04/29/2024
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I giovani e i social: Analisi dell’impatto psicologico e sociale

di Marialuisa Roscino –

Quello dei social da parte dei ragazzi sta diventando un rapporto da tenere sotto controllo per i vari risvolti e per i pericoli che nasconde. Ne parliamo con la dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association

Dottoressa Lucattini, qual è la sua opinione sul rapporto tra il consumo di social network e il comportamento dei ragazzi?

“I social network e i dispositivi elettronici incidono sullo sviluppo psicologico, sulla crescita e sui comportamenti, soprattutto negli adolescenti, ma anche nei bambini. Psicoanalisti, psichiatri e psicologi, già da alcuni anni,  hanno lanciato l’allarme sulla ridotta capacità di attenzione e concentrazione che si riscontra nei giovani, particolarmente visibili in ambiente scolastico, a causa della sovraesposizione ai flussi di informazioni online e le troppe ore trascorse su smartphone, console, tablet e computer. È noto che i dispositivi elettronici sono particolarmente gratificanti per gli adolescenti, rispetto ai bambini e agli adulti, poiché le risposte neurali agli stimoli ambientali sono più marcate e prolungate in adolescenza, per il loro specifico funzionamento psichico e neuropsicologico, ad esempio per il maggior rilascio di dopamina. La sensazione di piacere aumenta esponenzialmente quando i social favoriscono le loro interazione con i coetanei”.

Quanto i social network incidono sui comportamenti dei ragazzi?

“L’influenza sui processi psichici, razionali e affettivi, individuali e gruppali, ha bisogno di essere inquadrata in una prospettiva scientifica e multidisciplinare. I social media immersivi influenzano i comportamenti in un modo molto più incisivo degli altri mezzi di comunicazione. Per questo, stiamo correndo verso un rinnovamento culturale epocale che va conosciuto e governato”.

I social portano i ragazzi a bruciare le tappe della vita? 

“Se non in rarissimi casi, questo abitualmente non accade. I processi di sviluppo della mente hanno il loro tempo, che non può essere forzato. In situazioni particolari, i social portano ad imitare i comportamenti di personaggi pubblici e influencer facendo assumere, in modo posticcio, ai ragazzi degli atteggiamenti “adultomorfi” ovvero si atteggiano da adulti senza però avere ancora né una maturità emotiva né una capacità di comprensione superiore alla loro età. I ragazzi sono grandi utilizzatori di social network, come Instagram, Tik Tok, WhatsApp, YouTube. È importante comprendere che i social media sono capaci di innescare azioni collettive positive estendendo la propria rete amicale e sociale, ma purtroppo anche negative. È infatti preoccupante la crescente propagazione di sentimenti distruttivi, come  l’odio e il rancore, tramite il web, da qui la necessità di inquadrare questi fenomeni attraverso l’ausilio delle ricerche scientifiche, che in questi anni hanno dato un grosso contributo alla loro comprensione”.

Qual è la sua opinione con l’aumento dei casi di cyberbullismo?

“Il cyberbullismo rimane un problema molto serio, nonostante  il bullismo e il cyberbullismo siano diminuiti del 30-40% circa durante la pandemia. Per il Cyberbullismo, i tassi erano leggermente più alti prima della pandemia, quindi, sebbene l’utilizzo di internet sia aumentato notevolmente, questo non si è tradotto in un incremento del cyberbullismo, ma anzi in una diminuzione. Infatti, il cyberbullismo non è una semplice conseguenza dell’uso dei social o di internet, ma è un fenomeno alimentato da disturbi psicologici dei cyberbulli e dalla frequentazione a scuola, dove ormai c’è estrema attenzione e interventi mirati contro cyberbullismo e bullismo.  Lo studio condotto da Ipsos International su adulti di 28 Paesi diversi, Italia inclusa, riguarda la consapevolezza della gravità degli effetti del cyberbullismo, secondo cui circa il 70% degli intervistati è al corrente di questo fenomeno. In Italia, la media è più alta (91%), il che colloca il nostro Paese come paese virtuoso, in testa all’elenco dei paesi coinvolti. La questione, quindi, non è l’informazione, ma la prevenzione, attraverso l’intercezione del fenomeno nel suo primo manifestarsi, il controllo all’accesso a Internet dei minori e soprattutto, la prevenzione dei disturbi psicologici, che muovono i cyberbulli e l’aiuto psicologico alle vittime, che si ammalano a causa di una persecuzione anonima, massiccia e violenta”. 

Eppure, non mancano casi positivi. Dal suo punto di vista, in cosa i social network possono essere utili nella vita dei ragazzi?

“I social e internet sono importanti per i giovani in Italia, in quanto offrono opportunità e vantaggi a livello educativo e sociale. Il web permette di migliorare i modi di comunicare tra coetanei, rende democratico e gratuito l’accesso alle informazioni, sull’attualità e contenuti culturali, forma e informa. Le attività di comunicazione e di intrattenimento online sono particolarmente rilevanti per l’autonomia psicosociale degli adolescenti, poiché sono uno dei fattori che, attualmente, promuove lo sviluppo dell’identità personale e che attivano la capacità di avviare e mantenere relazioni significative con i coetanei e con i familiari. I social network, se ben utilizzati, hanno un effetto rivitalizzante e stimolante dal punto di vista delle conoscenze e delle relazioni. Il web è come una “grande biblioteca” a portata di touch, a cui i ragazzi possono attingere informazioni e materiale di studio, dovunque si trovino”. 

Quanto è importante, a suo avviso, il tipo di comunicazione che si sceglie di utilizzare per dialogare sui social? 

“Il fenomeno della Second Screen Tv ovvero la possibilità nel fruire di contenuti televisivi contemporaneamente su più dispositivi elettronici (televisore, smartphone, tablet), rischia in alcune occasioni di alzare i toni delle discussioni, passando dal dialogo alla rissa. Protetti da un’apparente virtualità poiché non si vedono di persona e il corpo è assente, si travalica l’ambito della sana critica per tracimare in attacchi personali, con offese e forte aggressività verbale. Bisogna sottolineare con forza che lo stile con cui ci si esprime nelle comunicazioni digitali, deve essere improntato al rispetto dell’altro e alla buona educazione. La ricchezza linguistica facilita la comprensione soprattutto dei messaggi scritti, è indispensabile per evitare fraintendimenti, coltivare relazioni e intrattenere rapporti personali di buona qualità. E non si può mai prescindere dal rispetto reciproco. I social hanno trasformato abitudini e  costumi, facendo slittare vertiginosamente la società della comunicazione verso società della conversazione, del pourparler inteso come improvvisazione, superficialità e “frasi fatte”. La semplificazione eccessiva, la frammentazione di frasi e pensieri, la banalizzazione sono una via regia per l’ideologia e per quegli slogan che si adattano a qualunque contesto, senza alcun pensiero critico né capacità di riflessione e possibilità di fare le necessarie distinzioni”.

I social, a volte, vengono utilizzati anche come mezzo per esprimere impulsivamente sentimenti di rabbia, di delusione o angoscia, crede che dovrebbe sempre essere tenuto presente un codice etico?

“Certamente, esiste un codice comportamentale e comunicativo molto chiaro in tutti i social, che viene accettato e sottoscritto attraverso il “consenso” e hanno anche una cornice normativa e conseguenze legali per chi non lo rispetta. Inoltre, anche per il web valgono le stesse regole di buona educazione che vanno rispettate. Non è accettabile, né permesso inveire, usare il turpiloquio, esprimere commenti ingiuriosi, irrispettosi della diversità né alimentare il body shaming. È necessario conoscere e rispettare le regole del buon vivere civile. Per quanto riguarda i sentimenti negativi, come rabbia, irritazione, angoscia, persecutorietà, vanno gestite e non scaricate in modo impulsivo, violento, senza nessun beneficio per chi lo fa. In questi casi, è necessario rivolgersi ad uno psicoanalista per conoscere e affrontare le difficoltà e i problemi emotivi di fondo che li ingenerano”.

Qual è il consiglio che si sente di dare ai genitori dei ragazzi che sono sempre chiusi in stanza, immersi nei social network?

“Dare un limite di tempo esercitando con intelligenza il proprio dovere educativo di genitori, avvalendosi anche di un vero e proprio timer, di cui i dispositivi elettronici sono già dotati; Parlare con i figli e chiedere loro perché stanno tanto tempo sui social, perché per loro sono così attraenti, se ci sono cose divertenti, quali challenge li appassionano, mostrarsi interessati e partecipativi anche della loro vita online; Interessarsi con discrezione e costanza alle loro amicizie; Cercare di apprendere dai figli il funzionamento tecnico dei social per poter poi dare dei consigli sui contenuti, sui modi e sui tempi d’uso; Attivare il parental control in tutti i dispositivi dei figli (smartphone, tablet e consolle) senza timore di essere intrusivi, poiché è una protezione necessaria; Coinvolgerli in attività diverse, sport, musica, cinema, teatro, passeggiate all’aperto, feste, in modo che il loro tempo sia distribuito equamente tra varie occupazioni, oltre alla scuola”.

E ai giovani?

“Conoscere bene la programmazione attraverso i corsi di coding proposti a scuola o attraverso corsi che possono scegliere da soli tra la grande offerta attuale; Capire quando è il momento di mettere da parte il telefonino, perché sta prendendo troppo tempo della propria giornata, limitando le amicizie e altre attività che si amano; Può essere utile a volte disinstallare per qualche giorno uno o più  social in modo da allentare la dipendenza; Coltivare le amicizie di persona, la pandemia è finita, la vita anche se non è ripresa proprio come prima, certamente si è ben riavviata; Parlare immediatamente con qualcuno se si è vittima di cyberbullismo o di body shaming e anche dei casi più vicini, in cui si è venuti a conoscenza, se uno dei nostri amici o compagni di scuola è sotto attacco; Se vi sentite tristi, angosciati, arrabbiati, parlatene con i vostri genitori e con gli amici fidati. Se proprio vedete che ciò non è sufficiente, allora parlatene con lo psicoanalista per un aiuto e sostegno psicologico”.

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