07/27/2024
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Gian Paolo Ferrari: Libero di partire

Partirà i primi di novembre il viaggio impresa di Gian Paolo Ferrari, il viaggiatore che ha deciso di costruirsi da solo la barca a vela con la quale farà il giro del mondo. Ferrari attraverserà l’Atlantico sino ai Caraibi, poi attraverso Panama si spingerà verso l’Oceano Pacifico per fare rotta verso la Polinesia Francese e raggiungere l’Indonesia. Attraverserà l’oceano Indiano, il Capo di Buona Speranza e poi ritornerà a casa lungo la costa dell’Africa

di Fabiola Di Giov Angelo

Nella vita c’è chi le cose le dice e chi invece le fa veramente. E Gian Paolo Ferrari appartiene alla seconda categoria di persone. Concreto, forte, coraggioso, ha sognato e desiderato per anni di fare il giro del mondo in barca a vela e ora finalmente la sua impresa sta per partire. Aveva bisogno di una barca, ma era veramente molto costoso comprarne una, allora lui ha deciso di costruirsela. Ha superato tanti ostacoli e paure, ha investito tanto tempo, risorse ed energia, ma ce l’ha fatta e ha costruito la sua barca “To the storm” contando esclusivamente sulle sue forze. Ora è pronto a partire, entusiasta e pieno di emozione, carico di adrenalina, anche se già sa che sentirà la mancanza dei suoi cari. Buon viaggio!
Come nasce l’idea di fare il giro del mondo in barca a vela?
“Innanzitutto dalla mia incapacità di portare avanti progetti facili e scontati e poi dalla mia grande passione per i viaggi. Io non sono un velista, ma un viaggiatore, che usa in questo caso la barca per raggiungere il suo scopo: compiere un viaggio, affrontare una sfida, dare sfogo ad un’ossessione. La determinazione a compiere questa impresa avventurosa è poi legata ad una lettura che mi ha colpito molto, quella della drammatica vicenda che riguardò Ambrogio Fogar e Mauro Mancini alla deriva nell’Atlantico per 74 giorni, con i quali ho scoperto una profonda sintonia emotiva”.
Il tuo giro del mondo in barca a vela è un’impresa eccezionale, per compiere la quale bisogna avere capacità tecniche e manuali, tanto coraggio e forza fisica. Ce le hai tutte?
“Ho imparato a costruirmi ciò di cui avevo bisogno fin da bambino. Sono nato in campagna e ho vissuto lavorando, da qui la mia fisicità che di sicuro non è costruita in palestra. I miei genitori sono sempre stati impegnati a lavorare, mi hanno dedicato poco tempo e soprattutto non mi facevano regali. Per cui i giochi che desideravo ho imparato a costruirmeli da solo e avendo libero accesso al laboratorio di mio padre già all’età di sette anni mi costruii una chitarra, poi un’automobile di legno e una casa sull’albero. Di giorno realizzavo ciò che la notte sognavo di avere e mi riusciva anche bene. All’età di 12 anni cominciai ad appassionarmi alle apparecchiature elettriche e mi costruii una radio e poi un robot. A 19 anni realizzai, dall’inizio alla fine, la casa che ancora oggi possiedo. Non ho mai frequentato una scuola, ma mi piaceva osservare gli artigiani e per anni ho costruito tutto quello di cui avevo bisogno, senza mai fermarmi, facendo diventare il mestiere di falegname il mio lavoro. Poi smisi e cominciai a fare l’autoferrotranviere”.
Ad ascoltarti sembra che tutto sia possibile. E’ così?
“Assolutamente sì. Vivendo in campagna e avendo ricevuto un’educazione un po’ rigida, priva di atteggiamenti comprensivi da parte dei miei genitori, ho dovuto fare i conti con la paura del buio e imparare a superarla per spirito di sopravvivenza. All’età di 14 anni mi iscrissi ad un corso di arti marziali e lì imparai a non avere più paura. Ho capito che i limiti possono essere superati e che è necessario liberarsi da determinate paure e schemi precostituiti che incatenano l’essere umano. In questo modo ha acquistato forza e sicurezza e ora mi sento libero”.
La tua vita negli ultimi anni è ruotata intorno alla costruzione della barca. Come ti sei organizzato e cosa inevitabilmente hai penalizzato?
“Sono riuscito a conciliare tutto, anche perché il mio lavoro ha dei tempi che mi permettono di organizzarmi. Ho continuato a svolgere la mia vita e a portare avanti la mia passione per i viaggi, senza penalizzare nulla. In generale sono una persona molto dinamica, che riesce a concentrare le proprie risorse, senza grosse dispersioni di tempo. Non conosco distrazioni, neanche quella della televisione, che neanche possiedo. Tutto diventa più complicato ora che devo partire e lasciare lavoro e famiglia”.
Per concepire un’impresa così bisogna esser dotati di un po’ di sana follia. Sei d’accordo?
“Il senso dell’abbandono che ho sempre provato fin da bambino, proprio perché i miei sono sempre stati piuttosto concentrati sul lavoro in campagna, ha fatto sì che si delineasse in me un carattere e dei comportamenti a volte un po’ stravaganti. E’ come se io con le mie avventure, a volte pericolose, avessi voluto dire a tutti ‘ci sono anch’io’. Il mio spirito d’avventura e la mia sana follia sono cresciuti proprio per colmare un vuoto emotivo che invece i miei viaggi e le mie imprese mi hanno restituito”.
Nel tuo blog parli della solitudine in maniera positiva e la definisci “compagna di vita”…
“La solitudine è sempre stata una costante nelle mia vita. Fino a 16 anni non riuscivo a vivere e a condividere con i miei coetanei quasi nulla, mi sembrava sempre di essere fuori luogo. Anche l’amore è arrivato tardi, perché ero solitario ed avevo poco da dare ad una ragazza. Definirei quel periodo una fase in cui ho subito la solitudine. Nel tempo però qualcosa è cambiato, ho imparato a convivere con la solitudine che è diventata per me una buona alleata e compagna di viaggi e di avventure”.
Entriamo nel vivo del tuo viaggio. Dopo il varo della barca “To the storm”, il 2 marzo a Chiavari, ci saranno dei viaggi di collaudo?
“Certamente. La barca è finita, ma devono essere montate le attrezzature e deve essere trovato l’assetto giusto, è per questo che ho previsto un periodo di collaudo che andrà da marzo ad ottobre”.
Quando partirà il viaggio vero e proprio?
“Tra la fine di ottobre e i primi di novembre fino a marzo, periodo ideale per le traversate degli oceani”.
Come è organizzata la tua sopravvivenza a bordo?
“Porterò con me cibi liofilizzati, ma anche qualcosa che possa colmare un po’ il vuoto e la solitudine, come la cioccolata, del vino, una birra, un pasto caldo che possano coccolarmi ed aiutarmi a superare i momenti sconforto”.
Cosa ti aspetti e che cosa ti preoccupa?
“Purtroppo non si può prevedere tutto, per cui al di là degli imprevisti della navigazione, penso molto allo stato emotivo delle persone che lascerò per alcuni mesi e spero di poter lasciare amore a sufficienza di cui possano nutrirsi durante la mia lontananza”.
Il tuo viaggio è anche un gesto di solidarietà rivolto ai bambini affetti da Epidermolisi Bollosa, i Bambini Farfalla. Perché?
“Con la mia impresa voglio essere portavoce di un messaggio di vita. Da una parte che la vita è bella e va affrontata con coraggio, senza soccombere alle preoccupazioni inutili. Dall’altra che ci sono persone che, invece, vivono con difficoltà la vita di tutti i giorni ed affrontano con coraggio i problemi legati alla loro salute. Rispetto a queste persone mi sento un privilegiato, una persona libera di inseguire il proprio sogno, che ha avuto l’opportunità di realizzare e portare a termine con determinazione il proprio desiderio, è per questo che ritengo giusto pensare alle persone un po’ meno fortunate, in questo caso i Bambini Farfalla, che porterò con me in tutte le tappe del mio viaggio”.

www.tothestorm.it/blog

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