07/27/2024
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Stress da lavoro e aumento dei disturbi alimentari colpiscono anche chi studia

di Marialuisa Roscino –

Ne parliamo con Adelia Lucattini,  Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association 

Dottoressa Lucattini, quali sono i principali fattori che contribuiscono all’aumento di sindrome da burnout tra i lavoratori e giovani che studiano? 

“Alcune delle cause che portano allo stress da lavoro sono gli eccessivi carichi lavorativi e i problemi relazionali sul posto di lavoro che causano un inevitabile esaurimento psicofisico, poiché sono microtraumi quotidiani “cumulativi”. Nello specifico, le smisurate incombenze lavorative protratte nel tempo, la mancanza di controllo sul proprio lavoro soprattutto in presenza di mansioni non chiare, il distacco dall’ organizzazione a cui si appartiene, l’isolamento o il mancato inserimento in un gruppo di lavoro e un basso senso di appartenenza; un clima teso e rancoroso tra colleghi in assenza di un ambiente organizzativo normalmente supportivo, necessario per detendere le situazioni stressanti; l’insicurezza lavorativa che va dalla preoccupazione di perdere la propria posizione (demansionamento) alla paura di perdere il lavoro; e infine il mancato di riconoscimento del lavoro svolto, delle capacità e dell’impegno profuso, sono tutti fattori che generano disagio psicologico, stress e burnout”. 

Quanto incidono ambiente di lavoro e ruolo del datore di lavoro?

“In questo, vi è sempre una responsabilità, anche se non sempre consapevole, del datore di lavoro e di coloro che sono incaricati della gestione dei lavoratori. A parte la personale tendenza al perfezionismo del lavoratore o la sua idealizzazione del lavoro, il non saper valorizzare l’impegno e indicare strategie alternative, ha un ruolo determinante. Alcuni studi riportano che talvolta, i motivi della cattiva gestione del personale può essere dettata da una conoscenza limitata delle situazioni che portano allo stress lavoro-correlato, delle sue dinamiche psicologiche individuali e gruppali. Altre volte invece, dettata da situazioni oggettive, sovraccarico di lavoro per mancanza di personale, ad esempio, che va oltre le capacità oggettive del datore di lavoro. Il burnout non esiste fuori dal lavoro, è una sindrome, una malattia lavorativa a  causa delle difficili condizioni di lavoro e della mancanza di strategie preventive”.

In che modo lo stress da lavoro e gli alti standard accademici influenzano nei giovani con il cibo e l’immagine corporea?

“Lo stress da lavoro e la pressione psico-emotiva dovuta allo studio, oggi possono colpire a tutte le età. Questa crescente tensione ha un impatto diretto sulla salute mentale e fisica delle persone e può favorire l’insorgenza di disturbi alimentari. Infatti, lo stress intenso e prolungato, sul lavoro o nello studio, possono generare binge eating, anoressia e bulimia. Molte persone trovano nel cibo conforto e consolazione, soprattutto nei dolci che, com’è noto, per la presenza di zuccheri raffinati danno un flash, un benessere mentale, in parte assimilato a quello procurato da alcune droghe. Inoltre, l’introduzione eccessiva o insufficiente di cibo, è anche una forma di controllo delle ansie persecutorie (che vengono metaforicamente “divorate” nella bulimia) o tenute a distanza (nell’anoressia o scarsa alimentazione), aggravando ulteriormente il problema psicologico e depressivo, proprio per l’eccessivo aumento o drammatica perdita di peso, con un’inevitabile cambiamento della propria immagine corporea e della rappresentazione di sé”. 

Perché, a suo avviso, in queste situazioni è determinante una diagnosi precoce e l’intervento soprattutto all’interno delle equipe multidisciplinari?

“Più difficilmente il burnout colpisce lavoratori autonomi, poiché una componente fondamentale nel suo instaurarsi, sono l’istituzione e il gruppo di lavoro. Inoltre, i lavoratori autonomi riescono a trovare una sorta di autoregolazione, mentre nel lavoro istituzionale, in gruppo o in equipe multidisciplinare, i lavoratori ricevono moltissime pressioni e poche gratificazioni. Per una buona attività di equipe, è necessario che i dirigenti si impegnino attivamente per favorire una comunicazione che apra al confronto e impedisca scontri improduttivi”.

Quali sono i segnali precoci a cui i genitori e i giovani dovrebbero prestare attenzione per riconoscere l’insorgenza di un disturbo alimentare o l’aggravamento di uno già esistente?

“I disturbi alimentari collegati allo stress da studio e lavorativo non sono quasi mai causati da disturbi psicologici preesistenti. Vi è una correlazione diretta tra tempi e ritmi di studio, cambiamento dello stile di vita, isolamento, sedentarietà e modificazione delle abitudini alimentari”.

Può condividere qualche consiglio pratico su come genitori ed educatori possono supportare i giovani nell’affrontare lo stress e prevenire i disturbi alimentari?

“Per prevenire i disturbi alimentari da burnout è necessario intercettare precocemente la depressione e prestare molta attenzione al cambiamento delle abitudini, anche in studenti che già abitualmente siano molto dediti e poco inclini ad uscire o a fare vita sociale. Si nota una esacerbazione di questa tendenza una ulteriore chiusura e soprattutto una progressiva difficoltà ad andare a studiare e a sostenere gli esami, più in là diviene evidente il ritardare la compilazione della tesi o rinviare le revisioni da parte del proprio professore”.

Che ruolo può giocare lo sport in queste situazioni?

“Lo sport può prevenire il burnout, sia perché vi è uno scarico della tensione sia perché è gratificante, mette inoltre in contatto con il proprio corpo e favorisce la produzione di endorfine endogene. Inoltre, aumenta la socialità al di fuori del posto di lavoro o dell’università. Una volta però che si sia instaurato il burnout, questo va curato con una terapia psicoanalitica, talvolta sono necessari anche farmaci prescritti dallo psichiatra. Solo quando la persona comincerà a rimettersi, comincerà o riprenderà a praticare sport. È noto che la depressione causa stanchezza fisica e mentale, per cui è complicato praticare uno sport quando si sta male, ma prima che questa si instauri o quando sta scomparendo certamente è un’attività consigliata, qualunque sport va bene, ciò che conta è che piaccia e lo si pratichi con piacere. Poiché chi soffre di burnout si sente insicuro ed è schiacciato da un senso di inadeguatezza, chiaramente lo sport non può essere imposto, può essere indicato ma poi deve essere scelto”.

Qual è l’importanza di una comunicazione aperta e di un valido supporto psicoanalitico per coloro che stanno lottando con i disturbi alimentari causati dallo stress da lavoro e dagli studi?

“È cruciale che le persone riconoscano i sintomi tempestivamente e cerchino aiuto sempre, affinché la situazione non si cronicizzi. Gli effetti del burnout si instaurano lentamente, ma persistono a lungo, se non affrontati, compresi i disturbi alimentari che ne derivano andando ad aggravare la situazione. Il benessere psicologico e la salute mentale devono essere sempre una priorità, sia sul posto di lavoro, che nelle Università. Il sostegno psicoanalitico è un aiuto valido in ogni momento di difficoltà ma nel burnout, è indispensabile, poiché non è un disturbo che regredisce da solo, neppure in persone che precedentemente godevano di buona salute psicofisica. Una volta che i sintomi siano comparsi e i disturbi alimentari stabilizzati, è necessario ricorrere alla consulenza psicoanalitica per valutare un trattamento psicoanalitico breve (incentrato sul problema del burnout) o prolungato. Nella terapia psicoanalitica si lavora sul “qui et ora”, sui problemi e le difficoltà del momento e al tempo stesso, si affrontano gli aspetti inconsci del proprio disagio, in modo da conoscersi sempre meglio e col tempo affrontare autonomamente le proprie difficoltà”. 

Quali consigli si sente di dare in particolare ai giovani che si sentono sotto stress e che riversano il loro disagio attraverso un’alimentazione non equilibrata?

“Chiedersi che cosa sta succedendo e quali siano le ragioni profonde dietro il disordine alimentare; Utilizzare le “crisi” (abbuffate, vomito e dieta estrema) per rendersi conto che i livelli di stress e disagio sono alti e fuori controllo; Comprendere che il cibo non è mai il problema, l’equilibrio interiore è la base di un’alimentazione equilibrata; Prestare attenzione ai ritmi di studio e di lavoro, est modus in rebus, mai eccedere rinunciando definitivamente a amicizie, sport e svago. Un conto sono “le chiuse” a tempo sotto esame, un altro conto chiudersi in se stessi e nella propria stanza; Nel lavoro come nello studio è necessaria passione, dedizione e impegno, quando però queste qualità vengono svalutate, ignorate o derise, è necessario parlarne subito con qualcuno di fidato, con i genitori, gli amici e i professionisti per non cadere nella trappola dell’aumentare l’impegno che giorno dopo giorno porta al burnout; Sapere che la prevenzione è l’arma migliore per il proprio benessere psicologico e fisico,  intervenire pertanto, il prima possibile, alle prime avvisaglie di disagio o disordine alimentare. Consultare uno psicoanalista con cui definire la situazione che si sta vivendo e sciogliere la sofferenza, affrontando i nodi interiori per ritrovare efficienza e serenità”.

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