci nella musicalità e nelle singole caratteristiche vocali. L’unione di queste cose è molto impegnativa ma di enorme soddisfazione”.
I tuoi progetti futuri.
“’Le convenienze e inconvenienze teatrali’ di Donizetti al Teatro Municipale di Piacenza in coproduzione con l’Opera Giocosa di Savona e il Teatro Coccia di Novara; ‘La vedova allegra’ a Sassari, ‘Wozzeck’ di Berg all’Opera di Stato di Instambul, ‘Cavalleria rusticana’ e ‘Pagliacci’ all’Opera di Ankara, ‘Tosca’ al Teatro Coccia di Novara. L’estate prossima ‘La voix humaine’ di Poulenc in coproduzione con due Teatri di tradizione e in autunno ‘Mefistofele’ di Boito in un Ente Lirico italiano”.
Un tuo messaggio personale a tutti in riferimento al teatro?
“Spero che presto i teatri, superata l’emergenza, possano tornare a riempirsi. Aggregarsi davanti ad un sipario che sta per aprirsi, farsi scudo con la cultura, è un simbolo di civiltà e crescita sociale a cui non possiamo rinunciare. La forza di un Paese, come il nostro poi, così ricco di storia e di arte, dovrebbe basarsi sullo sviluppo che ogni persona può avere con l’incontro con il fatto artistico. Ritrovarci tutti di nuovo fianco a fianco in una platea è l’obiettivo che tutti dovremmo perseguire. Attraverso lo specchio del teatro ritroveremo noi stessi, con la gioia di poter condividere questo spicchio importantissimo di vita e di verità con gli altri”.

In collaborazione con:

Condividi Su:
POST TAGS:

redazione@gpmagazine.it

Valuta Questo Articolo
NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO