04/20/2024
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Simone Montedoro

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Simone Montedoro

“Da grande volevo essere James Bond”

 

Ha appena finito di girare la fiction “Rossella 2” ed è stato protagonista in due importanti fiction televisive come “L’Isola” e “S.Barbara”, dove ha avuto l’occasione di misurarsi in ruoli e situazioni diverse. L’attore romano ha l’entusiasmo alle stelle e tanta voglia di lavorare… anche per i prossimi cento anni

 

di Silvia Giansanti

 

Impulsivo, istintivo, amante del suo lavoro, che sta arricchendo con nuove esperienze e con ruoli inediti finora al grande pubblico, a chi magari lo aveva conosciuto con “Don Matteo” e in molte altre serie televisive. Con gentilezza e animo nobile da pugile, l’affascinante attore, classe 1973, ci ha condotto attraverso il suo bel percorso artistico.

Simone, scavando nel passato, da dov’è scaturita la voglia di fare l’attore?

“In verità non sognavo affatto di fare l’attore, anche se  una volta quando mi chiesero cosa volessi fare da grande, risposi: James Bond! Comunque, la passione per il teatro è nata per caso. Feci un servizio fotografico di moda all’età di diciotto anni e da lì conobbi un agente che mi consigliò di studiare recitazione. Tutto nacque per caso appunto”.

All’inizio sappiamo che il fotoromanzo ti ha portato fortuna.

“Sì qualcosa ho fatto, ma devo ringraziare gli spot tv pubblicitari, in particolar modo quello del Grana Padano, e Don Matteo”.

A proposito della fortunata serie “Don Matteo”, come si lavora con Nino Frassica?

“Lui è un grandissimo professionista e mi ritengo molto fortunato per aver lavorato con due personaggi come Nino e Terence Hill. Frassica è un grande capocomico, unico nel suo genere, di Nino ce n’è uno. E’ stato un signor maestro per me, anche involontariamente. Per me ascoltare e osservare sono più importanti di dire e fare. Ci vogliamo bene e insieme lavorativamente funzioniamo, è un grande connubio il nostro”.

A quale generazione di attori avresti voluto appartenere?

“Al neo realismo, credo che sia stato il periodo più bello e intenso”.

Cosa ti ha dato più soddisfazione, il teatro o la tv?

“Il teatro sicuramente. E’ unico per ciò che riguarda il lavoro dell’attore, ha una continuità e un crescendo, mentre la televisione e il cinema sono fatti a pezzi. Questo non è che non abbiano valore, ma sono due cose completamente diverse. L’emozione che dà il teatro è crescente”.

Tra i tuoi impegni c’è quello per “L’Isola”, in onda su Rai Uno. Parliamone.

“Sono molto contento innanzitutto per aver lavorato con Alberto Negrin, che ritengo sia un regista davvero in gamba, una persona interessante che ha tante cose da raccontare. Questo è un progetto valido a mio avviso, perché diverso. Non è una serie, ma un romanzo a puntate molto coinvolgente che ha una tematica interessante supportata da varie storie che s’intrecciano e da tanti personaggi. Ci sono il giallo, il sentimento e l’azione”.

Riguardo al ruolo che interpreti, che insegnamento ne hai tratto?

“Adriano Liberato è una persona che cerca la verità, la cosa più difficile da trovare al mondo. E’ un personaggio molto ermetico per vari motivi e che attraverso l’amore riuscirà poi ad aprirsi”.

Ti sei presentato quindi per la prima volta in una veste inedita per il pubblico.

“Sì, mi è piaciuto molto lavorare su altre corde. In questo caso ho esplorato situazioni più profonde. Amo questo lavoro a 360 gradi e non mi piace fossilizzarmi sugli stessi ruoli o sugli stessi personaggi”.

E’ arrivato tutto insieme per te. Mi riferisco anche a “S.Barbara”, andata in onda a dicembre.

“E’ la storia della Santa; anche in questo caso è stata una grandissima esperienza che mi ha permesso di tirare fuori un altro carattere, quello del guerriero, del soldato romano che ascolta solo gli ordini di Roma e che davanti all’innocenza e alla purezza di una ragazza bellissima come Barbara, si mette in discussione. Per me si è rivelato un bel percorso interpretativo”.

Parlando di te, so che sei anche un appassionato di sport, soprattutto di arti marziali e di pugilato.

“A dir la verità non sono un grande esperto di arti marziali. In passato ho praticato molti sport come la lotta greco-romana, il rugby, la boxe e il full contact. Trovo che siano sport nobili dove esiste molto rispetto dell’avversario, ci sono regole molto ferree”.

Com’è il carattere di chi pratica pugilato?

“Conosco pugili professionisti che sono persone molto tranquille. Durante un incontro si devono rispettare delle regole, occorre molta concentrazione e aplomb per non perdere le staffe e non trasformare l’incontro professionale in uno da bar. Non a caso il pugilato è chiamato la nobil arte”.

E tu come sei caratterialmente?

(Sorride) “Non potrei mai fare incontri, poiché sono un tipo impulsivo”.

Se la salute ti assistesse, cosa che ti auguriamo con tutto il cuore, vorresti appartenere a quella categoria di attori disposti a lavorare fino all’ultimo?

“Assolutamente sì. Adesso spero che quel momento sia più lontano possibile, visto che mi reputo un novizio. Sono sicuro che avrò entusiasmo fino all’ultimo”.

 

 

 

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Roberta Albanesi
Lo strano mondo di M

redazione@gpmagazine.it

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