Dario Ballantini: Il suo trasformismo è anche indiscusso genio pittorico
di Lisa Bernardini –
Dario Ballantini è uno dei rari artisti di autentico talento multiforme che abitano il nostro Paese. Più conosciuto al grande pubblico come trasformista, attore, imitatore, ma in realtà anche geniale e quotatissimo pittore. È in questa ultima veste che la sua Livorno gli ha tributato una meravigliosa antologica che poteva essere visitata fino allo scorso 20 settembre. Per quanto concerne il finissage, è il 18 settembre che l’artista toscano ha fissato un incontro con il pubblico proprio alla Biblioteca dei Bottini dell’Olio, che è stata la sede della intera mostra a lui dedicata. L’happening è avvenuto insieme all’ Assessore alla Cultura Simone Lenzi, al curatore della mostra Massimo Licinio e alla critica d’arte Sara Taglialagamba. L’exhibition ha avuto grande successo di critica, ma anche di pubblico: è stata vista da oltre 5 mila persone tra livornesi e visitatori da fuori. Tante le domande e curiosità scaturite al finissage, a cui Dario ha risposto con la sincerità e l’umiltà che gli appartengono. Tra i punti di vista che più hanno probabilmente colpito i presenti, anche quello circa il sistema dell’arte contemporanea.
“Io sono in netto contrasto con una certa tendenza dell’arte contemporanea nel nostro Paese” – ha dichiarato Ballantini.
“L’estero lo conosco poco e non mi voglio pronunciare, ma personalmente non mi riconosco nel modus operandi di una certa critica artistica. Non sono per l’opera che è da spiegare a tutti i costi. Va bene arrivare a un punto in cui sei considerato moderno o contemporaneo, ma l’arte in sé è per me inspiegabile” – ha sottolineato il nostro artista.
Nell’incontro si è parlato dei suoi vari periodi come pittore: dagli anni 80 ai primi anni 90 (periodo livornese) ; poi uno stop e la ripartenza ed il periodo milanese, dal 2001 in poi. Nelle tre sale che hanno ripercorso le tappe principali della vita artistica di Ballantini come pittore, anche una rappresentanza del periodo covid, che per Dario è stato proficuo di nuove opere. Guardando questa bellissima mostra, evidente il concetto che in lui abita un movimento continuo attraverso pensieri profondi raccontati nelle opere.
“Se io non mi emoziono alla fine di una mia opera, il quadro è da buttare” – ha confessato.
È l’essere umano al centro di tutto il mondo artistico di Ballantini, sia nel trasformismo che nella pittura.
“I primi anni ho detestato il colore, forse perché mio padre dipingeva in bianco e nero. Con Milano ho riscoperto i colori. Non mi va di approfondire il significato. Voglio essere scevro da questo. È una improvvisazione, la mia” – ha evidenziato Ballantini in risposta ad una delle tante domande del pubblico.
“Quando dipingo: una parte è in trance pura, un’altra parte parla di una struttura di rimando che ovviamente continua ad esistere” : un’altra sua risposta è stata questa.
Ha poi aggiunto: “Mi hanno insegnato che un quadro per essere bello deve essere bello anche a rovescio.
In più, il quadro andrebbe guardato anche allo specchio”.
Alcuni parole chiave dell’incontro con la sua Arte: smarrimento, cosa vuole dire essere umani, provare a rispondere a tutti gli interrogativi del mistero della vita. “Penso che una elevata dote di insicurezza spinga a dare il meglio del sé interiore” – ha concluso Ballantini, che non si è nascosto mai nel corso della sua carriera, ammettendo fragilità ed incertezze che in realtà ne hanno fatto il grande Protagonista che è diventato e che è sempre stato. Nel teatro, in TV e nel campo dell’Arte.