Maria Letizia Gorga: “Todo Cambia” per celebrare Mercedes Sosa
Il 12 ottobre l’Auditorium Parco della Musica aprirà le porte per accogliere Maria Letizia Gorga, una delle più interessanti interpreti della musica italiana ed internazionale che con lo spettacolo “Todo Cambia” vuol ricordare uno dei personaggi femminili più controversi della lotta per la liberazione dell’Argentina.
di Mara Fux
Mercedes Sosa non è quel che si può definire un personaggio nazional popolare: come mai hai scelto lei?
“Mercedes è sicuramente più vicina alla mia generazione che a quella attuale che probabilmente la conosce di meno semplicemente perché non ha vissuto emotivamente quei momenti storici in cui ritornelli come “el pueblo unido” erano sulla bocca di tutti. In realtà é stata la voce della rivoluzione del popolo argentino che si opponeva al regime dei colonnelli e che ha trovato in lei e nella sua voce lo strumento per gridare al mondo la tragedia che stava vivendo. Lei stessa, che non amava cantare davanti a platee troppo grandi, quando sui accorse di cosa significasse la propria voce per il suo popolo lo dichiarò dicendo ‘non amo cantare in pubblico ma quando ho capito l’importanza della mia voce ne ho fatto lo strumento per dar voce al popolo’. Trovo che questo rappresenti la sublimazione dell’Arte: la consapevolezza di esser voce di messaggi importanti, la rappresentare la voce degli ultimi, di chi non ha la forza di dire la sua. Mercedes con la sua voce si è fatta forte di una battaglia sociale tanto che si è trovata contro lo stesso regime il quale dopo averla censurata l’ha condannata all’esilio, esilio che invece lei ha trasformato nel mezzo per denunciare al mondo intero quello che stava avvenendo nel suo Paese”.
Una realtà storica che altrimenti rischiava di passare inosservata.
“L’oscurantismo del regime ha provato in tutti i modi a fermarla: l’hanno dichiarata dissidente e poi censurata finché durante un concerto le è stato comunicato che se avesse cantato al microfono l’avrebbero arrestata e sai come ha reagito? ‘mi dicono che non posso cantare al microfono per cui ora canto a voce piena’ ha detto e si è messa a cantare con il risultato che l’intero pubblico le è andato dietro cantando con lei. Dopodiché è stata mandata per tre anni in esilio con il risultato che voci internazionali di tutti i paesi hanno abbracciato il dramma di quanto stava avvenendo nella sua nazione ospitandola con concerti”.
Quale è stato il motivo occasionale che ti ha portato alla realizzazione di uno spettacolo su Mercedes Sosa?
“Mi sono avvicinata a lei dopo esser stata invitata ad interpretarne alcuni brani musicali ed alcune letture durante la presentazione del libro La Negra, il nomignolo che le era stato dato per la sua potente voce, di Rodolfo Braceli una quindicina di anni fa. Da lì è partito un approfondimento ed uno studio del personaggio assieme a Pino Ammendola che, con la sua sensibilità e passione, ne ha tratto il magnifico spettacolo che oggi riproponiamo all’Auditorium in occasione della ricorrenza della sua morte”.
Come ti sei preparata al personaggio?
“Sicuramente allontanando da me ogni intenzione imitativa. Ho cercato di rappresentarla in maniera etica, estraniandomi in qualche modo da lei per raccontarne la vita e descriverla nello sviluppo delle sue vicende personali e facendo sì che la citazione divenisse interpretazione solo in alcuni momenti. E’ stato uno studio molto intenso, con Dalida, altra figura femminile che come ben sai interpreto da anni, è stato più facile perché il racconto della sua vita è sempre in terza persona, da fan e spettatrice. In questo altro caso c’è molta politica, molto pensiero e non volevo traslare l’attenzione su questo aspetto, volevo raccontare una vita che si fa azione oltre che sottolineare l’azione umana della sua vita terrena”.
E come è stata la sua vita?
“Una vita molto travagliata, combattuta, di cui lei è sempre stata protagonista, a cominciare dai suoi innamoramenti: diventa cantante perché il suo primo marito Oscar Matus è musicista e la vuole accanto a sé come cantante per sfruttarne la dote canora; poi l’amore profondo per Pocho Mazzitelli suo secondo marito che però muore prematuramente di tumore lasciandola sola e perdutamente innamorata; poi un’altra perdita, quella degli amici, delle persone che le stavano vicino e l’esilio che è la perdita delle proprie radici. Dolori immensi che fanno della sua una vita complessa fino alla sua stessa malattia che la porterà alla morte, morte che lei accetta conscia di aver compiuto una missione alta. Sono innamorata di questo personaggio”.
In che senso?
“Vivere serenamente il proprio dolore fa la differenza. Ho molta ammirazione per questi grandi interpreti che hanno cambiato il loro destino per cambiare il destino degli altri. Quando le hanno imposto di smettere di cantare era cosciente di quello cui andava incontro ma ha cantato. La stessa cosa successe a Dalida quando il direttore dell’Olympia non voleva che cambiasse il proprio repertorio ma eseguisse le canzoni che l’avevano resa popolare. Sai che ha fatto? Si è affittata l’Olympia e ha eseguito il repertorio che voleva lei”.
Chi ti accompagna in questo tuo percorso artistico?
“Sicuramente Pino Ammendola che studia con profondità la vita di questi personaggi e costruisce testi meravigliosi intrisi di emozione e sensibilità. Poi Stefano De Meo, pianista e autore degli arrangiamenti di tutti i miei spettacoli. In Todo Cambia ci affianca anche Pino Jodice chitarrista di altissime doti con il quale ho inciso due dischi la CNI, la mia etichetta, diretta da Paolo Dossena”.
Perché il titolo “Todo Cambia”?
“E’ il titolo di uno dei più grandi successi di Mercedes Sosa, utilizzato anche da Nanni Moretti nel suo “Habemus Papam” ma soprattutto perché è un autentico inno. Quando sembra che nulla possa cambiare invece Todo Cambia. Avere il coraggio del cambiamento, affrontarlo con coraggio, senza paura. C’è una sola cosa, come dice anche la canzone, che non deve cambiare: il cuore”.