04/26/2024
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Nando Citarella: Musica e tradizione – “tu non vuo’ fa’ ll’americano”

di Mara Fux

Attore e cantante lirico, Nando Citarella (al secolo Donato) forma le basi della sua professione studiando con Eduardo De Filippo, Dario Fo, Ugo Gregoretti e Roberto De Simone, grazie ai quali può esibirsi nelle sue prime performance teatrali. Dal 1986 comincia una lunga collaborazione con la Rai che culmina nella nota interpretazione del “giullare” nel programma “Luna Park” condotto da Pippo Baudo. Nel 1994 ha fondato i Tamburi del Vesuvio, gruppo di musica folk napoletana.

Toglimi una curiosità: con tutta l’esplosione di generi musicali che ha percorso gli anni della tua giovinezza, diciamo i ’70-’80, come hai fatto a concentrarti sulla tradizione popolare?

“Riflettendoci, è una bella domanda! Diciamo che la musica cosiddetta di tradizione mi ha sempre interessato tant’è che dopo la scuola media decisi di iscrivermi al Conservatorio incoraggiato, come di solito capita, prima dagli apprezzamenti dei miei amici che mi dicevano che avevo una bella voce; poi sostenuto, oltre che da loro, anche da una maestra, che riteneva avessi una voce adatta alla lirica. Purtroppo, e lo dico con amarezza, dopo tanto studio della tecnica e allenamento della voce e nonostante sappia fare solo questo mestiere nella vita, non mi sono riuscito a diplomare”.

Ma come!

“Eh sì, perché ho iniziato subito a lavorare con le compagnie di giro e rimanda oggi, rimanda domani alla fine è andata così. Per conseguire il diploma avrei dovuto fermarmi troppo tempo e avrei dovuto rinunciare al lavoro che mi veniva proposto e che comunque mi affinava facendomi anche fare un’esperienza su campo indiscutibilmente utile. E come ti spiegavo non è nemmeno stata una scelta cui oggi potrei porre rimedio perché all’epoca ci si iscriveva dopo la scuola media, che era il diploma minimo richiesto per frequentare il Conservatorio; poiché però oggi il diploma delle superiori ha sostituito quello delle medie, io per assurdo dovrei prima prendere quello e poi iscrivermi al Conservatorio per finirlo”.

Nei tuoi spettacoli mesci armoniosamente brani originali provenienti dalla tradizione italiana con strumenti provenienti da diverse culture popolari. Come mai? 

“Appartiene al mio mondo di ricerca: ci sono strumenti originari di altri paesi il cui suono si armonizza perfettamente con il nostro spirito. Un esempio è lo shruti box, la cosiddetta scatola del sole dalla parvenza esteriore di un libro ma in realtà una cassa armonica solo che anziché avere dei tasti ha un mantice con delle ance che vibrando creano il suono mantra dei canti indiani, uno strumento che nella nostra tradizione possiamo assimilare come suono a quello della zampogna o dello stesso armonium. Un altro esempio sono i taf, fratelli persiani delle nostre tammorre, che io amo mute cioè, per farti capire meglio, senza sonagli perché più adatti per i canti devozionali”.

Dove attingi per le tue ricerche? 

“Negli archivi di tutta la tradizione da nord a sud, seguendo con tanta attenzione quanto ci è stato lasciato a fine ‘800 da Luigi Molinari Del Chiaro nella sua raccolta di canti del popolo napoletano, importantissima perché raffronta e compara i termini della tradizione partenopea con quelli delle stesse cantate delle altre regioni; per dirla breve ti spiegava che quella stessa parola veniva tradotta in uno specifico termine sempre come, che so, ninna nanna a Bolzano mentre a Messina quel significato era attribuito a un altro termine. Proprio grazie a questa comparazione sono riuscito a trovare tantissimo materiale”.

Ti senti un’eccezione nell’ambito del panorama musicale? 

“Più che sentirmi credo proprio di esserlo, ma la mia è stata sempre una grande passione, una passione enorme che ho cercato di trasmettere nei dodici anni di trasmissioni serali e preserali in Rai e anche quando ho lavorato a Domenica In, vestendo i panni del giullare o al fianco della zingara. La voce, oltretutto, lì mica era registrata, era tutto cantato dal vivo, come ha anche tenuto a sottolineare Baudo a Partita Doppia quando mi ha onorato facendomi presentare una tarantella del mio disco appena uscito, subito dopo Fragile, presentato da Sting in play back. Una bella soddisfazione”.

A cosa stai lavorando in questo periodo? 

“Al nuovo disco ‘Tour-Namm’ di forte contaminazione spagnola, ebraica, sefardita, piena di armonie nuove, tramandate e giunte sino a noi contaminate dall’incontro con la musica dei luoghi in cui stanziavano ma in realtà risalenti al tempo delle migrazioni dei popoli, particolarmente alla musica ebraica della diaspora”.

Appuntamenti in vista? 

“Giro moltissimo sia in Italia che all’estero  basta dare un’occhiata su internet per leggere di tanti concerti tutti molto differenti tra di loro, basta pensare alla Cantata dei Pastori che quest’anno ha spento la trentesima candelina; un appuntamento che posso dare a chi ne voglia sapere di più è il concerto che terremo la sera di sabato 6 aprile a Roma nella Chiesa di San Silvestro al Quirinale per rappresentare ‘L’ora Maria dolente – voci dalle passioni tra sacro e profano’, ovvero le ultime ore del Cristo nelle Laudi come lo Stabat, a scandire l’orologio della Passione in vista della Santa Pasqua”.

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Desideria Chinzari S

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