04/18/2024
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Carlotta Paolacci e Samuele Telari: Due talenti a suon di musica

Lei è una flautista e lui un fisarmonicista. Lei si chiama Carlotta Paolacci e lui Samuele Telari. Hanno un curriculum musicale eccelso, fatto di studi e partecipazioni a concerti di prestigio. Carlotta nel 2013 è stata accademista presso l’Orchestra Filarmonica di Strasburgo, con la quale collabora tuttora. Samuele, invece, è uno dei più giovani talenti della fisarmonica e ha collaborato e collabora attivamente anche con artisti del mondo teatrale come: Giorgio Panariello per lo spettacolo “Panariello non esiste” (Arena di Verona), Idalberto Fei per “Onde” Festival Nuova Consonanza, Sandro Cappelletto per “Mi chiamo forse, Alì” con musiche di Matteo D’Amico e Fratelli Mancuso. Recentemente Carlotta e Samuele hanno suonato insieme in un concerto molto applaudito.

Carlotta e Samuele, presentatevi.

Carlotta: “Sono Carlotta, ho 30 anni, e sono nata a Roma ma ho vissuto a Tivoli, dove ho avuto il primo approccio con il flauto, all’età di 11 anni. Lo studio della musica è stato motivo di stimolo e crescita, fin quando a 16 anni ho cominciato a pensare di voler diventare una professionista. Per questo, sono espatriata in Francia dopo il diploma, dove ho terminato i miei studi musicali nel 2015: una laurea ed un Master in interpretazione musicale all’Università, ma anche un Diploma Superiore ed un Master di strumento all’Académie Supérieure de Musique (Strasburgo). Oltre allo studio, mi sono esibita tra l’Italia, la Francia e la Germania (dove attualmente seguo una formazione specifica per solisti d’orchestra), e sono appassionata di pedagogia: per questi motivi, amo suonare con diversi ensembles, ed ho ottenuto un Master in Pedagogia, specifico per il mio strumento”.

Samuele: “Sono Samuele. Fisarmonicista, diplomato al Conservatorio Santa Cecilia di Roma con il Maestro Massimiliano Pitocco. Mi dedico principalmente all’esecuzione di musica classica, dalle trascrizioni barocche fino alla contemporanea, pur nutrendo un interesse e una passione per tutti i generi musicali. Infatti cerco di esplorarli il più possibile non solo come solista, ma anche in formazioni cameristiche”.

Perché si fa musica?

Carlotta: “Faccio musica in primis per me stessa, un po’ egoisticamente, perché mi permette di esprimermi e di farmi stare bene. Ovviamente, la musica si fa anche per gli altri, cercando di trasmettere emozioni ed energia. Il punto è, che se la musica non dà nulla a chi la fa, non è possibile emozionare gli altri. Quando un vero musicista si esibisce, dona tutto sé stesso, e non si risparmia mai: al di là della tecnica e della perfezione”.

Samuele: “Domanda delle domande, forse. Perché è una necessita dell’uomo, che l’ha sempre ricercata e per sempre lo farà”.

Perché il flauto e perché la fisarmonica?

Carlotta: “É un abbinamento non troppo comune, ma il connubio tra i due strumenti risulta frizzante e brillante: unisce il carisma e la forza della fisarmonica, alla delicatezza, alla virtuosità e allo charme del flauto. Il repertorio poi, è tutto da scoprire o da riscoprire: anche se non originale, a volte, le trascrizioni sono davvero efficaci e d’effetto. Personalmente, sono stata soddisfatta di aver mostrato al pubblico che l’idea di fisarmonica, non corrisponde solo a quella di strumento popolare e folkloristico, anzi”.

Samuele: “La fisarmonica è stato un amore nato pian piano per me. Una volta scoppiato e maturato però, è stato travolgente. Se la dovessi scegliere tra gli altri strumenti lo farei per il suo timbro, e per il gesto che richiede suonarla”.

Quanto è formativo e importante per la crescita individuale lo studio della musica?

Carlotta: “Credo sia fondamentale per la crescita individuale. Lo studio della musica insegna la disciplina, il sacrificio, la dedizione (oltre che ad aprirsi e mettersi in gioco). Come dico sempre ai miei allievi, non si studia musica solo perché ci piace, ma anche perché ci insegna tutto questo: nella vita sarà molto utile, in ogni campo. Essendo l’unica forma d’arte che non si può ‘toccare con mano’, e che cambia a seconda di chi la interpreta passando prima dal ‘creatore’ (il compositore), poi all’artista ed infine a chi la giudica e la ‘sente’, penso sia formativo per tutti imparare uno strumento e ad esprimersi attraverso di esso”.

Samuele: “Moltissimo, anche se non sempre viene presa in considerazione come disciplina veramente educativa. Insegna in primis il rispetto delle regole, il ragionamento, l’analisi; sviluppa la concentrazione, la coordinazione tra pensiero e corpo. Suonare insieme ad altri inoltre insegna le basi di una società civile: l’ascolto, il rispetto della libertà altrui, il dialogo”.

La musica è silenzio. Tutte le note che suoniamo incorniciano il silenzio ha detto Miles Davis: condividete?

Carlotta: “Sì, condivido. Intanto, senza silenzio, non ci sarebbe musica. Il ‘silenzio’ in senso metaforico, spinge spesso verso la voglia di fare musica. Anche il silenzio reale è musica: si insegna agli strumenti non a fiato (che non hanno quindi il bisogno fisiologico di respirare per suonare) a respirare tra una frase musicale e l’altra: anche questo, in qualche modo, è silenzio. Poi c’è il silenzio dei pochi istanti prima di iniziare un brano, colmo di concentrazione, o quello vero, in una composizione, in cui si dice a volte molto più con quei silenzi, che con tutte le note già suonate. E poi quello finale, in cui si aspetta la fine dell’emozione appena suonata, per poter tornare alla realtà”.

Samuele: “Difficile dar torto a questo immenso artista. Il suono di fatti nasce dal silenzio, inizia nella testa dell’esecutore, passando per il suo respiro e attraverso il gesto si realizza. Il silenzio, la pausa, è dunque  generatore di musica.

Cosa può fare la musica per gli altri e cosa potete fare voi per la musica?

Carlotta: “La musica può aiutare gli altri ad esprimersi ed a volte anche a far uscire la parte migliore di sé, a sentirsi più forti e sicuri. Io per la musica posso aiutare a diffonderla a chi vuole ascoltarla, ed interpretarla al meglio che posso, dando la mia versione”.

Samuele: “Anche se retorico, essa può davvero travalicare lingue e culture, unire e far riflettere persone provenienti da diverse culture. Noi possiamo metterci al suo servizio, portarla dove ce n’è più bisogno, a chi la cerca, e trasmettere ciò che noi finora abbiamo tratto da essa”.

Quali sono i sogni nel cassetto ancora da aprire?

Carlotta: “Non sono molti, ma uno è sicuramente tornare in Italia come musicista d’orchestra (è più un’utopia, purtroppo). In generale mi piacerebbe far parte di un’orchestra e continuare a fare concerti”.

Samuele: “Non ce n’è qualcuno in particolare. Desidero continuare a nutrire il mio interesse verso la musica in generale, cercando di non sentirmi mai appagato. Coltivare la musica per il resto del mio tempo”.

Da Bach a Piazzolla, il concerto: è la voglia di far conoscere e aprire a tutta la musica?

Carlotta: “É più che altro la voglia di sperimentare un repertorio inusuale: ciò che è comunemente suonato al flauto, non lo è alla fisarmonica, e viceversa. Tuttavia, il risultato, anche a detta del pubblico (che è poi il fruitore principale), è brillante e spumeggiante”.

Samuele: “La volontà di dare continuità a secoli di musica, di far capire come il presente sia indissolubilmente legato al passato. Anche il tentativo di rivisitare brani con strumenti diversi a quelli pensati originariamente”.

Il brano che vi è piaciuto di più suonare in questo concerto? Da dedicare ai nostri lettori.

Carlotta: “Il brano che ho preferito suonare è stato ‘Tango pour Claude’ di R. Galliano. Sento dentro quel brano molta energia e positività, ma allo stesso tempo una forte malinconia: questo contrasto lo rende, a parer mio, un pezzo ricco di significato e di comunicatività”.

Samuele: “’Histoire du Tango’ di Piazzolla”.

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