05/02/2024
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Nino Graziano Luca: Dagli esordi da ragazzo in una radio privata al titolo di Cavaliere al Merito…

di Antonio Desiderio –

È il fondatore della Compagnia Nazionale di Danza Storica e un maestro di ballo tra i più noti nel nostro Paese. Si è avvicinato al mondo dello spettacolo da bambino quando conduceva un programma per bambini nella radio privata del suo paese d’origine e da quel momento per tutta l’adolescenza fino ai 18 anni, ha fatto il dj in discoteca, ha presentato serate di piazza, concerti, concorsi di bellezza e conduzioni per delle Tv private.

Nino, quali sono stati i tuoi approcci al mondo dello spettacolo? 

“Ho scoperto la mia passione per lo spettacolo a 6 anni, calcando il palcoscenico del Teatro dell’Istituto Sacro Cuore di Fiumefreddo di Sicilia, il mio paese di nascita, dove intorno ai 10 anni ho dato anche inizio alla mia prima esperienza radiofonica a Radio Antenna Uno. La gavetta vera e propria l’ho iniziata da adolescente: speaker a Radio Euro Sicilia International, a Radio Etna Espresso; dj in numerose discoteche; animatore nei villaggi turistici; presentatore di sfilate di moda ed eventi come ‘Estaterme’, nei quali ho avuto la fortuna di essere in scena con personaggi del calibro di Gino Bramieri, Sarah Vaughan, Juliette Greco, Severino Gazzelloni, l’Orchestra Nazionale di Francia. Nel frattempo studiavo teatro, danza, comunicazione. Dopo essermi diplomato al Liceo Linguistico di Riposto in provincia di Catania (con 60/60), mi sono iscritto prima alla Facoltà di Scienze Politiche di Catania e, per mantenermi agli studi, ho iniziato a lavorare per alcune televisioni private siciliane. Ho presentato le Finali Nazionali di numerosi concorsi di bellezza, diventando direttore artistico per circa un decennio di ‘Una Ragazza per il Cinema’  e, soprattutto, intorno ai 18 anni, ho presentato il ‘Festival Internazionale del Ballo’ con l’English National Ballet, David e Sharon Savoy, Marcel Peneux, Hurley e Sparky;  Jamalo spettacolo di Afro – jazz e Teatro Danza; il Gala della Danza con Vladimir Derevianko. Aggiungo che dopo essermi trasferito a Bologna per iscrivermi alla Facoltà di Lettere e Filosofia nel corso di Laurea in Discipline delle Arti Musica e Spettacolo, ho comunque mantenuto un legame con la mia Fiumefreddo, lanciando in collaborazione con il WWF, la Rassegna di Cultura ed Ambiente “Posidone”, al fine di promuovere i valori della pace e del rispetto per la natura, ricca ogni anno di premiati di primissimo piano e culminata nel decennale con il conferimento a Sua Santità Giovanni Paolo II;  ho organizzato il “Convegno sul Teatro di Sicilia” in collaborazione con il Prof. Claudio Meldolesi e l’Università di Bologna, sono stato direttore di produzione di tre documentari: “Il Sentiero Ideale” prodotto dal WWF, “Una Leggenda Chiamata Etna” ed il docu-film “Giovanni Verga” per la RAI. Intorno alla metà degli anni ‘90 ho condotto numerosi programmi televisivi per i canali nazionali: “Moda e Vip”, “Qua la Mano” e “Città sul Mediterraneo” per il Circuito Televisivo Cinquestelle; “In…canto sulla Riviera” per Italia 7; “In Viaggio” per Odeon Tv; “Moda” per Stream News. Fui anche scelto in qualità di attore per la sigla della “Festa del Teatro” condotta su Rai Uno da Pippo Baudo che nel 1995 mi ha anche consegnato il Premio “Presentatore Emergente”. L’anno dopo, il 1996, ho commentato il “Festival di Sanremo” per Rete Italia Australia, presentando la serata conclusiva in contemporanea su “Radio Italia solo Musica Italiana”. E tanto altro”.

E i tuoi esordi al ballo? 

“Dopo la prima fase di formazione, in cui ho studiato teatro, danza, comunicazione, illuminotecnica, regia, ecc., ho scelto quello che mi piaceva di più: condurre, dirigere, ballare. Nello specifico, ho trovato nell’armonia della danza una delle mie passioni quando, affascinato da “Maratona d’Estate”, lo storico programma televisivo RAI condotto da Vittoria Ottolenghi, ho cominciato a studiare ‘Storia della Danza’, anche stimolato dalla conduzione degli spettacoli di cui ti ho parlato prima. Poi, durante un viaggio in Scozia, ho partecipato ad uno Stage dedicato alle “Scottish Country Dance” e alle “Danze Sociali” che costituirà l’inizio della mia attività. Sul finire del 1989 mi sono trasferito a Bologna, per iscrivermi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in “Discipline delle Arti Musica e Spettacolo” dove, nel 1990, la Professoressa di Storia dello Spettacolo Eugenia Casini Ropa decise di tentare un esperimento: un seminario pratico/teorico sulle danze sociali dell’epoca col quale mettere in pratica e approfondire i risultati delle ricerche in atto. Da quell’esperimento, sono iniziati i miei primi dieci anni di ricerca, in cui allo studio approfondito dei manuali, alle affascinanti trascrizioni coreografiche, alla pratica, ho abbinato l’allestimento di spettacoli e performance, la collaborazione organizzativa di eventi conviviali a tema ottocentesco, la stesura della mia Tesi di Laurea, le prime collaborazioni all’Università di Bologna e ho soprattutto sviluppato la definizione di “danza storica”. Quando all’epoca gli studiosi preferivano parlare di “danza sociale”, “danza di società”, “danze di Corte”, “early dance” o, più nello specifico, “medieval dance”, “baroque dance”, “regency dance”, io in quegli anni ho puntato a definire il concetto di “Danza Storica”, come il sistema coreico (teorico-pratico) fondato sui Manuali reperiti prevalentemente in Europa a partire dallo scritto di Domenico da Piacenza “De Arte Saltandi et Choreas Ducendi” (databile 1445-1447) in poi. Su tutto questo mio periodo, c’è un meraviglioso articolo che proprio la Profesoressa Eugenia Casini Ropa mi ha dedicato nel 2020, intitolandolo ‘Un Maestro di sogni’”.

Da uomo di profonda cultura e conoscitore quale sei, hai fondato la Compagnia Nazionale di Danza Storica. Cosa ti ha spinto a questo? 

“Prima di tutto, grazie di cuore per queste tue parole. Nel 2000 ho fondato la Compagnia Nazionale di Danza Storica con l’obiettivo di diffondere la mia idea di Danza Storica che ti ho prima descritto, di promuoverla a livello italiano ed internazionale, ma anche con la speranza di dare un importante contributo per ridare la centralità che merita, alla cosiddetta “danza di corte” (ed alle successive emanazioni) nel mondo della Danza. Per questo, giunto a Roma, nel 2000 ho avviato subito una importantissima collaborazione con l’Università di Roma “La Sapienza”, con la Cattedra di ‘Storia dello Spettacolo’ tenuta dalla Professoressa Silvia Carandini che mi ha portato ad un lungo ciclo di lezioni teorico pratiche dal 2000 al 2005. Le lezioni teoriche si tenevano all’Aula 2 di Lettere e Filosofia, mentre quelle pratiche al Teatro Ateneo, grazie al supporto culturale del Professor Ferruccio Mariotti. Da questa esperienza universitaria, cui parteciparono molti studenti che erano sia danzatori che attori, con la Compagnia Nazionale di Danza Storica ho lanciato il primo Corpo di Ballo di Danzatori Professionisti di Danza Storica.  Un paio di anni dopo, ho invece avviato l’attività associativa della CNDS, con delle lezioni da me tenute prima al Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma e successivamente al Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma. Da quel momento con il Corpo di Ballo dei Danzatori professionisti della Compagnia Nazionale di Danza Storica abbiamo fatto tanta strada ma anche l’attività associativa aperta ad appassionati di tutte le età è stata intensa: Gran Balli in costume che sono diventati dei format imitati nel mondo (Gran Ballo di Sissi, Gran Ballo del Gattopardo, Gran Ballo Russo, Gran Ballo Storico, Gran Ballo di Carnevale tra le epoche, Gran Ballo del Regno delle Due Sicilie, XIX Century European Grand Ball) Tè Danzanti, Corsi di Danza Storica, Stage di approfondimento, Conferenze, Mostre e Gran Balli delle Debuttanti finalizzati alla promozione della danza storica. Nel 2009 ho pubblicato il libro ‘Gran Balli dell’800. Da Via Col Vento al Gattopardo’ (Armando Curcio Editore) nel quale ho proposto il risultato dei miei primi vent’anni di studio in tutta Europa sul tema della Moda, Danza, Bon Ton tra il tardo ‘700 e gli inizi del ‘900. Il libro ha ottenuto i patrocini della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Ambasciata d’Austria ed è stato presentato tra l’altro alla Camera dei Deputati e all’Ambasciata d’Austria. Nell’ottobre del 2017, giunto alla quinta ristampa, è stato pubblicato in versione economica. Nel 2019 è stato tradotto in inglese”.

La ricerca delle tradizioni e gli usi che rappresentano una realtà. Credi che questo oggi sia stato perso? 

“Assolutamente no. Io considero la tradizione come la trasposizione concettuale generale di ciò che nel piccolo di ogni singola famiglia, un genitore ha saputo trasmettere ad un figlio. Le tradizioni siamo noi, le nostre radici, la nostra cultura, la nostra identità. Ciascuno di noi, anche il più moderno sulla Terra, è il risultato di un processo che parte da lontano. Un popolo senza tradizioni è come un palazzo senza fondamenta: non può resistere alle intemperie e, forse anche peggio, non può proiettarsi verso l’alto, non può ragionare sul domani, perché è instabile. La tradizione è stata ed è importante in ogni epoca, in ogni cultura o civiltà perché rappresenta la stabilità, il senso della continuità tra ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che saremo. In un’epoca di cambiamenti continui, repentini, inattesi, pur essendo chiamati ad adeguarci (ed oramai ci siamo anche abituati a farlo), tutti noi sentiamo il bisogno di tanto in tanto di certezze, ed il rifugio delle tradizioni, il senso di continuità che ci trasmettono, rappresenta un’autentica coccola. Credenze, pratiche, usanze, costumi, danze, tramandate di generazione in generazione, per fortuna interessano non solo gli storici di professione ma chiunque, in quanto la tradizione emoziona le persone, esortandole ad un maggior senso di consapevolezza di sé pur nella rispettosa interazione con “altri da sé”. In molte aree del mondo, la ritualità guida al mantenimento di un’identità di gruppo (o individuale) e non solo nei contesti tribali ma anche in quelli più civilizzati dove, nel rispetto del melting pot, delle pluralità, la convivenza di più tradizioni è un indiscutibile arricchimento per quelle società. Credo addirittura che nell’imperante globalizzazione che ci proietta sempre più verso una sorta di uniformità/uniconformismo planetari, le tradizioni possono giocare un ruolo di equilibrio nel preservare le diversità. In ultimo, come sai, io amo le tradizioni ma anche le mode e, di recente, nell’aver visto come i giovani siano attratti nella moda dal “second hand”, dal vintage, ho finito per sentire come più vicini, due mondi che sono sempre stati molto lontani”.

La tua compagnia, presente in tanti importanti eventi, è stata anche partecipe di importanti pellicole cinematografiche. Vuoi parlarcene? 

“Con la Compagnia Nazionale di Danza Storica abbiamo girato due film Disney, “Rosaline” diretto da Karen Maine (una commedia romantica americana che rivisita in tono leggero, con ironia e divertimento puro, una delle storie d’amore più popolari al mondo: “Romeo e Giulietta”) e “I Leoni di Sicilia” diretto da Paolo Genovese (serie televisiva in 8 puntate, tratta dall’omonimo romanzo di Stefania Auci che narra le vicende dei Florio, famiglia di imprenditori che nella Sicilia dell’Ottocento divenne una delle più ricche e influenti in Italia); abbiamo portato in scena gli eventi per il Lancio Mondiale della seconda stagione di “Bridgerton”; abbiamo condiviso la gioia dei successi degli spettacoli “Gran Ballo con Roberto Bolle”, del “Festival Internazionale della Danza” con la compianta Carla Fracci, del “Taormina Arte Festival con Claudia Cardinale”, del Teatro dell’Opera di Astraskhan in Russia, dello Sferisterio per il “Macerata Opera Festival”, del “Festival Pucciniano di Torre del Lago”, di “Taobuk 2023”; abbiamo avuto la piacevole sorpresa dei sold out nella stagione ufficiale di Opera e Balletti del Teatro Massimo Bellini di Catania oppure al Gran Teatro di Padova; abbiamo allestito l’evento per il Bicentenario del Congresso di Vienna a Schonbrunn e quello per il cinquecentenario della nascita della duchessa Eleonora di Toledo a Palazzo Medici di Firenze; il celeberrimo “Gran Ballo dell’800” per il Re e la Regina della Malesia a Kuala Lumpur allestito anche per i Cavalieri di Malta nel Palazzo Storico di La Valletta, in Ungheria a Budapest, alla Reggia di Caserta, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano ed al Teatro dell’Opera, Teatro Sociale di Como”.

Di recente sei diventato docente universitario ed insignito del Titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana con facoltà di fregiarti delle relative insegne dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quali responsabilità senti? 

“Sono fortemente grato, riconoscente, e sento la gioia di essere ancora più accreditato nell’opportunità di condividere, trasmettere, il mio amore per il Bello, per la cultura, per la ricerca, per lo studio, per quei principi fondamentali in cui credo da sempre: l’onestà, la lealtà, il rispetto, la gratitudine. Ricevere l’onorificenza al Merito della Repubblica Italiana, l’OMRI – che è il più alto degli ordini della nostra Repubblica di cui è capo il Presidente – è stata un’autentica emozione che mi riconduce -per tornare ad una tua domanda precedente- ad una “tradizione familiare”: mio nonno Gaetano, era stato nominato Cavaliere”. 

L’arte per te in una sola parola…

“Il Bello! Per me, che ho sempre amato l’armonia, l’arte non può che essere l’espressione del Bello, il compendio di tutte le attività creative umane, capaci di emozionare e trasmettere messaggi. Viva l’Arte, viva la Cultura, sempre”.

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