05/04/2024
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Luca Jurman

Body and soul.

E’ uno dei più apprezzati vocalist e musicisti che abbiamo in Italia. Ha iniziato la sua carriera quando era ancora adolescente, debuttando a 13 anni come pianista jazz in un locale milanese. La sua popolarità è accresciuta grazie alla partecipazione come vocal coach al programma “Amici”

di Donatella Lavizzari 

Ciao Luca, tu sei un uomo di spettacolo completo e molto professionale, quali sono i modelli e i maestri che riconosci come tali?

“Ce ne sono tanti. Anche un allievo può diventare un maestro in qualche momento di vita. Mi ispiro sempre ai grandi perché amo avere degli obiettivi molto alti. Mi riferisco a Beethoven, Mozart fino ad arrivare a Ray Charles, Steve Wonder,…quei grandi artisti che hanno determinato svolte importanti nella storia della musica. Mi piace essere allievo per poter essere un buon maestro”.

Si può interpretare la musica  come filosofia di vita, e come? Quali sono secondo te i valori che si possono trasmettere attraverso la musica?

La musica è una filosofia di vita. Per me è estremamente importante. Appartiene agli albori della vita perché i suoni sono ancestrali, fanno parte dell’universo e la genialità dell’essere umano li ha tradotti in quel linguaggio universale che viene chiamato musica. Il compito delle arti eccelse, e quindi della musica, è quello di emozionare. I valori che essa trasmette sono fondamentali per ogni essere vivente. I più grandi artisti, infatti, trasmettono un messaggio socio-umanitario ad ogni loro esibizione”.

La musica per me è fondamentalmente una trasmissione di sentimenti: tu cosa individui di te stesso in quello che canti e suoni?

“E’ difficile per me individuarlo. Quello che posso dire è che quello che canto e suono non è qualcosa che mi appartiene. Durante l’esecuzione, l’artista, secondo i canoni, dovrebbe occuparsi della trasmissione di emozioni.
C’è una controversia per quanto riguarda il significato dell’interpretazione. Interpretare non vuol dire cambiare il senso dell’opera ma riproporre con la propria sensibilità, genialità e conoscenza, i sentimenti di quell’opera o canzone, secondo il proprio modo di viverli”.

 Bjork, in una recente intervista, ha detto che “le moderne tecnologie non hanno giovato alla musica, al contrario, l’hanno banalizzata. Perché siamo costretti ad ascoltare: in ascensore, nelle hall degli alberghi, in taxi. Una volta, cento anni fa, i compositori erano già felici se le loro opere venivano eseguite due volte nell’arco di una vita. …L’ascolto passivo offende la musica, la riduce a una scala mobile”. Qual é la tua opinione?

Sono parzialmente d’accordo con questa affermazione. E’ vero che, in un certo senso, la tecnologia può aver banalizzato la musica ma ha anche regalato nuove risorse a chi compone e Bjork ne è un esempio evidente. La cosa che condivido è l’affermare che un tempo l’artista era contento se le sue opere venivano rappresentate anche solo una o due volte durante la sua vita. Io parlerei non tanto di tecnologia ma di business, finché tutto si basa sulla commercializzazione dell’arte va bene ma quando l’arte è costretta a modificarsi per la commercializzazione, per il mero business allora le cose cambiano. Questo è il punto fondamentale. Il problema consiste non nella tecnologia ma in ciò che è stato fatto per la diffusione del ‘nulla’. Un tempo c’era il signor Ricordi che sapeva cosa era la ‘musica’. All’interno della casa discografica c’erano autori, compositori, musicisti, che quando arrivava un artista nuovo cercavano di capire se valeva la pena di investire su di lui.  Ritengo che oggi la tecnologia sia un’arma estremamente importante per combattere l’ignoranza dettata da chi “ignora” la musica. Si può entrare in un mercato parallelo, molto più forte e radicato di quello che ci vogliono far credere, che è quello del mondo web. Attraverso il web c’è un confronto diretto. Pensa che ci sono otto milioni di utenze nel settore canto! Il web ha sicuramente cambiato l’approccio alla  musica offrendo grandi possibilità. Ho aperto un canale su YouTube che si chiama ‘After Talent’ dove sto cercando di creare una piattaforma per i ragazzi, per promuovere i nuovi talenti, giovani e meno giovani”.

Oltre ai grandi artisti con cui hai collaborato con quali altri ti piacerebbe invece farlo? 

Sicuramente con mostri sacri come Steve Wonder, Whitney Houston. Mi piacerebbe farmi contaminare l’anima da una personalità religiosa come quella di Byron Cage. Vorrei tornare indietro nel tempo e duettare mentalmente con Ray Charles. Vorrei essere in grado di suonare un’opera di Beethoven e sentire lui che ne pensa. Mi piacerebbe giocare con le note insieme a Mozart, suonare con Coltrane, Charlie Parker. Mi piacerebbe anche condividere il palco con Michael Bublé e Diana Krall”.

Quale episodio della tua carriera ti è rimasto più impresso per la sua particolarità ed originalità?

Ho un bellissimo ricordo legato a Laura Pausini che mi ha dato l’opportunità di arrangiare e di suonare per lei durante il tour mondiale ‘The Best of’. Mi è rimasto impresso il periodo con cui ho collaborato con Alejandro Sanz, artista pop spagnolo di fama internazionale. Non conoscevo il flamenco e mi sono tuffato con passione in un mondo a me sconosciuto. Sono stato stregato da questo ritmo, da questa armonia.

Qual è il pezzo a cui sei più legato?

“La ‘Sonata al chiaro di luna’ di Beethoven perché è stata la mia prima vittoria per poter arrivare al diploma di pianoforte. Amo Beethoven perché forte e passionale, malinconico, così intenso da farmi commuovere ogni volta che tento di suonare le sue opere. Un altro pezzo a cui sono molto legato è ‘Georgia on my mind’ cantata da Ray Charles, che ho avuto la fortuna di ascoltare live al Teatro Smeraldo anni fa”.

Quali sono i tuoi interessi al di fuori della vita lavorativa? 

Mi piace sciare ‘free-ride’, come ricerca di libertà e contatto con la natura, nel silenzio più assoluto. Amo le arti marziali che ho praticato per anni”.

Se tu dovessi essere il protagonista di un film quale sarebbe?

“Robert De Niro in ‘C’era una volta in America’ ”.

C’è una domanda che non ti hanno mai fatto a cui vorresti rispondere?

“Ci sono tante domande che io vorrei fare a molte persone che non mi hanno mai risposto…”.

 

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Daniele Pecci

redazione@gpmagazine.it

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