04/20/2024
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Sofia Scandurra: Il cinema del futuro

Regista di “Io sono mia” (1977) e autrice di diversi libri, dal 1983 è attiva con la sua Libera Università del Cinema per preparare i giovani a lavorare nel cinema puntando sulle nuove tecnologie

di Paolo Paolacci

Siamo andati  a  San Cesareo, alle porte di Roma, per  incontrare Sofia Scandurra, una donna che ha vissuto e attraversato  tutto il cinema italiano. Regista del  film  “Io sono mia” del 1977, ha qui  la sede della sua scuola di cinema, la LUC (Libera Università del Cinema), dove  seguita a lavorare ancora, per il cinema del futuro. Scopriamo come e perché…
Sofia, cosa facevi da piccola e cosa pensavi di fare?
“Dodicenne scrissi il mio primo romanzo ‘Vietato ai minori di 18 anni’, che finiva così: ‘i due uomini si allontanarono tenendo per mano il bambino che ognuno credeva figlio dell’altro’. Ma io non avevo la minima idea di come si facessero i bambini”.
Quando è cominciato l’interesse per il mondo dello spettacolo?
“In collegio mi offrii di fare la regia dello spettacolo di fine anno. Fu molto applaudita una scena che avevo risolto con le ombre cinesi ma le monache mi punirono perché avevo rifiutato la parte alla prima della classe che era bassa e cicciotta, per darla ad una ragazzina deliziosa che aveva 3 in matematica e pessimo in religione”.
E come hai iniziato a scrivere?
“Il mio esordio di scrittrice nacque a mia insaputa. Avevo scritto un racconto e lo avevo infilato nella macchina da scrivere. Avevo vent’anni e mio marito lo lesse e senza dirmi nulla lo inviò alla pagina letteraria de ‘Il Tempo’. Il  direttore,  il senatore Angiolillo, prima di firmare il contratto mi chiese almeno sei racconti, ed io li scrissi tutti e sei nell’arco di due notti. E così  mi pubblicò più di 400 racconti e una ventina di pezzi folcloristici con lo pseudonimo di Lazzarina”.
A cosa non rinunceresti di quello che hai fatto e cosa non faresti di quello che hai fatto o hai dovuto fare?
“Non rinuncerei a nulla di quello che ho fatto e niente sono stata costretta a fare. La mia vita è stata una scelta continua e ogni scelta per me è stata fatta con entusiasmo anche quando, per la sopravvivenza delle mie tre figlie, ho accettato di fare gli adattamenti, cioè di preparare le battute per il doppiaggio italiano dal  tedesco di ben 100 episodi di uno stesso programma di fiction”.
Perché hai dovuto da sola pensare alla sopravvivenza delle tue figlie?
“Perché mio marito era un genio che parlava di miliardi senza curarsi del quotidiano”.
Ci dici chi sono e cosa ti ricordano o ti hanno dato le tante e importanti persone che hai conosciuto e frequentato?
“Se leggi ‘Cinema e Ceci’, il mio romanzo verità sul mondo dello spettacolo, edito da Iacobelli, lì ci sono tutti i miei incontri, corredati da foto, da Nino Manfredi a Dario Argento, a Fellini a Mariangela Melato, ad Alberto Sordi ad Adriano Celentano, ecc.”.
Ma nel particolare cosa ti viene in mente di loro?
“Di Manfredi, per esempio, che  mi ha insegnato il valore delle pause; da  Zampa ho appreso la serietà professionale. Ma la cosa curiosa è che Dario Argento, il regista più importante dell’horror, era terrorizzato dal dover girare i dettagli insanguinati”.
Come nasce la Libera Università del Cinema?
“E’ nata nel 1982, una sera d’estate, in una maniera molto romantica proprio qui a San Cesareo. C’erano Cesare Zavattini, Alessandro Blasetti, Callisto Cosulich, Leo Benvenuti, Leonviola e molti altri e si stava commentando il fatto che un ragazzo che seguiva una lavorazione sul set si era fatto male e non era assicurato dalla produzione. Tutti noi, che avevamo imparato guardando chi sapeva fare, senza essere pagati e né assicurati, ci sentimmo coinvolti a fare qualcosa”.
E quindi?
“Facciamo noi una scuola di cinema dove ognuno passa ai giovani le proprie esperienze’, disse Cesare Zavattini. Da poco era nata l’elettronica ma nessuno di noi ne sapeva ancora niente. Proposi di imparare ad usarla perché economicamente significava un costo limitato e consentiva a tutti, attraverso i monitor, di seguire quello che si stava girando… Così decidemmo di fare una scuola di cinema in elettronica, esattamente dove stavamo cenando”.
E l’apertura quando avvenne?
“Avevamo deciso di aprire la scuola l’anno successivo ma la notizia volò e dei futuri allievi si presentarono con tale entusiasmo che decidemmo di affittare ciò che ci mancava e aprire subito fidandoci di tutte le nostre esperienze: in primo luogo di  Zavattini, Leo Benvenuti e  il grandissimo Aldo Tonti che s’ingegnò a sostituire  i carrelli (costosissimi) facendo trascinare l’operatore con un lenzuolo, ottenendo lo stesso effetto”.
Da quanto tempo opera la LUC?
“La LUC opera dal 1983 ed ha sempre avuto come obiettivo di immettere nel professionismo giovani talenti, preparati tecnicamente. La nostra è stata la prima scuola in elettronica, la prima a girare in HI8 , la prima che usò il digitale e l’HD e anche adesso stiamo modernizzando le attrezzature”.
Perché proprio l’innovazione è così caratterizzante per te?
“Perché ci occupiamo dei giovani e i giovani sono sempre giustamente attratti dal futuro. Nel cinema tutte le trasformazioni hanno stentato a partire. Basti pensare alla nascita del sonoro e all’evento del colore. Fellini girò in bianco e nero fino a che non poté utilizzare il colore da autore. Succederà così anche con il 3D”.
Quali sono i personaggi cresciuti alla LUC?
“I  nostri fiori all’occhiello restano Anna Galiena come attrice, Bogdan Drayer ed Emanuele Crialese come scrittori e registi. Quest’ultimo due volte candidato agli Oscar e due volte Leone d’Argento a Venezia con ‘Novomondo’ e ‘Terraferma’, e premio della critica a Cannes con ‘Respiro’ ”.
Puoi mandare un saluto finale ai nostri lettori e se possono contattarti?
“Certo, saluto volentieri i vostri lettori e sono disponibile a rispondere alle loro eventuali domande sia per e-mail che per contatti diretti”.

Libera Università del Cinema
Via Casa Romana, 42
San Cesareo (Roma)
www.universitadelcinema.it

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