04/20/2024
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Eleonora Pariante: Gli ingredienti di un’attrice

Come passare da un ruolo all’altro per essere attrice al 100 per cento

di Mara Fux

Eleonora Pariante è una di quelle attrici che si vede lontano un miglio che ha studiato. E’ salita sul palco per la prima volta a 17 anni e da allora non si è più fermata.

Tanto teatro, un po’ di cinema, quel punto giusto di televisione: è la ricetta giusta per essere oggigiorno una buona attrice? 

“Una buona attrice è un essere umano che si assume la responsabilità di ciò che fa, di ciò che dice e che pensa al 100 per cento, in questo modo diventa un’artista sempre capace ad essere autentica e credibile, che riesce con onestà a trasfondere in quello che fa, ciò che sente”.

Nella tua realtà di donna, sei brillante ed eccentrica come ne “il toy boy di mia madre”, elegante e civettuola come la Celimene de “Il misantropo”, scontrosa e bizzosa come Caterina de “La bisbetica domata”?

“Posso dire tutte e quattro? Forse l’unica cosa che non sono davvero è bizzosa, diventando adulta (da poco!) ho imparato che i capricci non servono a nulla, preferisco conquistarmi le cose. Col tempo credo di essere diventata un po’ scorbutica nel senso che so bene quello che voglio e non mi va di perdere tempo. Detesto i convenevoli e le smancerie legate alla superficialità di certe situazioni. Preferisco andare dritta al punto, ma questo forse a volte mi rende un po’ brutale.  Eccentrica, a me sembra di non esserlo”.

Un ruolo che, vedendolo in scena, avresti voluto interpretare tu? 

“Per anni ho desiderato poter interpretare Blanche Dubois in ‘Un tram che si chiama Desiderio’. E’ più di  recente invece, anche perché sarebbe un ruolo per me più difficile da sostenere, una sfida da vincere visto che  i ruoli brillanti sono davvero i più complessi da affrontare, quello di Sugar in ‘A qualcuno piace caldo’. E poi mi piacerebbe moltissimo interpretare il ruolo di Maria nel lungometraggio che ho scritto ma il mio produttore mi ha chiesto di scegliere. O la regia o la recitazione. E’ un film complesso che si svolge in un convento durante la Santa Inquisizione, quindi poiché è davvero una mia creatura, preferisco accompagnare il film come un genitore e mettere tutta l’attenzione, la cura, la creatività nella regia. Vedremo…”.

Angela Danesi, che hai interpretato in “CentoVetrine”, è una donna complessa a tratti cattiva. Interpretare un ruolo negativo non può influire negativamente sul rapporto con il pubblico? 

“Il ruolo della Danesi era complesso, sai nelle soap in genere i caratteri sono tagliati, i buoni e i cattivi. Angela era una donna disperata, che per amore si spingeva fino a compier un’azione terribile tanto da finire in una clinica per malattie mentali. Per anni gli attori non hanno amato  interpretare i cattivi; con la nuova cinematografia, legata alla delinquenza si è sdoganato anche il ruolo del cattivo. Il pubblico si affeziona anche a quelli”.

A che età sei salita la prima volta su un palcoscenico? 

“Ah che ricordi! Avevo 17 anni, con Duccio Camerini facemmo ‘La scuola delle mogli’ di Molière, dove interpretavo Agnese. Ancora ricordo il monologo”.

Recitando in quale spettacolo ti sei poi convinta che avresti fatto l’attrice per professione? 

“E’ stato dopo due o tre anni che lavoravo con Camerini, avevamo fondato una compagnia di giovani, mi sono detta che mi piaceva fare quello che stavo facendo. Vengo da una famiglia che ha fatto cinema tutta la vita. Sapevo bene cosa significava. Quando dissi a mio padre che volevo fare l’attrice, la prima cosa che mi disse fu: ‘Bene, studia e preparati al meglio per esserlo!’”.

Spesso abbracci progetti come regista o autrice di cortometraggi. Curiosità, voglia di sperimentarsi o che altro? 

“Credo che il caso non esista; ad una lettura della mia vita artistica,  potrebbe sembrare che io abbia iniziato per caso a scrivere per il teatro, per caso a fare la regia di alcuni spettacoli, ma in realtà è stato un naturale convogliare tutto quanto appreso e imparato e soprattutto, amato, negli anni. Accettare di sostenere la prima regia un po’ mi preoccupava ma poi ho visto che quello che facevo veniva bene. Il pubblico si appassionava si divertiva e apprezzava quello che vedeva e vede e propongo, quindi proseguo. In realtà poi io sono una che pensa per immagini, amo moltissimo il cinema, i fumetti i disegni animati, mi piace raccontare cose concettuali in modo semplice ed emozionante, e rendere le cose semplici ficcanti, efficaci… proseguo?”

A fine gennaio sarai al Teatro Anfitrione ne “La Bisbetica Domata” di Shakespeare diretta da Marco Belocchi: ti era già capitato di interpretare Caterina? 

“No, mai prima e ne sono felice. Caterina è uno di quei personaggi niente affatto semplici. Shakespeare dopo secoli è imbattuto. Nessuno come lui è riuscito sempre a  raccontare l’animo umano in modo suggestivo, mai ovvio, ha trasformato in oro le parole che raccontano le vicende dei suoi personaggi, ha osato rivelare con parole chiare ed inequivocabili tutte le sfumature dei sentimenti umani, dai più nobili a quelli più abietti. Sono molto orgogliosa che Marco Belocchi veda in me un’attrice con la quale poter collaborare”.

Una buona ragione per non perderselo?

“Marco riesce a realizzare sempre spettacoli belli, interessanti, con un punto di vista che spiazza e sorprende, lavora poi alla traduzione ed all’adattamento del testo per mesi e pur rispettando moltissimo la filologia li rende sempre attuali, di facile fruizione, divertenti insomma: non vedo l’ora di vederlo anch’io!”.

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