Ezio Bosso: “La musica è magia e la vita me l’ha data come un dono”
È stato il protagonista indiscusso del Festival di Sanremo del 2016 tanto da meritarsi la standing ovation del pubblico televisivo. Di lui colpisce non solo il talento ma anche quella straordinaria sensibilità che trapela ogni volta dalle sue parole.
di Giulia Bertollini
Dopo la partecipazione sanremese, il pianista Ezio Bosso aveva confidato che il suo più grande sogno era quello di portare la musica classica in prima serata. E proprio qualche mese fa è riuscito a realizzarlo debuttando su Raitre nel programma “Che storia è la musica”. Una follia d’amore come ha osato definirla perché ogni nota è una storia da raccontare, come ci ha confidato in questa intervista.
Ezio, aveva detto che sarebbe tornato in tv solo per insegnare la musica. Ed è stato di parola.
“E’ una follia d’amore che ho fatto per la musica perché credo che dietro ogni nota ci sia una storia da raccontare. Si può parlare della musica con amore e dolcezza, fa parte di quelle cose che diamo per scontate e ce le complichiamo da soli, come le cose più belle. Mi hanno aiutato tutti e ho incontrato anche nuovi amici che mi proteggono. Questa serata è nata dall’affermazione che faccio spesso che la nostra orchestra è una comunità di amici di lunga data, ragazzi giovani con un grande senso di società. Durante le prove mi sono sempre ripetuto che la musica è una storia. Quello che faccio a porte chiuse è uguale a ciò che faccio a porte aperte”.
Agli occhi degli altri, la sua malattia sembra averla messa in una posizione privilegiata. Crede che questa condizione l’abbia aiutata a comprendere meglio la magia della musica?
“La musica mi ha sempre fatto stare così. Se il mio corpo è cambiato lo nota qualcun altro. Io faccio questo mestiere da 30 anni, ho iniziato a 14 anni. Io credo nella musica, dovremmo crederci un po’ di più. Dovremmo scordarci dei corpi e diventare musica”.
Quando è avvenuto il suo primo incontro con la musica?
“La musica è presente nella mia vita da quando ne ho memoria, è difficile rispondere. A questo punto della mia esistenza da uomo di oltre mezza età comunque mi viene da dire che è la musica che ha incontrato me. Quando dico che quel bambino aveva più bisogno di altri della musica ci credo davvero. Ho memoria di tante cose, ma la musica la incontro ogni giorno perché un musicista quando studia ogni giorno la riscopre di nuovo e questa è una delle grandi magie”.
Di recente le è stato conferito un riconoscimento importante, il Gran Premio della Stampa Estera. Come ha reagito alla notizia?
“Il premio è un contributo importante per me che mi sono prestato al cinema realizzando tre colonne sonore per Gabriele Salvatores. Sono felicissimo per i riconoscimenti, ma se mi fanno fare musica sto meglio perché quando devo parlare tendo ad agitarmi”. (ride)
La partecipazione a Sanremo di qualche anno le ha regalato tanto successo ma anche qualche ostacolo in più da superare.
“Ho dovuto lottare di più per affermare che sono una persona, non un personaggio. Ed è faticoso perché io sono timido, non amo le fotografie. Ho sentito la responsabilità di fare non quello che ti aspetti, ma di portare le persone a scoprire cose nuove. Ho sentito il peso, la paura e il notevole pregiudizio del mondo della musica classica. Ho ricevuto anche cattiverie”.
Le è mai capitato di dover interrompere qualche concerto a causa dei cellulari? Cosa pensa di questo diffuso malcostume?
“Ai concerti dico direttamente di spegnere i cellulari. Mi piace paragonare lo squillo di un cellulare ad una tela di Michelangelo. Mentre però quest’ultima se recisa può essere restaurata, il momento di musica se interrotto è perso per sempre. Dovremmo avere l’accortezza di scordarlo il telefono: siamo lì per dimenticarci il mondo che c’è fuori, se continuiamo a stare col cellulare in mano è inutile andare a un concerto”.