07/27/2024
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Roberto Luigi Pagani: Dalla città dei violini al Paese della fiõla

di Marisa Iacopino –

Un viaggio alla scoperta di quegli italiani che con curiosità, capacità relazionali e forza creativa hanno saputo radicarsi altrove. Capitale umano in grado di produrre e scambiare conoscenze, competenze ed emozioni. Percorrere con fiducia nuove vie di convivenza è l’obiettivo comune per una visione d’insieme, ben sapendo che per diventare veri cittadini del mondo, e generare azioni di positività collettiva, occorre essere in grado di costruire ovunque la propria casa.
Tra i connazionali raggiunti, Roberto Luigi Pagani, giovane cremonese che da oltre dieci anni si è trasferito dalla capitale mondiale della liuteria a ReyKjavik. Scrittore e divulgatore esperto di storia e cultura islandese, ci porta a esplorare l’Islanda, territorio fatto di vulcani, di geyser, cascate, piscine termali. Luogo di contrasti morfologici, di brughiere, prati e pascoli, terra di ghiacci.
Da dove scaturisce l’amore per un paese così particolare?
“L’interesse per l’Islanda mi viene dal mondo delle fiabe islandesi lette da bambino, nonché dai miei studi universitari di lingue e letterature nordiche”.
Sappiamo che sei anche guida turistica. Quando sei arrivato in Islanda conoscevi già il Paese, o ti sei formato in loco?
“Devo dire che conoscevo qualcosa per via dei miei studi, ma il grosso l’ho imparato ‘sul campo”.
Possiamo dire, con un ossimoro, che ‘il freddo riscalda il cuore e arricchisce la mente’?
“Assolutamente: il clima islandese facilita la ricerca dell’atmosfera accogliente e calda; ti spinge a coltivare i legami sociali, a illuminare l’esistenza con altro, molto più che non la semplice luce artificiale”.
Quali sono gli stereotipi che riguardano l’Islanda?
“Il freddo, il buio, e il mangiare male sono sicuramente i più diffusi tra quelli negativi. Tra quelli positivi, altrettanto falsi, c’è forse il mito del Paese socialista senza povertà e disonestà. Inoltre, l’idea che gli islandesi credano agli elfi”.
Al di là dei luoghi comuni cosa vorresti che gli italiani imparassero a conoscere di questo Paese?
“La ricchezza della storia e della cultura locale. Tutto il mio lavoro di divulgazione è mirato al raggiungimento di questo obiettivo”.
Le caratteristiche positive e la cosa più negativa che riguardano questa nazione?
“La cosa più bella degli islandesi è la loro innocenza. Sono un popolo tendenzialmente onesto, che sa essere solidale e generoso in modi che, a volte, si stenta a crederci. Il lato negativo è che la coesione sociale si paga al prezzo di una scarsa tolleranza per chi la pensa diversamente: c’è molto conformismo su tante cose”.
Cosa può trovare un turista/viaggiatore che visita l’Islanda oltre alle aurore boreali?
“Musei sugli aspetti più disparati: sulla storia, il folklore, l’arte, la musica popolare, sulla cultura marittima, sulle saghe. E poi ristoranti stella Michelin (ma anche quelli senza stella sono eccezionali), eventi culturali, artistici e musicali di ogni genere. E ancora, una cultura millenaria fatta di numerosissimi capolavori letterari, dalle saghe medievali ai grandi romanzi novecenteschi”.
Tu parli l’islandese. L’integrazione passa anche attraverso la conoscenza della lingua?
“Nel modo più assoluto: la lingua è per molti uno scoglio, e superarlo significa guadagnarsi rispetto e ammirazione. Da quando parlo islandese mi sento perfettamente incluso e accettato, e non ho mai sentito il peso di pregiudizi e discriminazioni”.
La tua compagna è islandese, come sei riuscito a conquistarla?
“Diciamo che ho dovuto ricorrere a tutte le carte migliori che avevo in mano. E’ un’intellettuale, per cui ho puntato su quello, cercando di farle percepire tutta la mia cultura. Essendo lei psicologa, ho rispolverato le mie conoscenze del liceo delle scienze umane… non un approccio canonico e ortodosso, ma attaccare bottone parlando di scuole psicologiche è stato sicuramente qualcosa di unico e irripetibile, che ha reso ancora più speciale la nostra storia”.
Qual è il sistema politico e sociale islandese?
“C’è un parlamento unicamerale e multipartitico. Lo Stato fornisce servizi simili a quelli disponibili per i cittadini italiani. La sanità è un misto di sistema pubblico e privato, così le scuole e le università”.
Come è in Islanda il rapporto tra lavoro e tempo libero?
“Gli islandesi lavorano per vivere. C’è un’attenzione religiosa alla qualità della vita. I datori di lavoro, ad esempio, non hanno mai pretese sugli straordinari, e li chiedono sempre con umiltà. Se proprio devi restare in ufficio oltre l’orario, anche solo per cinque minuti scatta l’ora di straordinario. Il rifiuto in ogni caso è accettato serenamente, perché il tempo per se stessi e per la famiglia è considerato sacro”.
Cosa ti manca di più e cosa di meno della tua città e dell’Italia?
“Mi manca tanto la bellezza architettonica, ma anche il colore dei papaveri a maggio, e il verso delle cicale. Non mi manca la rigidità sociale e l’eccessiva formalità”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Continuare a raccontare l’Islanda attraverso i miei libri e le mie pubblicazioni. E’ la cosa che amo di più e spero di continuare a farla!”.


* Violino, strumento tradizionale islandese

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