04/20/2024
HomeMusicaGiacomo Casaula: “Nichilismi e fashion week”

Giacomo Casaula: “Nichilismi e fashion week”

di Mara Fux –

Napoletano di nascita, “gaberiano” di residenza, è sicuramente il più giovane esponente del teatro canzone del panorama musicale nazionale.

Il teatro canzone è un genere un po’ di nicchia che solitamente si associa ad interpreti più attempati mentre tu sei giovanissimo, hai 28 anni. A che si deve questa scelta musicale?
“In effetti hai ragione ma nel mio caso direi che è avvenuto tutto in maniera piuttosto naturale, verso i 18 o 19 anni. Premetto che le mie preferenze musicali sono sempre state verso artisti come Rino Gaetano o De Andrè, quindi parliamo già di musicisti che nella loro arte si esprimevano raccontando. La svolta direi che c’è stata quando verso i 19 anni ho scoperto Gaber e il suo immenso repertorio, che ho percepito come la effettiva possibilità di percorrere una strada che fosse a metà tra il teatro e la canzone, una trade unions che andasse al di là del tradizionale recital”.
In pratica non hai mai abbracciato altri generi musicali?
“No, l’ho sempre amato molto e fondamentalmente per tre ragioni. Anzitutto perché lo penso un genere non elitario i cui testi, per la loro stessa varietà di argomenti e tematiche, possono comunicare qualcosa a tutti, vista proprio la gran varietà di contenuti. Poi perché, come ho scritto anche nella mia stessa tesi di laurea, permette di ‘monologare dialogando’ esprimendo qualsiasi concetto della sfera sociale o politica, toccando tematiche legate alla realtà ed alla contemporaneità, ma anche inducendo al ragionamento. Quest’ultimo aspetto, sollecitare il ragionamento, stimolare opinioni, mi piace tantissimo; credo che il vero teatro canzone sia più interrogativo che esclamativo”.
Bellissimo concetto! E in cosa sei laureato?
“Ho conseguito la triennale in lettere classiche e la magistrale in filologia moderna con una tesi sulle discipline dello spettacolo dedicata Gaber ed al teatro canzone; è stato molto interessante prepararla, perché alla teoria della ricerca su testi e personaggio ho unito la praticità dello spettacolo”.
Domanda bizzarra: ma in sede di laurea hai previsto parti cantate?
“Sinceramente l’idea c’era stata ma non è successo. L’avevo prevista perché nella tesi era inserito un frammento di un’opera di Gaber intitolata ‘c’è solo la strada’, canzone che da canzone si trasforma in monologo e poi da monologo torna canzone. In pratica più che di teatro canzone qui si parla seriamente di prosa canzone”.
Quanto ha influito Gaber nel tuo percorso?
“Tantissimo ed è normale che sia così perché è stato il massimo esponente del teatro canzone anzi, forse ad oggi, l’unico. Ci si è avvicinato moltissimo Luporini in uno spettacolo interpretato da Riondino che mi sembra si chiamasse Lo Stallo. La figura di Gaber ha permeato tutta la mia vita artistica”.
E quindi eccoci arrivati a “Nichilismi e fashion week”, titolo che probabilmente avrebbe divertito tantissimo Gaber…
“Sì, lo credo anche io; ne avrebbe apprezzato l’ironia con cui sento di osservare le cose e l’autoironia con cui osservo me e le scelte nichilistiche della mia generazione che mostra spesso, anche a torto, atteggiamenti di grossa insoddisfazione. E qui ho spiegato il Nichilismi del titolo… Fashion Week non credo serva spiegarlo: oggi tutto è ricerca del fashion no? In realtà però il titolo è stato estratto dal brano ‘Indi e De Gregori’, è un frammento della canzone che all’orecchio mi suonava bene”.
Toglimi una curiosità: te ne esci bel bello nel 2019 con un cammeo di teatro canzone che riscuote un’immediata attenzione al di là dell’incappare dopo un fulmineo successo, nella pandemia. Ma prima che facevi?
“Prima sono stato attore, scrittore, ho fatto tante cose; il teatro è stato sempre il mio habitat naturale, ho iniziato a praticarlo al liceo come attore sempre però in direzione di formule che unissero l’azione alla musica. Poi, come accennavo, ho anche scritto un libro ‘Scie ad andamento lento’”.
Considerando che “Nichilismi e Fashion Week” è uscito praticamente un paio di mesi prima del primo lockdown, immagino che tu ti stia ancora impegnando sulla sua promozione.
“Certo perché in pratica abbiamo potuto fare solo un paio di spettacoli di lancio e poi, come tutti, siamo stati costretti a fermarci. Ne conservo però un chiaro ricordo positivo, l’impatto che le canzoni hanno avuto sul pubblico è stato forte, in scena ho trovato energia ed elettricità”.

Condividi Su:
Maria Elena Duenas:
Veronica Surrentino:

redazione@gpmagazine.it

Valuta Questo Articolo
NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO