Zuccherarte

I murales di zucchero
La particolare e spettacolare arte di Shelley Miller, una giovane artista canadese che usa prodotti commestibili
di Camilla Rubin
Poco tempo fa si era pensato persino di tassare lo zucchero, in quanto droga che creava dipendenza, per fortuna in questo caso l’utilizzo che ne è stato fatto non c’entra nulla con la cucina o la pasticceria, quindi non solo non crea dipendenza ma non fa nemmeno ingrassare.
Shelley Miller è un artista canadese di Montreal laureata in Belle Arti all’Università Concordia, che per la creazione delle sue opere (particolari esempi di street art, murales decorativi installati in Brasile, che si ispirano alle storiche maioliche portoghesi, i famosi azulejos), ha utilizzato prodotti interamente commestibili; la pittura blu con cui vengono creati i disegni è commestibile, come lo sono le piastrelle su cui vengono realizzati che sono realizzate e composte con lo zucchero bianco, la glassa funge invece da collante. L’impasto è idrosolubile per cui queste opere non sono eterne ma sono splendidi esempi di come intorno a noi qualsiasi elemento possa metterci nelle condizioni di creare e ideare opere uniche.
In sostanza la tecnica utilizzata da Shelley è molto simile a quella con cui il ghiaccio decorativo viene usato in pasticceria per la creazione di torte. Le scene rappresentate in questi lavori di street-art si ispirano a fatti realmente accaduti, raffigurano infatti il periodo storico in cui, in Sud America, gli schiavi venivano sfruttati dalla fiorente industria dello zucchero, che alimentava la loro tratta.
Prima della scoperta dell’America solo i ricchi potevano permettersi di usare lo zucchero come dolcificante, anche perchè il suo più antico surrogato, il miele, non era certo prodotto in quantità tali da poter comparire sulla tavola della popolazione come un dolcificante di tutti i giorni. E’ solo in seguito alla scoperta del nuovo continente che gli spagnoli introdussero la coltivazione della canna da zucchero a Cuba e nel Messico, i portoghesi in Brasile, inglesi e francesi nelle Antille, in quei territori cioè dell’America centrale e meridionale che ancora oggi ne sono tra i maggiori produttori.
Il contesto più ampio in cui si introduceva la tratta degli schiavi era quello del cosiddetto commercio triangolare che, intorno al XVII secolo/fine 1660, ruotava tra i vari continenti affacciati sull’oceano Atlantico su grandi e moderne navi e riguardava prettamente lo zucchero di canna e il rum; dall’Africa gli schiavi raggiungevano sulle navi i paesi dell’America Latina e lavoravano per l’agricoltura, la quale forniva zucchero, che veniva poi esportato in Nordamerica. Shelley Miller ha ideato un’opera dolce di fatto, ma che mantiene un retrogusto a dir poco amaro.
Foto gentilmente concesse da Kika Press