07/27/2024
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Christopher Conte

Il principe dell’arte robotica

Scopriamo questo incredibile artista di origine norvegese che vive a New York. Ha lavorato come “protesista” e nel campo della biodinamica. Una passione che l’ha portato a realizzare sculture

di Massimiliano Agostini

L’arte è l’espressione del mondo che stiamo vivendo. Il nostro mondo è un treno in corsa e la tecnologia ci circonda anche per le cose più elementari e nel futuro sarà sempre più presente.

Crisi o non crisi, quasi tutti noi abbiamo un computer, una connessione a internet, un cellulare… I social network stanno diventando uno strumento sempre più presente nella nostra vita, così come l’e-commerce. Siamo sempre più schiavi della tecnologia, come nei profetici libri di Dick, persino la politica si dà battaglia sul web e su Facebook. E a volte si vince proprio con questi strumenti.

L’arte nel corso degli anni si è adeguata a questa nostra evoluzione. Christopher Conte, che abbiamo intervistato, è uno straordinario autore di sculture robotiche e tecnologiche.

E’ di origini norvegesi ma vive e lavora a New York. Da molti anni è uno dei “Barany Artists” legati a Les Barany, il famoso agente di Hans Ruedi Giger, artista surrealista vincitore dell’oscar con la sua creatura Alien.

E’ molto difficile, per la natura e la varietà delle sue complesse opere, racchiudere Christopher in un movimento artistico, ma un passo è stato fatto verso lo steam punk: le sue opere sono state raccolte nel volume “Steampunk: The Art Of Victorian Futurism” di Jay Strongman.

Ma, a differenza dello steam punk, dove la fusione tra stile ottocentesco e fantascienza è ben evidente, le sculture di Christopher Conte sono più moderne e hi tech, quasi più un cyberpunk che uno steampunk.

Questo giovane artista vanta già un numero alto di mostre internazionali, i suoi fans sono dislocati in ogni parte del mondo ed è in continua ascesa. Le sue opere sono ricercatissime, anche perché spesso impossibili da reperire persino dall’artista stesso, vendute prima ancora di essere completate. E’ possibile reperire da lui stampe ad edizione limitata, ma per un oggetto unico la fila è lunghissima.

Christopher, nonostante tu sia ancora molto giovane puoi vantare già un bel curriculum. Quali sono state le esperienze che finora ti hanno entusiasmato maggiormente?

“Sin da bambino sono sempre stato interessato e coinvolto nell’arte e nella progettazione.

Ho cominciato a disegnare a 3 anni. All’età di 6 anni frequentavo lezioni di arte all’Università di Hofstra, seguendo una raccomandazione del mio insegnante di prima elementare. Alle scuole superiori, frequentavo lezioni di pittura presso la St. John’s University. Dopo la scuola superiore, quando ero al Pratt, studiavo anatomia presso l’Ospedale Presbiteriano della Columbia a seguito di un programma finanziato all’Università della Columbia.  Dopo aver conseguito una laurea di primo livello in Belle Arti al Pratt, ho iniziato a lavorare come protesista, realizzando arti artificiali  per persone amputate. Durante il mio periodo di lavoro nel settore, ho lavorato nell’oscurità, creando sculture biomeccaniche che riflettevano il mio amore per la  biomeccanica, l’anatomia e la robotica”.

E poi?

“Nel 2008, mentre mi preparavo per una esposizione individuale in una galleria a New York  – e continuando a lavorare a tempo pieno come protesista – divenne chiaro che mi sarebbe stato impossibile dividere il mio tempo tra le due attività. Per quanto mi fossero piaciuti i miei 16 anni di lavoro nel campo della prostetica era tempo di andare avanti”.

Alcune tue opere ultimamente sono state pubblicate nell’importante libro “Steampunk: The Art Of Victorian Futurism” di Jay Strongman. E’ comunque difficile vedere la tua arte racchiudibile in questo filone, mi sembra vada ben oltre lo steam e più verso l’hi-tech, la robotica e il punk. Tu come la definiresti? 

“E’ difficile anche per me definire la mia arte, ma hai ragione, io non mi considero un artista steampunk.  Alcuni dei miei pezzi richiamano un po’ l’estetismo dello steampunk, questa è la ragione per cui spesso vengo inquadrato in questa categoria. Ma io non voglio limitarmi e non voglio che il mio lavoro venga racchiuso all’interno di uno specifico genere. La mia arte cambia continuamente ed è influenzata da tantissimi fattori”.

Ci sono artisti che ti hanno particolarmente influenzato? E ci sono artisti con i quali ti piacerebbe collaborare in un progetto?

“Leonardo DaVinci è stato il primo artista che mi ha colpito particolarmente, già quando ero piccolissimo. Poi c’è H.R. Giger che ha avuto una grande influenza nel mio lavoro che sussiste tuttora. Studiare i suoi dipinti dalle scuole superiori mi ha aiutato a vedere e percepire la bellezza da un altro punto di vista”.

Le tue opere sono molto particolari ed estremamente complesse. Quanto impegno ti richiedono?

“Sì, è vero, sono molto elaborate e ogni singolo pezzo comporta un impegno che va da qualche settimana a un mese. Spesso anche di più, dipende su quanto io sia fortunato a creare i giusti pezzi. Comunque il processo di creazione di una singola opera è complicato e dispendioso. Uso ogni tecnica possibile, da processi antichi 5000 anni, come la fusione a cera persa, fino ai più innovativi e hi-tech utilizzati anche in progetti aerospaziali attuali.

Nella mie opere faccio di tutto: fusione, saldatura, brasatura, filettatura, perforatura, e tutto ciò che è necessario per completare l’opera.  Questo naturalmente comporta tanto tempo”.

Sembri appassionato in primo luogo da ragni e teschi. Ma guardando la tua galleria, tra le opere più interessanti c’è una splendida macchina (pubblicata sul libro “Carnivora” di Les Barany) e l’eccezionale microfono del cantante dei Three Days Grace. Puoi anticiparci qualcosa su quello che vedremo prossimamente?

“Gli insetti mi hanno sempre affascinato… questi piccoli esseri hanno meccanismi che gli permettono di arrampicarsi sui muri, volare e saltare per uno spazio anche superiore di venti volte la loro grandezza. Essendo appassionato di biomeccanica e robotica, puoi aspettarti di vedere insetti molto più elaborati e che potranno persino camminare da soli. Tutto questo in un futuro nemmeno tanto lontano”.

Tra le tue opere ce n’è qualcuna che ti ha dato qualcosa in più? Qualcuna alla quale sei particolarmente legato?

“Devo dire che fra tutte le mie opere, Precognitive e  Scarlett sono le mie preferite. Ogni pezzo è stato speciale per me, ma questi due lo sono stati di più, ed è stato duro venderli e vederli andare via”.

 

 

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Biagio Izzo
Osvaldo Supino

redazione@gpmagazine.it

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