07/27/2024
HomeSpettacoloNicasio Anzelmo: “Ogni tempo è il mio tempo”

Nicasio Anzelmo: “Ogni tempo è il mio tempo”

di Mara Fux

Quattro chiacchiere con chi il teatro lo fa, lo ama, lo vive.

“Berretto a Sonagli”,”Romeo e Giulietta”, “Tartufo”, il “Sogno” ma anche “Tre donne in cerca di guai”, “Le fuggitive”: come regista ti piace di più affrontare testi classici o di autore contemporaneo? 

“La differenza tra classico e contemporaneo sta solo nell’epoca in cui è stata concepita dall’autore quella storia, che è sempre una storia che si ripete avendo l’uomo al centro della narrazione drammaturgica. Quante volte abbiamo, riferito ai classici,  detto ‘la storia continua ad essere attualissima’ e riferendoci ai testi contemporanei, è ‘una storia eterna…”. Quando è l’Uomo ad essere il protagonista tutti i testi vanno bene, devi solo scegliere l’autore e la storia che ti piace raccontare. Per cui, per rispondere alla  tua domanda, mi piacciano le belle storie dove al centro l’essere umano è solo con la propria nudità, la propria miseria e la propria dignità”.

Sei docente presso un Istituto Superiore di Studi Musicali dove insegni Arte Scenica e Recitazione ai cantati Lirici: è un ruolo che ti soddisfa? 

“Sì un’esperienza bellissima. L’Istituto in questione è l’Arturo Toscanini di Ribera (Ag), Ente Pubblico a livello universitario, una realtà consolidata, virtuosa ed efficiente dell’Alta Formazione Artistico Musicale (AFAM) di primo e secondo livello con più di 250 studenti provenienti da ben 35 paesi di varie Province Siciliane. Quest’anno arricchito anche dal Dipartimento Jazz. Tra loro ci sono degli studenti di canto lirico, futuri cantanti. Ho la docenza di Arte Scenica 1, 2 e 3 e Movimento con gli studenti del triennio del 1° livello e Recitazione, gestualità e movimento con il biennio di specializzazione di 2° livello. Quando sono con loro mi proietto in un mondo bellissimo: vogliono capire, apprendere, ti seguono. Lavoriamo sui libretti, sulla teoria scenica, sulla storia dello spettacolo. Futuri artisti con voci meravigliose. Quando preparano gli esami o le lauree tutto diventa magico perché lavori anche con le note, con le pause dettate dai compositori, con i personaggi che iniziano a vivere attraverso la musica e le figure di questi ragazzi che si affacciano in questo mondo di spettacolo. Un Istituto dove sono felice di insegnare. Un Istituto di eccellenze grazie al lavoro assiduo e dedicato della Direttrice Mariangela Longo”.

Da 3 anni sei Direttore Artistico del “Calatafimi Segesta Festival – Dionisiache“ che si svolge nel teatro greco di Segesta, una dei più bei siti archeologici d’Italia: come si rapporta la tua creatività con il difficile meccanismo della burocrazia organizzativa del Bel Paese? 

“E’ un martirio continuo. E’ uno dei più importati Festival estivi italiani, in una location spettacolare, a 420 metri dal mare con la scena a picco nel vuoto e con il pubblico che ha vista fino Castellamare del Golfo. Un sito; il più importante dopo quello di Siracusa dove ogni anno passano decine di migliaia di turisti e di spettatoti. La mia Direzione ha fatto decollare il Festival riappropriandosi del proprio territorio di appartenenza. Ho dato al festival  un nome ripreso dalle antiche Dionisie, ho avviato le residenze creative e da subito il territorio ne ha beneficiato con migliaia di presenze: solo a Luglio ed Agosto Calatafimi Segesta, comune dove ricade il sito, ha avuto 2.500 pernottamenti nel 2015 e più di 3.500 nel 2016 con la riconferma degli stessi numeri in questa edizione 2017. Nonostante ci sia sempre la volontà di realizzarlo sorgono mille problemi burocratici che rischiano di farlo saltare. Intoppi legati a leggi e leggine, che per quanto giuste, bloccano e frenano ogni iniziativa. Aggiungici che la Regione Sicilia ci mette sempre il carico da 90 complicandoci sempre di più la vita. Ma nonostante tutto il Festival resiste e speriamo, anche quest’anno! Il Festival si auto sostiene senza alcun contributo, anzi nel 2015 la Regione Sicilia ci ha tagliato 70.000 euro di contributo perché siamo stati virtuosi risparmiando 115.000 euro; per il 2016 la stessa Regione ci ha concesso 8.000 euro di  contributo. Dallo Stato italiano nulla, mai. Quest’anno proverò a fare la domanda al FUS”.

Immagino che non tutti gli spettacoli abbiano riscosso lo stesso gradimento del pubblico al di là dalla bravura degli interpreti: ce ne è stato qualcuno che ti ha colpito particolarmente? 

“Sì ma in senso negativo. Da un artista di nome hai delle alte aspettative e quindi è inevitabile che, pur essendo uno spettacolo di qualità, rimani “colpito” da quello che non ti aspetti: le ciambelle non vengono tutte con il buco. Chiaramente non dirò mai chi. Invece sono colpito favorevolmente dal pubblico che sceglie lo spettacolo a prescindere da chi c’è. Non interessa il cosiddetto nome ma il titolo anche se con illustri sconosciuti. Sono proprio stati molti di questi sconosciuti che hanno riempito il teatro di spettatori con spettacoli bellissimi più dei cosiddetti grandi nomi che abbiamo ospitato. Purtroppo il nostro sistema italiano punisce tale eccellenze perché al di fuori delle Dionisiache non hanno che pochi spazi. Grazie al buon lavoro svolto dai miei  predecessori, Segesta rimane forse l’unico Festival dove si può fare a meno dei cosiddetti nomi tranne rari casi”.

Lo spettatore che entra in teatro ha come aspettative lo spettacolo programmato; lo spettatore di un “festival estivo” ha le stesse aspettative o su di lui incide anche la casualità dell’occasione? 

“Lo spettatore ‘segestano’ è un affezionato al sito, lo frequenta come un rito estivo. Non puoi immaginare l’affluenza del pubblico all’alba (5 del mattino). Non meno spettacolari  sono i tramonti dal teatro durante lo spettacolo (iniziamo le recite alle 19.15). E’ un rito a cui si accodano i tanti turisti che vivono una delle zone più belle della Sicilia. Segesta sta a 30 chilometri da San Vito lo Capo, Castellammare, 25 da Trapani e le Isole Egadi. Senza tralasciare Selinunte, Mothia, Erice, Agrigento, Cattolica Eraclea e Palermo. Il pubblico ‘aspetta’ il Festival: non puoi sapere quanti messaggi mi arrivino già da gennaio per conoscere la programmazione e quante continue visite abbiano la pagina FB o il sito”.

Per ben tre stagioni il tuo “Tre donne in cerca di guai” ha sbancato in tutta Italia con lunghe file di pubblico ai botteghini e da gennaio gira “Quattro donne e una canaglia”: altri progetti in vista? 

“Esatto: 3 con le ‘Tre donne’; adesso ‘Quattro donne’ con altrettanto successo. Il prossimo, dopo 3 e 4,  non poteva che essere che ‘Due donne in Fuga’ con la Laurito e la Zanicchi. Già da adesso ambedue i lavori hanno date che vanno da ottobre ad aprile, caso raro in questi tempi a teatro. In estiva dovrei fare i Menecmi e Romeo e Giulietta; infine un progetto su Penelope e in embrione un progettone su uno dei nostri grandi della storia rinascimentale”.

Regia, insegnamento, direzione artistica ti impegnano tra Roma e la Sicilia: riesci a trovare un po’ di tempo per te?  

“No, non sempre, sono felice però di non avere tempo; nel nostro lavoro a volte capita di stare senza nulla da fare  per mesi, per cui ben vengano tutti gli impegni. Avrò tempo per  me, anche se in fondo facendo questo lavoro  nutro la mia anima sempre”.

Condividi Su:
POST TAGS:
Salvatore Mazza: Un
Armando Quaranta: Yu

redazione@gpmagazine.it

Valuta Questo Articolo
NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO