07/27/2024
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Darwin Pastorin: “Il marketing ha sostituito il dribbling”

Il campionato di calcio di serie A è appena iniziato e uno dei più grandi giornalisti sportivi si racconta e ci parla di questo mondo cambiato nel tempo

di Simone Mori

Stimato da tutti, profondo conoscitore non solo di sport, ma dei grandi temi dell’attualità, Darwin Pastorin, classe 1955, ci racconta in quest’intervista come è arrivato ad occupare posti prestigiosi nel mondo del giornalismo sportivo. Infine il suo Brasile. Il suo amore infinito per la terra che gli ha dato i natali.

Darwin caro, innanzitutto come va? Come stai passando questa estate 2018?

“Sono reduce da tre bellissimi giorni a Portopalo, in provincia di Siracusa. Ho partecipato alle manifestazioni per il premio ‘Più a sud di Tunisi’, giunto alla tredicesima edizione e portato splendidamente avanti dalla passione e dal cuore del giornalista e scrittore Sergio Taccone. Sono state serate splendide: di parole, musica, ricordi, sogni, nostalgie. Un luogo, per davvero, di meraviglie e stupori. Mi ha accompagnato mio figlio Santiago, anche lui conquistato dai colori e dalla magia di Portopalo. Passerò il resto dell’agosto in Piemonte con il gatto Gil, con tanti libri da leggere, con un nuovo libro da finire. E tante passeggiate per cercare di mantenere un po’ di forma”.

Raccontaci i tuoi ricordi nell’avvicinarti al giornalismo sportivo.

“Tutto nasce in terza elementare, alla scuola ‘Silvio Pellico’ di Torino. Il maestro Ugo Pagliuca mi chiede: ‘Darwin, cosa ti piacerebbe fare da grande?’. Ho risposto in un lampo: ‘Il giornalista sportivo!’. E così è stato per lunghi e indimenticabili anni. Dal Guerin Sportivo a Tuttosport, passando poi alla TV: Tele +, Stream TV, Sky Sport, La7 Sport e Quartarete TV. Voglio ricordare, e ancora ringraziare, i miei maestri: Vladimiro Caminiti e Giovanni Arpino. E Italo Cucci, che è stato il primo a credere in me, avviandomi alla professione con il praticantato”.

Hai ricoperto svariati ruoli importanti e in diverse testate. Come hai vissuto determinate responsabilità?

“Ho fatto per tanti anni l’inviato speciale a Tuttosport. Grazie, soprattutto, al pallone ho conosciuto il mondo, luoghi e persone, non soltanto stadi. Mi piaceva raccontare il mondo fuori dall’attualità, cercare, alla Osvaldo Soriano, preziose ‘storie di cuoio’ e di vita quotidiana. Da direttore, ho sempre provato a fare squadra, puntare al collettivo. Ho avuto la fortuna di avere con me colleghi straordinari, ricchi di cultura ed entusiasmo. Ho permesso a tante donne e a tanti uomini di diventare professionisti. Io ho portato, con tutte le mie forze, con tutta la mia energia, la mia fame quotidiana di narrazioni”.

Tu hai scritto molto. Cosa bolle in pentola oggi?

“Ho scritto, di recente, ‘Lettera a un giovane calciatore’ (Chiarelettere) dedicato ai ragazzi che si avvicinano, oggi, al mondo del football. E ho raccontato il mio calcio, quello dell’infanzia (persino con un mio provino alla Juventus nel 1967, con un gol di ginocchio, ma non mi presero…) e quello dell’età adulta, con i giocatori, bravi e sfortunati, campioni o comparse, incontrati durante la mia carriera. Poi è arrivato il libro (per Aliberti) scritto con il mio amico fraterno Vincenzo Imperatore, ‘Juve-Napoli Romanzo Popolare’: il pallone visto da un tifoso partenopei e da un tifoso juventino, il pallone che diventa educazione alla vita, metafora, paradosso, memoria personale e collettiva. Adesso, mi sto dedicando (per CasaSirio), con i disegni del bravissimo Andrea Bozzo, a storie di giocatori inseriti nel contesto politico sociale e morale dell’Italia del loro tempo. Tra un po’ arriverà il romanzo…”.

Parliamo di calcio: il nostro campionato. Arriva Ronaldo. Un tuo pensiero su questo.

“Cristiano Ronaldo rappresenta un grandissimo acquisto: per la Juventus, ovviamente, e per tutto il nostro movimento calcistico. È uno dei migliori giocatori di sempre, e a 33 anni possiede ancora la forza e la felicità (di giocare) di un ragazzino. Mi ha ricordato l’arrivo di Diego Armando Maradona, il più grande di tutti, a Napoli. Sì, questo è il tempo di CR7: il fuoriclasse capace di segnare in rovesciata, su punizione, al volo, di testa. E che, nel contempo, è anche un’azienda. Le magliette bianconere con il 7 vengono vendute, quotidianamente, a migliaia, in tutto il mondo. Questo è il football moderno: il marketing che ha sostituito il dribbling”.

Come si potrebbe debellare definitivamente la violenza negli stadi?

“Ritornando a discutere di calcio con serenità. Mandando via i genitori dai campi dove si esibiscono i loro figli, riportando il pallone nelle scuole. Un ruolo importante, in tal senso, lo abbiamo noi giornalisti: abbassare i toni e riportare il gioco nella sua giusta dimensione. Senza veleni, senza esasperazioni, senza rancori”.

I soldi hanno comprato definitivamente il gioco del calcio?

“Come ho scritto prima, oggi è il tempo del dio marketing. Non possiamo farci niente. Ma, per fortuna, possiamo ancora emozionarci per un colpo di tacco, per un assist preciso. Per una conclusione all’incrocio dei pali, per una parata impossibile”.

Quali sono i giovani più forti a livello italiano? E chi saranno le squadre che andranno ad occupare le prime cinque posizioni a fine campionato?

“Giovani ce ne sono tanti. Difficile stilare un elenco. E tanti ragazzi si stanno mettendo in luce nei campi di periferia. Per lo scudetto, la Juventus è favoritissima. Quindi: Napoli, Inter, Roma e Atalanta, non più sorpresa ma abbagliante realtà”.

Ti sono piaciuti i mondiali 2018?

“Sì, abbastanza. Deluso dal mio Brasile e dalla sceneggiate di Neymar. La Francia ha meritato il titolo per il suo gioco solare e per la classe di elementi come il formidabile Kylian Mbappè e Antoine Griezmann. Storico il secondo posto della orgogliosa Croazia, trascinata da quel formidabile asso di Modric. Per non parlare della testardaggine di Mandzukic, lottatore nato”.

Riguardo agli altri sport. Andiamo forte in molti di essi. Quale segui più assiduamente?

“L’Italia è un serbatoio di assi: nella scherma, nell’atletica, nel nuoto e in tante altre discipline. Seguo un po’ tutti gli sport, e sono un appassionato di football americano. Con il mio amico Luca Mainardi vado spesso a vedere gli incontri dei Giaguari di Torino. Da ragazzo, oltre al calcio, praticavo l’atletica leggera: salto in lungo, 100 metri, 4×100. Mio allenatore era Gianfranco Porqueddu, attuale presidente regionale del Coni. Oggi sono presidente onorario dell’Ivrea Fc. Una società che apre le porte a tutti: perché il calcio deve essere solidarietà, integrazione, allegria e condivisione per tutti”.

Darwin e il Brasile. Tema libero.

“Sono orgoglioso, caro mio Simone, mio esempio, mio eroe, di essere figlio, nipote e pronipote di emigranti. Sono nato a San Paolo del Brasile da genitori veronesi. E il Brasile mi è rimasto profondamente nel cuore: soprattutto le partite che giocavo, da bambino, con i miei coetanei, mulatti ebrei musulmani giapponesi polacchi, nel mio quartiere, Cambuci. Non aveva importanza il colore della nostra pelle, la religione dei padri: eravamo, semplicemente, bambini contenti di inseguire quella palla di stracci e di speranza. Il Brasile mi ha insegnato che il razzismo è la cosa più stupida del mondo”.

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