04/26/2024
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Psico-pandemia: Gli strascichi nella mente umana

di Marialuisa Roscino

Il lockdown, conseguenza importante della pandemia da Covid-19 e metafora del sentirsi “chiusi dentro” da fragilità e scoramento, ha rappresentato un periodo difficile nella vita di moltissime persone, tanto da generare degli effetti significativi anche dopo. Abbiamo pertanto ritenuto fondamentale affrontare in questa intervista, questo argomento, come opportunità di analisi da parte della dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, dei cambiamenti così importanti nei processi culturali che ci appartengono

Dottoressa Lucattini, si è parlato, in moltissimi casi, di stress post traumatico nei pazienti, dopo avere contratto l’infezione da Covid-19, può spiegare come il Covid-19 ha influenzato la salute mentale delle persone?

“Il Covid-19 provoca una malattia (la SarCov2) che non somiglia a nessuna di quelle a cui siamo abituati. Certamente, non è un’influenza. Inoltre, molto spesso i disturbi proseguono circa tre mesi dopo la negativizzazione, sono insoliti perciò sconcertano. Sintomi caratteristici sono: insonnia con risveglio intorno alle cinque del mattino, grandissima stanchezza, problemi di attenzione e concentrazione e “nebbia nella mente” (brain fog). Questi disturbi “anomali” in alcune persone causano un forte disagio psicologico e preoccupazione. A livello inconscio costituiscono un vero e proprio trauma non sempre semplice da superare”.

Quali sono le esperienze più significative raccontate in particolare, dai suoi pazienti, dopo la fase del lockdown? E come è possibile, secondo lei, andare oltre il lockdown per i pazienti che ancora ne soffrono gli effetti?

“Durante il lockdown, le reazioni sono state diverse: alcuni hanno avuto ansia da sequestro e claustrofobia, altri si sono sentiti protetti rispetto un pericolo esterno. Ne hanno risentito maggiormente le persone prive di disturbi psicologici o con lievi malesseri emotivi, che non hanno avuto o richiesto un supporto psicologico. Il lockdown e le successive restrizioni hanno traumatizzato soprattutto adolescenti e anziani, benché abbia causato un forte contraccolpo su tutti. Il lockdown rappresenta uno spartiacque con cui è necessario confrontarsi; ha ‘segnato’ il nostro tempo interiore e trasformato le nostre vite. Non lo si può ignorare e per disinnescare i suoi effetti negativi (ansia, insonnia, fobie, depressione), bisogna parlarne. Solo così, il tempo si rimette in moto e non galleggiamo in un presente immobile, post-traumatico”.

Lei ha curato anche un libro insieme a Monica Horovitz, dal titolo “Psicoanalisti in lockdown”, riguardo a tutte le testimonianze raccolte di una situazione difficile e complessa che anche voi psicoanalisti avete dovuto fronteggiare in prima linea, cosa a suo avviso, più profondamente, ha infierito “a livello cognitivo”, in moltissime persone?

“Ciò che più ha nuociuto, è stato il non avere un gruppo di riferimento con cui scambiare sensazioni, emozioni, impressioni e idee. L’isolamento deprime e la solitudine è una cattiva consigliera. Le persone nascono con qualcuno e crescono all’interno di relazioni affettive. Ci muoviamoci nel mondo sempre in compagnia del nostro “gruppo interno”, metaforico e reale. Siamo costantemente in compagnia delle persone che amiamo e che ci amano. Quando un trauma scompagina la nostra vita, allontana anche i nostri affetti, poiché non ci permette di ricordarli e rievocarli. Se siamo impauriti, demoralizzati o in lutto, i pensieri s’impoveriscono. Il gruppo di lavoro nel nostro caso, ma anche amici e persone care, aiutano a conservare la capacità di pensare e a restare in contatto con se stessi”.

Come, secondo lei, la pandemia ha cambiato la nostra vita?

“Ci ha costretto a cambiare ritmi e abitudini. La crisi economica successiva e i diversi assetti internazionali hanno trasformato la nostra vita quotidiana, limitandola. In senso costruttivo, però, abbiamo scoperto un nuovo modo di utilizzare la tecnologia, sempre più a scopo lavorativo e didattico, e come modo per mantenerci in contatto, anziché principalmente ludico-ricreativo. Ha esteso il desiderio di incontrarsi di persona, il piacere di abbracciare e dare strette di mano, il bisogno di stare insieme, di celebrare le ricorrenze, di festeggiare. Si osserva infatti, una diffusa riscoperta della socialità non più relegata alle grandi occasioni e non data più per scontata”.

Quali effetti in particolare, la pandemia ha avuto sui giovani?

“Gli effetti sugli adolescenti, purtroppo, non sono molto positivi. Il non aver potuto vivere le esperienze della loro età, durante il lockdown, in una fase di rapida crescita e sviluppo, ha senz’altro rallentato alcuni processi di maturazione psicologica e messo in evidenza le criticità. È necessario non scoraggiarsi e non essere pessimisti, ma propositivi. Bisogna adoperarsi, affinché ci possa essere una modulazione delle richieste sociali, dentro la famiglia e da parte della scuola. Al contempo, vanno messi in campo una serie di correttivi rispetto alle abitudini precedenti. I giovani devono essere aiutati, incoraggiati, rinforzati. Bisogna avere pazienza e dare loro il tempo di crescere. Se messi nelle condizioni giuste, recupereranno rapidamente lo svantaggio accumulato e la piena crescita. Hanno già subito tanto stress, in questo momento, è necessario metterli nelle condizioni migliori per ripartire, per rimettersi in moto e recuperare a livello emotivo e psicologico, il tempo ‘congelato’ dalla pandemia”. 

Dottoressa Lucattini, il lockdown rappresenta propriamente la metafora del sentirsi “chiusi dentro” da fragilità e scoramento, quali consigli si sente di dare a chi, per via degli effetti della pandemia, in momenti difficili, soffre ancora questa condizione psicologica, caratterizzata in particolare, da depressione e ansia?

“Stare in compagnia. Cercare gli amici senza stancarsi anche quando non rispondono; tutti si sono un po’ mentalmente “impigriti”; Uscire dalla “tana”. Fare sport, possibilmente all’aria aperta e in compagnia; Essere costruttivi. Non gettarsi in progetti avventati, “tanto per smuovere le acque”; pensare qualcosa che abbia un senso e sia positivo; Farsi coraggio. Non vergognarsi di come ci si sente: a volte, immobili, svogliati, tristi, confusi, tutti stati d’animo molto comuni, effetti tipici della pandemia e dei cambiamenti che essa ha generato; Prendersi cura di sé. Bagni caldi, parrucchiere, barbiere, estetista, beauty-farm, buon cibo, non dimenticare mai screening, accertamenti e visite programmate; Chiedere aiuto. Quando ci si sente giù, se gli amici e la cura di se stessi non bastano, se si ha bisogno di chiarirsi le idee, è il momento di rivolgersi ad uno psicoanalista. È sempre bene chiedere supporto e sostegno vincendo timori e pregiudizi, senza aspettare “che passi”. Lo psicoanalista, oltre che un professionista, è anche un “buon amico”, sincero, attento, presente, nei momenti difficili e nella ritrovata gioia”.

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