07/27/2024
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Remo Girone: “Mia moglie è la versione positiva della vita”

A tu per tu con il noto attore che si racconta, dal cinema alla tv, al suo rapporto con la moglie Victoria Zinny

di Emanuela Del Zompo

L’abbiamo incontrato nella splendida cornice di un ristorante romano a pranzo con sua moglie Victoria Zinny, dove tra una portata e l’altra si è raccontato a 360 gradi, dalla tv al cinema oltreoceano e al suo impegno nel sociale: ma la sua passione più grande rimane sua moglie, compagna di vita e di lavoro.

Ciao Remo, innanzitutto come definisci tua moglie?

“Lei è la mia versione positiva della vita. Cerco sempre di portare avanti il mio lavoro insieme a lei almeno quando è possibile, non ci separiamo mai e ognuno cerca consiglio nell’altro dinanzi alle proposte lavorative, prendiamo sempre decisioni insieme questo fa di noi una coppia molto affiatata e unita. Ci siamo conosciuti in un’agenzia, l’ho invitata a cena a da allora stiamo insieme. Ci siamo sposati due volte, prima in comune e dopo dodici anni in chiesa e lei ha indossato lo stesso vestito”.

Lei invece come ti definisce?

“Aspetta che glielo chiedo… dice: ‘molto carino!’. Credo che una coppia nello spettacolo debba lavorare insieme, non sono d’accordo con l’opinione di certi uomini che relegano le loro mogli a casa quando loro viaggiano per lavoro. Sono stato in America a lavorare accanto a Ben Afleck ed io ho portato Victoria con me anche se non lavorava nel cast”.

Come ti sei trovato a lavorare in un cast internazionale in America? Hai trovato differenze e difficoltà?

“Ho trovato il loro cibo sul set meglio del nostro, parlo dei cestini. Difficoltà no, forse paura sì. Ero contornato di star americane tutti premi oscar anche lo sceneggiatore era un premio Oscar e questo mi ha reso un po’ timoroso non perché non fossi preparato, ma avevo paura di sbagliare. Più si lavora ad alto livello più ci sono timori e paure. Inoltre, per me queste star sono tutta gente nuova che avevo visto al cinema e quindi l’ho vissuto un po’ da pubblico con emozione”.

Hai mai pensato di trasferirti in America per lavoro?

“No, non ne vedo la necessità, tanto se il lavoro chiama, ti chiama anche da casa. Posso pensare magari di andare lì 15-20 giorni all’anno per vedere cosa succede ma trasferirmi no”.

Oltre all’America, quale altra esperienza avuto al di là del cinema italiano?

“Ho lavorato con il regista Greenway ne ‘I Giardini di Constantines’, un film dove ha lavorato anche mia moglie. Era un film in costume, siamo stati nei Precarpi località Zanussi”.

Raccontaci del tuo personaggio. 

“Interpreto il figlio di uno sculture rumeno che racconta di suo padre che ha fatto un viaggio dalla Romania a Parigi a piedi (non si sa se è leggenda o realtà). Il figlio mai riconosciuto dal padre racconta di questo dolore e di questo viaggio misterioso”.

Che tipo di messaggio dà il film?

“Ma il regista è un visionario, non credo debba dare un messaggio ma comunica certamente l’arte infatti la storia è piena di filmati della reggia dove siamo stati a fare le riprese”.

Ne “La legge della notte”, accanto a Ben Afleck, cosa fai?

“Sono un gangster. Il film è ambientato nell’epoca del proibizionismo. Sono un capo mafioso”.

Torniamo in Italia: hai di nuovo partecipato sul piccolo schermo al sequel della fiction “Furore”.

“Sì è una fiction ambientata negli anni ’60, otto puntate per Canale 5, dove ci sono molti attori e tante microstorie all’interno di questo melodramma. Siamo in riviera ligure, dove i ricchi sono razzisti nei confronti del sud. Il mio è un personaggio cattivo, fa molti intrighi e ha molte cose da nascondere, è proprietario alberghiero e si tratta il tema degli immigrati. Sono poi descritte in un certo senso quelle persone che, una volta che sono uscite dalla miseria e sono diventate ricche, non vogliono ricordare il passato e sono razziste nei confronti di coloro che in un certo senso rappresentano loro nel passato. Non si vuole tornare indietro alle proprie origini”.

Tu sei impegnato nel sociale; raccontaci questa tua missione.

“Amref e Airc sono le due onlus a cui credo, che sostengo e che reputo serie. Giobbe Covatta, che conoscevo, mi ha presentato Amref e ne sono diventato testimonial. Quando vedo delle ingiustizie non rimango indifferente. Ho preso parte anche ad un cortometraggio diretto da Antonio Costa per Amref, presentato al festival del Cinema di Roma, intitolato ‘David Troll’, con Paolo Brigugli. Un progetto importante dove si parla anche di fake news”.

Sei mai stato vittima di fake news?

“Sì ero a Capri al ristorante con una collega, perché stavo lavorando con il regista Damiano Damiani, e un fotografo mi chiese di fare delle foto. Poi uscì un servizio su Tv Sorrisi e Canzoni dove dichiaravano che avevo una nuova relazione. Così ho parlato con il direttore Paolo Mosca e loro smentirono la falsa notizia in un altro servizio. Queste cose sono abominevoli, possono rovinare una coppia e un matrimonio. Io per fortuna ho un rapporto molto bello e di fiducia con mia moglie”.

Sei soddisfatto della tua vita e del tuo lavoro?

“Non si è mai completamente soddisfatti, si vuole sempre fare di più e sento che potrei fare di più per gli altri”.

Se non avessi fatto l’attore, che altra professione pensavi di fare?

“I miei genitori volevano vedermi laureato, cosa che ho fatto in età adulta in Economia e Commercio, insieme a Giuliano Gemma e Peppino Rotunno. L’ho fatto per la mamma che voleva il pezzo di carta”.

Cosa ti ha portato “La Piovra” e Tano Carridi oltre al successo?

“Un giorno un fan mi ha chiesto se potevo registrare sulla sua segreteria telefonica un messaggio con la stessa voce del personaggio della ‘Piovra’ per allontanare e spaventare uno che lo perseguitava al telefono”. (sorride)

Grazie a Remo Girone per la sua disponibilità.

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