Giovanna Nosarti: “Del Processo a Zeus”
di Marisa Iacopino –
Viaggio nella mitologia greca, in un pantheon che diventa lo specchio di vizi, virtù e debolezze umane, allegoria delle forze inconsce che da sempre agiscono sull’uomo.
“Del processo a Zeus”, satira pungente del nostro tempo messa in scena attraverso le figure archetipiche dell’Olimpo. Dopo il successo editoriale delle sue poesie, Giovanna Nosarti torna in libreria con un romanzo edito da Manni.
Come nasce questo libro?
“’Del processo a Zeus’ nasce dal fascino che la mitologia ha sempre esercitato su di me. Lo spunto è stato offerto da un racconto nato nel laboratorio di scrittura diretto da Cinzia Tani, che, da vera maestra, mi ha stimolato a sviluppare l’idea narrativa nella forma romanzo. Nel solco di un percorso, ironico e surreale, già tracciato dai racconti ‘Intervista a Penelope’ e ‘Maledetto il mito’, presenti ne ‘Il gorgoglìo della macchinetta del caffè e altri racconti’”.
La scrittura in prosa è più istintiva o ponderata rispetto a quella in versi?
“La prosa è un flusso naturale di discorso – per la contiguità con il linguaggio della vita quotidiana – che consente di dispiegare la narrazione con compiutezza e concretezza, oltre che in modo poetico, ma con un peso vincolante delle strutture sintattico-grammaticali. La poesia, invece, ricorre a qualità estetiche, ritmiche, creative del linguaggio che puntano piuttosto a evocare il significato. Entrambe le forme richiedono ponderatezza, pur prevalendo nella poesia l’intuizione illuminante che tesse e alimenta immagini – solo apparentemente – senza fili”.
La leggerezza del romanzo allevia il peso dell’esistenza, facendo sorridere e al tempo stesso invitando a riflettere. Per te che vieni dalla poesia è stato semplice o complicato scrivere un libro intriso d’ironia?
“L’ironia era già presente nelle mie poesie: quelle in cui dipingo frammenti di vita attraverso la lente dell’umorismo, inteso in senso pirandelliano. E’ stato quindi naturale far sorridere – mi piace far ridere la gente – per far riflettere su contraddizioni e mistificazioni del reale”.
Nel libro tu parli di multinazionali indagate, politici corrotti, di sessismo e misoginia irridendo personaggi pubblici. Quanto ti sei “tristemente divertita” a trovare nel reale la rappresentazione della dissolutezza, come riflesso del mondo del mito?
“Mi sono tristemente divertita a constatare che il reale sembra essere dominato da un Fato – che ha nomi e cognomi – che nonostante tutto perpetua violenze, corruzioni, ingiustizie, sessismo. Benché l’attuale sensibilità li percepisca come grotteschi e incompatibili con gli ideali progressisti del mondo in cui viviamo”.
L’Olimpo si macchia di infanticidio, di stupro, menzogna, corruzione. Secondo te, nel mondo antico le bassezze commesse dagli Dei erano un modo per legittimarle tra gli uomini, o un sistema per scongiurarle?
“L’Olimpo era lo specchio delle contraddizioni umane: gli dèi, così simili agli uomini, incarnavano grandezza e bassezze in modo paradigmatico. Gli uomini li veneravano ma nello stesso tempo li temevano. Forse perché, come in uno specchio, il riflesso rimandava sia al divino che è nell’animo umano che al male insito nella natura dell’uomo”.
Fra gli dèi, e le dee, chi ti suscita più simpatia, empatia?
“Passando in rassegna dèi e dee, per ridipingerne ironicamente il profilo, ho spesso subito la tentazione di guardare a qualcuno di loro con maggiore empatia. Alla fine però tutti, tutte, ahimè, si rivelano funzionali a un sistema di potere – il cui solo fine è perpetuare se stesso. Tutti, in vario grado, appaiono incuranti del destino degli uomini”.
Zeus ‘governa la collera ma non la subisce’. A millenni di distanza dal mondo classico, non fa pensare che ancora oggi accada ad opera dei potenti ciò che l’oscura macchinazione divina dispensava ai mortali, soverchiati e abbindolati?
“Anche oggi sotto un moralismo ammantato di ideologia si celebra la liturgia che santifica – costi quel che costi – il teatrino del potere. Con i potenti che, spesso incuranti dei mali del mondo, si nascondono spesso dietro i loro cinici bla bla bla”.
Processando un potente, anzi un Onnipotente, tu sostieni che gli uomini di potere non amano ascoltare la coscienza… Ritieni che nella realtà del mondo ci siano uomini di potere che sappiano ascoltare la propria voce interiore?
“I potenti, purtroppo, per la conservazione del potere spesso preferiscono praticare l’aborto terapeutico della coscienza. Serve un nuovo DNA del potere”.
A proposito dei reality, affermi che si nutrono della banalità dell’errore. Come dire, agli spettatori piace sempre più gustare l’eccesso, assistere alle défaillance, al deliquio della ragione?
“Nei reality sembra che i partecipanti, tesi a inseguire l’eccesso, non si rendano conto di fare cose sbagliate e che siano interessati soprattutto alla celebrità ottenuta con ogni mezzo. Con gravi pericoli per chi non ha sviluppato forti e fondanti valori di vita”.
Come finisce questo processo?
“Il romanzo si chiude con il processo a Zeus. La liturgia del potere si scontrerà con le istanze di progresso reclamate dalle donne, in uno scenario ammorbato da una diffusa cultura che tende a edulcorare le pulsioni predatorie maschili – spesso derubricate a fatali eccessi passionali. Una tale visione poteva essere narrata solo con l’ironia”.