04/28/2024
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Corrado Rizza: La storia del mondo delle discoteche della Capitale

di Silvia Giansanti –

Di recente in collaborazione con Cristiano Colaizzi, è uscito il libro “Roma Disco Playlist, 1965-1995” un libro originale da leggere e da ascoltare

Dalle consolle alla scrittura, il passo è stato breve per allargare i suoi orizzonti. Corrado Rizza è un nostalgico, si definisce analogico, perché é figlio di quei tempi andati in cui le discoteche pullulavano con i dj più famosi dell’epoca, tra cui spicca il suo nome. E per molti nomi del passato, non è stato affatto facile trovare subito l’aggancio giusto. Oggi vive a Miami, ha una sua famiglia e ha proseguito a svolgere la sua attività, essendo catalogato come un dj americano. E’ soddisfatto di aver cambiato Paese dal punto di vista meritocratico. Ha avuto anche la fortuna di suonare a casa di Phil Collins.

Corrado, da dj a scrittore. Parliamo di quella che è stata la tua evoluzione.

“Dopo l’esperienza da dj ho deciso di divenire producer, giusto per allargare i propri orizzonti. Ad un certo punto ho capito che la comunicazione deve essere a 360 gradi. Ho sempre frequentato librerie e mi sono sempre interessato a molte cose. Mi definisco un combinatore, visto che ho creato tante compilation, ho lavorato con la Hit Mania e ho avuto il desiderio costante di assemblare. Il primo libro che ho fatto è stato sui Beatles. Ho trovato in un mercatino per via della mia deformazione professionale, alcune foto dei Beatles, risalenti al 1965. In quell’occasione vennero a Roma all’Adriano. Ho così messo il tutto a disposizione della comunità, dando vita ad un libro e intervistando tutti coloro che conobbero il gruppo. Ecco come è iniziata questa mia attività editoriale”.

Altri libri?

“Sono seguiti uno sul Piper, poi uno sulla lingua italiana che è stata storpiata in inglese. Ho scritto anche qualcosa con e su Marco Trani, un mio carissimo amico, nonché storico dj che purtroppo è scomparso”.

Adesso è uscito il nuovo libro.

“Insieme a Cristiano Colaizzi abbiamo raccolto tanto materiale e anche qui vige la deformazione professionale delle compilation e delle storiche cassette che abbiamo sbobinato in un secondo momento. E’ nato quindi un libro che dal 1965 al 1995 racconta i locali romani e i dj che hanno ricoperto un ruolo importante e, attraverso un QR Code, ci si può collegare a Spotify. Quindi è un libro da leggere ma anche da ascoltare. Abbiamo coniugato l’analogico con il digitale. Oggi siamo arrivati a cose che fino a ieri erano impensabili”.

Sei un nostalgico?

“Sì, dentro sono rimasto analogico, visto che sono nato nel 1961. Mi servo della parte digitale anche oggi quando lavoro per location a Miami. Francamente è molto comodo non portarsi più in giro chili di vinili che pesano. Inoltre i posti non sono più attrezzati per questo. Comunque so lavorare molto bene con i computer, intendiamoci. Però è stato interessante assistere ad un’evoluzione, abbiamo visto dei passaggi epocali”.

Come sei diventato un vero dj?

“Ho iniziato questo lavoro entrando dalla porta di sevizio. Verso la fine degli anni ’70 quando ero all’ultimo anno di liceo, frequentavo Best Record, il famoso negozio di dischi in zona Prati a Roma di Claudio Casalini. Lui aveva capito che i dj erano pigri e quindi non si recavano lì per sentire i dischi. Così mi propose di portarli ai dj durante le serate nei locali maggiori e minori. Così feci. Ecco dove ho conosciuto i vari professionisti come Marco Trani, In seguito divenni il suo braccio destro. Da lì è partito tutto, fino ad arrivare a importanti locali come Il Gilda.  Comunque dovetti faticare. Una volta imparata la professione, all’inizio non trovavo posto come dj nei locali e quindi sono andato nei villaggi Valtour, dove ho conosciuto e ho lavorato con Fiorello che arrivava da un’esperienza come cameriere”.

Cosa pensi delle nuove generazioni?

“Non è colpa loro se si sono persi anni magici. Ci sono molti ragazzi che comunque si documentano e che sono alla ricerca di provare quelle sensazioni di un tempo. L’ho visto con mio figlio di diciassette anni che ha maneggiato vinili, prendendo in mano una puntina. Ha vinto il progresso che però in certi aspetti è un regresso”.

Perché?

“Oggi troppe persone si espongono sui social per fare i comici e quant’altro. Tutto questo mi fa riflettere. Vengo da una generazione più composta e meno sfacciata, dove magari ci si vergognava ad andare davanti ad un microfono o a mostrarsi davanti ad una telecamera. Oggi non si fanno più sacrifici, ci sono personaggi che vanno avanti solo per i followers e non perché siano dotati di un particolare talento. A me fa effetto tutta questa sfacciataggine e in questo i media sono purtroppo complici”.

Tornando al libro, com’è nata l’idea?

“Insieme a Cristiano Colaizzi, a Massimiliano Baiocchi (tecnico luci del Piper), Paolo Micioni, Massimo Buonerba ed Elisabetta Graziani, abbiamo dato vita sui social ad un gruppo denominato ‘Vent’anni di Roma by Night’, un gruppo molto seguito soprattutto durante la pandemia. Così è nata l’idea di raccogliere in un libro tutto quel materiale a disposizione. Si parte dal 1965, anno di apertura del Piper al 1995, anno in cui sono cambiate un po’ di cose soprattutto per i dj resident. E’ venuto fuori un libro unico al mondo”.

© Foto di Diego Ciaramella

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