07/27/2024
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Vincenzo Bocciarelli: “Chi ci governa deve capire che è importante nutrire il popolo di cultura”

di Giulia Bertollini –

Ha da poco debuttato come scrittore raccontando l’esperienza del “Bocciarelli home theatre”, un contenitore d’intrattenimento culturale nato durante il primo lockdown per fare compagnia alle persone a casa. Vincenzo Bocciarelli è orgoglioso per il successo che ha ottenuto anche se al contempo si dimostra critico per i provvedimenti adottati dalle istituzioni in merito alla chiusura di cinema e teatri.
In questa intervista, Vincenzo ci ha parlato del suo libro “Sulle ali dell’arte” raccontandoci anche quanta fatica si nasconda dietro il mestiere dell’attore.
Vincenzo, è uscito da poco il tuo libro “Sulle ali dell’arte”. Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
“Ho trovato difficoltà nel trovare il titolo perché non volevo rischiare di cadere in equivoci o fraintendimenti. ‘Sulle ali dell’arte’ è una diario dei 65 giorni vissuti durante il primo lockdown ed è nato per fare compagnia al pubblico. Volevo aiutare a vincere la paura e lo smarrimento tanto che durante quel periodo ho organizzato delle dirette sui social per sopravvivere alla pandemia coniugando l’arte e la poesia. Questa idea ha avuto un grande successo perché ha traghettato la gente anche in momenti di riflessione. Devo ringraziare la casa editrice che mi ha permesso di debuttare in veste di scrittore. Devo ammettere che quando mi è stato chiesto di scrivere un libro sono rimasto sorpreso. A livello embrionale però già covavo da un po’ di tempo il desiderio di trasferire le emozioni in parole scritte. Sono stato felice che mi sia stata data l’occasione”.
L’esperienza del “Bocciarelli home theatre” è stata importante per sopravvivere in tempo di lockdown. Oggi però con la seconda ondata la paura è tornata ad essere l’elemento dominante. Come stai vivendo questo momento particolare?
“Oggi ci si aggrappa alla speranza ed è importante sentirsi vicini. Infatti, cerco sempre di tenermi in contatto con amici e amiche attraverso telefonate e messaggi. Mi sento diverso rispetto a quando ho vissuto il primo lockdown. Sono un po’ stanco e meno combattivo. La forza che mi dà il senso di responsabilità mi spinge però a cercare di trasmettere supporto alle persone che stanno a casa”.
L’emergenza sanitaria ha evidenziato ancora di più tutte le problematiche legate al teatro e allo spettacolo dal vivo. Cosa ti aspetti dalle istituzioni?
“Quest’estate dovevo debuttare in teatro con l’ ‘Amleto’. Avrei dovuto interpretare Re Claudio. Purtroppo però lo spettacolo è slittato e al momento non abbiamo notizie certe sulla messa in scena. Secondo me in questa situazione non bisogna essere arrendevoli. Il teatro va mantenuto vivo. Io in questi mesi l’ho fatto da casa ma penso che con le dovute precauzioni i grandi spazi debbano riaprire. Bisogna trovare delle soluzioni invece di fermare il sistema. Gli attori devono essere posti nelle condizioni di poter portare il teatro in televisione. Io spero che chi ci governa si accorga che è importante nutrire il popolo con la cultura”.
Quando hai iniziato a pensare alla recitazione? In famiglia ti hanno incoraggiato in questa scelta?
“Ho iniziato a recitare da ragazzino. Costringevo la mia famiglia a fare da spettatori. Ero un bambino molto timido e la recitazione è stata terapeutica. Mio papà era un giocherellone e si divertiva a fare scherzi. In casa ho sempre respirato l’aria della creatività. Mi piaceva osservare e raccontare storie”.
Steve Jobs ci ha regalato questa frase “Dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare”. Tu, immagino, sei diventato ciò che volevi, ma hai mai pensato di mollare durante il tuo percorso?
“Ci ho pensato tante volte per paura di non riuscire a farcela fisicamente. L’Italia non è un paese facile a livello di meritocrazia. Negli ultimi anni paradossalmente ho lavorato di più con le produzioni straniere. La mentalità italiana è molto provinciale. Spesso manca il coraggio e ci si piange addosso. L’altro giorno ho incontrato un ebreo che mi ha detto una frase che mi ha colpito: “L’Italia spesso prega per non lavorare”. Le persone a volte cercano le vie facili senza mettersi in discussione. Io non vorrei mai mollare ma non so quanto possa ancora resistere. Per fare questo lavoro ci vuole una ottima salute, fisica e psicologica”.
Prossimi progetti?
“Prossimamente prenderò parte ad un bellissimo progetto cinematografico con delle persone che stimo molto. Sono sicuro che se ne parlerà tanto. Al momento però non posso svelare nulla”.

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Riccardo Zanellato:

redazione@gpmagazine.it

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