04/20/2024
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Giancarlo Arduini: Il pittore della salsedine

Dagli occhi all’anima il viaggio è breve. Per questo motivo, ciò che passa attraverso gli occhi ha il potere di scendere nelle profondità della psiche, influenzandoci intimamente. Osservare un dipinto significa, quindi, attivare un magma di emozioni, suggestioni fluide che mutano a ogni nuovo sguardo posato sulle forme e sui colori del quadro che le genera.

di Marisa Iacopino

Incontriamo Giancarlo Arduini, pittore romagnolo. Le sue marine ci rimandano tout court all’incanto del mare.

Quando nasce il tuo interesse per l’arte pittorica?

“La pittura è sempre stata un istinto naturale, essendo io nato in una città d’arte come Gradara cantata da Dante. L’amore per il mare i suoi colori hanno accompagnato la mia vita quando ero Stewart e navigavo con la Raffaello Augustus. Poi c’erano i racconti di mio padre pescatore, e la poesia… Tutto questo ha rafforzato il mio immaginario artistico. La devozione all’arte non nasce a caso: se dovessi tracciare un periodo in cui tutto iniziò, potrei citare il mio maestro elementare che si faceva rapire dai miei schizzi. Lui è stato il primo a credere nelle mie potenzialità, il resto l’ho maturato vivendo”.

Ci sono artisti del passato presi come riferimento? 

“La mia attenzione è sempre stata scossa dagli impressionisti, uno su tutti Cézanne, anch’egli di origini romagnole, il primo a fondere geometria e impressionismo. Tutto sembrava così reale da suscitare un realismo quasi imbarazzante. I miei studi artistici e la curiosità di espandere i colori che avevo dentro mi hanno accompagnato in tutto il percorso. Molti altri artisti hanno colpito il mio immaginario, Van Gogh, Ligabue per citarne solo alcuni”.

Che cosa cerchi attraverso i quadri: l’armonia delle forme, i colori della vita o cos’altro?

“Amo raccontare la vita attraversa la natura, gli umori del tempo. La mia ricerca interiore è semplice e immediata; ho avuto la fortuna di avere un padre che mi ha trasmesso i valori genuini della vita come l’azzurro di un mare calmo, il sapore dei venti, il profumo della terra.  Tramite il pennello mi sembra spesso di sentire l’odore della salsedine. A volte, ho esorcizzato la mia ansia da tempesta, dipingendo barche nei mari in burrasca per stimolare in me la ricerca d’una calma interiore. Non voglio poi dimenticare di essere il pittore dei girasoli che sembrano nati in un’estate polare, con la testa china, come fossero donne avvenenti in attesa di qualcuno che non arriverà mai”.

Qual è il ruolo dell’arte secondo te, fare da ponte tra il reale e l’immaginario, avere una funzione salvifica o cos’altro?

“In passato mi cimentavo in grottesche pitture surreali. Da ragazzo, rapito dai fumetti di Tex Willer e dalle storie di Guerre stellari, ricercavo il mio immaginario ideale disegnando paesaggi marziani su soggetti indiani. Il ruolo dell’arte, a mio avviso, è proprio quello di nutrire la fantasia. Rimanere adolescenti nel cuore, forse purifica lo spirito, e allora credo che serva viaggiare con la mente, senza salvare nulla e nessuno, ma per rendere la realtà più affascinante possibile. Il reale può essere un ponte verso l’immaginazione che diventa un moderno astratto”.

Sappiamo che esponi alle Canarie e in altri luoghi d’Europa, qual è il tuo rapporto artistico con l’Italia?

“Credo che l’Estero mi abbia dato quel riconoscimento che nel mio paese mi è stato negato. Non ho mai dipinto per interesse ma solo per passione; le mie opere sono esposte nei centri anziani, negli ospedali. Ho sempre creduto che l’arte potesse alleviare la vita delle persone. Non posso comunque negare d’aver vinto diversi premi, due alla biennale di Rimini e Cesena;  sono stato artista del mese su ‘Art Leader’ e in passato fondai a Cattolica l’associazione culturale ‘Art Cattolica’ che riuniva diversi artisti della mia terra. Di recente mi hanno premiato anche a Tenerife al centro Renovation & Diseño. Ma se mi chiedi che rapporti ho con l’Italia artisticamente, posso citare tre partecipazioni a concorsi nazionali di pittura. In uno mi dissero che avevo vinto il primo premio, alla fine però, chissà perché, mi diedero solo il secondo posto. Se anche l’arte subisce macchinazioni, io continuo a esporre all’estero dove vale solo il merito”.

A cosa stai lavorando?

“Attualmente sto lavorando a presepi su modelli arabi: case, ponti, castelli, come ai tempi di Gesù. Un’altra mia passione è proprio quella di costruire paesaggi, una  costola dell’arte che mi impegna e appassiona. Ne ho già realizzati una trentina e vorrei poterli esporre per Natale, senza tralasciare la tela che rimane sempre il mio primo amore. A volte mi siedo nello studio assieme al mio gatto e improvviso.  Quello che ne esce è sempre qualcosa di creativo”.

Se ti dicessero: puoi salvare un solo colore, quale salveresti?

“Decisamente il blu oltremare. Ogni sfumatura che accompagna un umore artistico possiede questo colore; senza blu oltremare non saprei nemmeno come immergermi in quella magnifica cosa che chiamiamo Fantasia!”.

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