Enrico Silvestrin
“Vi presento Claudio”
Il noto conduttore e attore è protagonista al cinema con “Good as you”, la prima gay comedy tutta italiana. “E’ un film che merita di essere visto, ho accettato con entusiasmo perché mi piaceva la sceneggiatura”, dice Enrico
di Silvia Giansanti
“Good as you” è la prima commedia gay che fa impazzire anche gli etero. Liberamente tratto dall’omonima commedia teatrale, il film di Mariano Lamberti vede un ricco cast di attori e racconta con semplicità ed ironia gli intrecci e le storie di otto amici tutti rigorosamente gay alle prese con amori, imprevisti, sorprese, gioie e dolori, nevrosi sentimentali, frustrazioni lavorative e tradimenti. “Good as you” è uno sguardo non sul mondo gay ma dal mondo gay, un qualcosa di veramente inedito per il nostro Paese. Il personaggio di Claudio è interpretato da Enrico Silvestrin con il quale abbiamo condiviso questa sua esperienza unica facendocela raccontare.
Quando ti è stato proposto di prendere parte a “Good as you”, la prima comedy gay in Italia, hai accettato con entusiasmo?
“L’entusiasmo è venuto dalla sceneggiatura. Sono un artista che decide in base alla qualità di quello che mi viene offerto. Questo film mi ha convinto da subito per la sua gioia interiore e il suo ritmo”.
Ti è piaciuto interpretare il personaggio?
“Claudio, il mio personaggio, mi è piaciuto molto perché rispetto agli altri presenti nel film è più scuro, più cupo e un po’ meno comico di natura ma con delle sfaccettature davvero interessanti”.
Cosa ti ha lasciato quest’esperienza?
“Sicuramente ho avuto l’occasione di interpretare un ruolo particolare che non avevo mai fatto. Ho dovuto mettere da parte alcune mie caratteristiche quando recito, come la durezza. Comunque è stata una bella esperienza di gruppo, credo che sia venuto fuori un bel film e spero che abbia una sua degna vita nelle sale cinematografiche”.
Cosa hai scoperto e cosa ti ha colpito di più del mondo gay?
“E’ un film molto colorato. Quello che mi colpisce è l’universalità dei temi, il fatto che non ci siano fondamentalmente differenze sulle problematiche di coppia tra le storie etero e quelle omosessuali. Il film tratta problemi che sono di tutti, visti soltanto con occhi diversi”.
Come vedi l’esternazione dell’omosessualità attraverso le grandi manifestazioni?
“Credo che siano una specie di risposte ad un tentativo di non legittimazione di una sessualità diversa, quindi è una rivendicazione. Sarebbe meglio vivere in un mondo più equilibrato nei confronti delle diversità, ammesso che si possano definire tali”.
Perché è definita “la prima commedia gay che fa impazzire anche gli etero”?
(Sorride) “Bisognerebbe chiederlo a chi ha coniato lo slogan. A parte gli scherzi, perché è un film che indistintamente può piacere sia ad un pubblico omosessuale che eterosessuale, proprio per come è strutturato e per le sue storie”.
Com’è avvenuto il passaggio da conduttore ad attore e soprattutto com’è nata l’idea di recitare?
“Le due cose sono collegate, perché quando mi trovavo a Londra a lavorare nel 1997 per MTV, avevo iniziato a fare delle cose più recitate e meno da presentatore, mi riferisco ad alcuni personaggi all’interno di un programma. Questa cosa mi dava una certa soddisfazione e quindi da quel momento si è sviluppata in me la voglia di intraprendere questa carriera che non era mai stata la mia prerogativa. Così quando sono tornato a Roma ho mosso i primi passi nel mondo del cinema accanto ad un esordiente Gabriele Muccino e da lì sono andato avanti con vari lavori. Ho smesso l’attività di conduttore musicale, anche perché mi vedevo cresciuto e così mi sono dedicato a tempo pieno alla carriera di attore, tranne l’esperienza del 2008 con il Festivalbar che ho voluto provare in quanto mi dava molti stimoli”.
Ti manca la conduzione?
“Devo essere sincero, ultimamente mi sta tornando la voglia di condurre. Mi manca qualcosa, mi manca un pezzo. Magari mi piacerebbe riprovare in radio con un programma giusto”.
Visto che hai lavorato molto nel campo musicale, quali sono i tuoi generi musicali e i tuoi artisti preferiti?
“Il rock è il mio genere per eccellenza. A seguire c’è l’elettronica ma poi ascolto tutto ciò che mi trasmette emozioni. Potrei essere un accanito amante del reggae, così come potrei esserlo del folk. Riguardo agli artisti potrei citare solo i grandi nomi, in quanto ce ne sono sempre meno dalle carriere longeve. Oggi faccio prima a dirti i dischi dell’anno. Ad esempio, tra i tanti, quello della Band of Skulls è stato un disco dell’anno”.
Qual è stato il periodo più emozionante della tua carriera?
“E’ stato sicuramente il triennio di Londra a MTV Europe e il periodo di Radio Dee Jay in Italia”.
E il periodo in cui hai dovuto sudare molto?
“Forse questo. E’ un periodo complicato per i professionisti, di lavoro ce n’è sempre meno. E’un periodo troppo particolare, ci vorrebbe un’iniezione di fiducia per andare avanti”.
So che la donna che ti è accanto ti ha dato uno splendido bambino. Com’è la tua nuova vita da papà?
“Forse ho atteso un po’troppo per diventare papà. Ho sempre avuto la paura che un figlio potesse condizionare l’esistenza. La risposta è affermativa ma è un bel cambiamento di vita, è l’esperienza più bella che si possa fare. Sono stracontento”.