Alberto Donatelli: Un rocker artigiano

Ha scelto di comporre e prodursi in proprio, per poter fare il suo rock “come voglio e come mi pare”, ma soprattutto senza vincoli e senza compromessi. Il 4 luglio è uscita una canzone, i cui ricavati delle vendite saranno devoluti a quattro associazioni dei parenti delle vittime delle Torri Gemelle
di Paolo Paolacci
Un Rocker artigiano – come si definisce ironicamente – che ce la mette tutta con impegno e convinzione tanto da essere il produttore di se stesso e propone una canzone negli USA dedicata alle vittime delle Torri Gemelle. Leggete un po’ la sua storia rock.
Ciao Alberto, da quanto tempo fai musica e come hai iniziato?
“Ho iniziato a suonare presso l’Istituto Novamusica di Roma, poi l’esordio discografico nell’aprile del lontano 2001 fino a diventare il produttore di me stesso per poter fare tutto il mio rock ‘come voglio e come mi pare’, senza vincoli e né compromessi”.
Che genere di musica fai e a chi ti sei ispirato?
“Io sono stato sempre un grande amante del rock classico. Americano con alcune decadi di quello nostrano. Dall’esordio del mio primo album nell’ottobre 2002 era molto leggero e pop ma dal 2004 ho preso in mano il mio destino discografico e da produttore autonomo con Indie sono uscito con tre album realmente rock. Mi ispiro agli U2, al Boss, ai Guns&Roses, ai Goo Goo Dolls ed ai momenti felici di Vasco – anni ’80 – e Ligabue”.
Quali sono i titoli degli album che hai pubblicato e se sono tutti da cantautore.
“Sono usciti ‘Vanina’ nel 2006, ‘Non calpestare il mio giardino’ nel 2009 e ‘Arcobaleno di Profilo’ nel 2012. Attualmente sono già stati selezionati gli undici inediti per un album che uscirà entro l’estate 2014 per festeggiare il mio decennio da ‘rocker artigiano’. Sì, sono tutti da cantautore e sicuramente lo saranno anche quelli futuri”.
Cosa rappresenta per te scrivere una canzone e poi ascoltarla alla radio?
“Rappresenta davvero una grossa gioia credimi. Non so ancora descrivere bene come nascano e da dove arrivino veramente. Poi il miracolo nasce suonando insieme alla mia band, ‘Il ROCKificio’, formata da Francesco De Chicchis (batteria e percussioni), Roberto Franzò (chitarre soliste) e Duccio Grizi (basso e arrangiamenti). Ascoltare i miei pezzi alla radio è una grossa soddifazione seppure ho ben compreso che esiste un ‘meccanismo’ del come e perché si viene trasmessi in radio”.
Evitiamo la solita domanda se canti sotto la doccia. A cosa rinunceresti per suonare o cosa non faresti?
“Non saprei dire di preciso, nel senso che non rinuncerei a nulla. Mi spiego meglio: suonare e scrivere canzoni è stato sempre il mio istinto e godimento principale. Lo faccio e lo farò sempre, tutto qui. Nulla può farmi smettere: avrei avuto ragioni e vantaggi oggettivi per poterlo fare in questi anni”.
Fai una panoramica di impressioni sulla musica italiana nel corso degli anni e quella straniera e soprattutto qual è secondo te, da autore, la vera differenza?
“Posso solo dirti le mie sensazioni personali e quello che ho visto di persona: all’estero, in America, se sei un musicista c’è per te lo stesso rispetto che se tu fossi, non so, un notaio. Inoltre ci sono sempre stati grossi squilibri: negli anni ’60 con una canzonetta vendevi due milioni di copie ed eri un Dio per i 30 anni successivi. Oggi se fai un disco stupendo vende solo se sei uno degli ‘Amici’ di Maria De Filippo, perciò scrivo e suono principalmente perché sono felice a farlo: è una terapia stupenda”.
Quanto spazio dedichi alla musica nella tua vita?
“Tutto quello che posso. Semplicemente, tutto quello che posso, niente di meno”.
Parlaci del tuo ultimo lavoro. Qual è l’idea da cui è partito, la registrazione e il risultato personale e come è andata la vendita album?
“Il titolo è particolare, ‘Arcobaleno di profilo’, per festeggiare il ‘Record Store Day’ del 21 Aprile 2012. Girando sul web nell’ottobre del 2010 con la scrittura dei brani terminata, leggo questa frase ‘…ho cercato di comunicare quello che gli altri non vedono, ad esempio un arcobaleno di profilo…’.
Sono le parole di Bruno Munari, artista, architetto e designer milanese recentemente scomparso. Illuminanti parole che mi hanno colpito per la loro semplicità ed intelligenza. Da lì è partito tutto e la vendita è stata più che soddisfacente per un rocker ‘sconosciuto’ ”.
Cosa faresti, se potessi decidere, per la musica italiana e in generale per l’arte? Dove non funziona secondo te la “macchina”?
“In verità è tutto semplice: avviene il contrario di quanto la logica e la ‘giustizia’ vorrebbero in virtù di meccanismi di cui parlavo prima. Dunque, resta da chiedere semplicemente di ascoltare il tuo singolo. E qual è la risposta? Non vi è alcuna risposta, così come non vi è l’ascolto, lo spazio e né la divulgazione. Dove non funziona la macchina? L’unica cosa che non dovrebbe avere un contraltare di valore economico, invece, ne ha sempre di più”.
Ci puoi svelare la tua favolosa sorpresa? Siamo contentissimi di ospitarla in anteprima!
“Sì, con piacere. La notizia in verità uscirà ufficialmente in questi giorni solo negli USA e in Canada. Il mio progetto è dedicato al grande amore per l’America e il rock ‘dal cuore puro’. Tra l’altro il 2013 è l’anno ufficiale dell’arte italiana negli Usa. Andando a New York ho visto con i miei occhi il dramma del WTC. Inoltre, ho ascoltato una delle telefonate fatte dalle torri gemelle durante il crollo negli attentati dell’11 settembre 2001, fatta da una sventurata ragazza, Melissa Doi. Perciò ho scritto, in inglese, una canzone ‘One Morning In Late Summer’ (Omils911) che esce nella – non casuale – data del 4 luglio e sarà solo per il territorio degli USA e del Nord America, su iTunes: i ricavati delle vendite saranno devoluti a quattro associazioni dei parenti delle vittime delle stragi di quell’atroce giorno. Tutti i dettagli e le news sono su http://www.omils.com. Poi ho il mio sito www.albertodonatelli.it. Vi aspetto!”