04/28/2024
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Giuseppe Tedeschi: Un grande uomo che vive di musica, pittura e arte a 360 gradi”

È raro trovare un personaggio che raccoglie attorno a sé assoluti talenti che lo rendono protagonista in vari segmenti del mondo artistico, tanto da ricevere onorificenze ovunque. Il Maestro Tedeschi è uno di questi e per noi è un onore ospitarlo all’interno della nostra rivista.

Maestro Tedeschi, facciamo conoscere ai nostri lettori la tua persona, poliedrica e molto interessante. Come ti sei avvicinato all’arte, alla pittura e alla musica?
“Ringrazio voi e da parte mia tutto il rispetto e la mia gratitudine a chi leggerà dedicandoci il suo tempo. Sin da quando ho memoria il mio unico interesse era disegnare, dipingere, suonare il pianoforte, cantare e cercare comunque di realizzare qualsiasi progetto creativo mi venisse in mente, spesso mettendo a soqquadro casa e a dura prova la pazienza dei miei genitori e delle mie sorelle. Quindi per rispondere a questa domanda, in realtà molto difficile, devo dire che il mio avvicinamento all’arte è stato una necessità interiore e naturale da sempre. Da allora fino a oggi tanta pittura, tanta musica e tanta vita”.
In passato eri nelle Forze dell’Ordine. Come è successo un cambio così importante?
“All’epoca il servizio militare era obbligatorio e certamente la tentazione di evitare questo anno di servizio alla Nazione, servizio che molti erroneamente all’epoca consideravano tempo perso, era diffusa. È un mio tratto caratteristico la mia natura di cercare sempre di portare a termine le cose che inizio, o comunque provare a fare tutto nel modo migliore, oppure di non farlo proprio. Avendo già conseguito più di una laurea, ed essendo risultato più che idoneo (abile bersagliere) alla visita militare, i famosi tre giorni, tentai il concorso per allievi ufficiali di complemento, e all’interno di questa realtà, avendo anche una laurea in legge, chiesi poi di accedere alla selezione per svolgere il servizio di prima nomina nell’Arma dei Carabinieri. Essere preso come Ufficiale di Complemento nell’Arma fu la cosa più bella che in questa circostanza mi potesse capitare. Un’esperienza che segnò profondamente la mia vita insegnandomi valori come il servizio alla patria e al prossimo, e portandomi nel contempo a vivere esperienze e ad avere sulle spalle responsabilità che oggi sarebbero inimmaginabili considerando l’epoca difficile in cui ebbi l’occasione di viverle. Comunque in quel periodo del servizio militare non persi tempo come artista e ricordo che alla scuola ufficiali di Artiglieria di Bracciano, da dove sono partito con il corso AUC per poi passare ai carabinieri, organizzai su richiesta del Generale comandante la scuola, una mega regia per il presepe vivente durante la quale avevo 40 di febbre, ma non mollai, e andò tutto bene, e durante il servizio attivo come ufficiale realizzai diversi dipinti, uno dei quali è tuttora esposto nella caserma del IV battaglione Carabinieri Veneto dove prestai servizio, al circolo ufficiali. Andai spesso a cantare anche alla Basilica di San Marco a Venezia e in altre realtà del Veneto organizzando e dirigendo un piccolo coro amatoriale di quelle parti…quanti ricordi. Mi invitarono al momento del congedo a rimanere in servizio permanente per poi fare il concorso in servizio permanente effettivo, ma io ero già cosciente che questa esperienza, seppur importantissima, era temporanea, e mai avrei abbandonato Roma e un altro aspetto che è stato sempre ed è tutt’ora molto importante nella mia vita cioè l’appartenenza alla Famiglia Pontificia come Addetto di Anticamera di Sua Santità. Fui nominato nel 1986 da Papa San Giovanni Paolo II in questo Ufficio d’Onore. Svolgendo questo incarico nel cerimoniale della Santa Sede, posso esprimere concretamente il mio spirito di servizio per il Romano Pontefice e da cattolico ciò è per me il massimo onore”.
Hai lavorato con i più grandi registi e direttori di orchestra. Un tuo ricordo particolare?
“È stato veramente un periodo magnifico per l’opera lirica quello che ho vissuto già dal 1986, veramente un grandissimo numero di grandi registi e direttori d’orchestra e grandi interpreti sono passati per il Teatro dell’Opera di Roma e io ho avuto la fortuna di poter lavorare con loro. Sinceramente in poche righe è impossibile poter scrivere quanta grandezza io abbia conosciuto e quante cose abbia cercato di imparare e rubare, per così dire, da ciascuno di questi grandi”.
Sei tra i pochi esponenti dell’arte ad essere stato insignito di ogni forma di onorificenza possibile ed immaginabile. Quale responsabilità senti in questo?
“Direi che molti artisti sono stati premiati e ricompensati certamente più di me, e sicuramente più meritatamente, ma da parte mia non mi lamento, e devo dire senza ipocrisia che il riconoscimento del proprio lavoro è sempre una cosa gradita perché soprattutto è uno stimolo ad andare avanti, direi che è quasi una conferma che non sei proprio da buttare via”.
Sei stato recentemente insignito del titolo di Accademico dell’Accademia Nazionale delle Arti di Ucraina….
“Sì, sono tornato da pochi giorni in effetti da un periodo di due mesi in Ucraina da dove un mese prima c’era già la mia fidanzata Maria Ratkova, uno splendido Mezzosoprano-Contralto, che doveva cantare dei ruoli importanti nel Teatro Nazionale dell’Opera di Kharkiv. Con Maria, che è italiana, originaria di una nobilissima famiglia di San Pietroburgo, già da anni abbiamo intrecciato degli importanti scambi culturali tra l’Ucraina e la Santa Sede, anche tramite l’Ambasciata di Ucraina presso la Santa Sede stessa, con concerti al Pontificio istituto di Musica Sacra, al Pantheon di Roma e altro”.
La tua visione dei teatri italiani in questo momento storico?
“La pandemia è un fenomeno recente, e trova la realtà dei teatri e non solo, in stato già di crisi avanzata, una crisi politica cioè di rapporto tra la realtà della Cultura e l’idea della Cultura stessa che hanno i nostri governanti e perché no, anche gran parte della popolazione. La questione è molto seria e affonda le radici nella disastrosa riforma che trasformò gli enti lirici italiani in fondazioni private, anche se poi non del tutto private, tant’è vero che accade spesso che si invochi, quando fa comodo ai sovrintendenti, il diritto pubblico, e quando non fa comodo si invochi il diritto privato”.
I tuoi progetti futuri?
“A volte non ci si rende conto che la vera grazia è quella di continuare a fare ciò che si sta facendo, o più semplicemente è già una grazia poter avere occhi per vedere… in altre parole il vero progetto è seguitare a fare ciò che faccio il più a lungo possibile, il meglio possibile e di poter sempre vivere di questo dignitosamente”.
Come definiresti l’arte in una sola parola?
“Sarebbe molto semplice usare ogni bella parola per descrivere l’arte… Sappiamo bene quanto l’arte sia indispensabile nutrimento del genere umano tanto da essere ciò lo rende tale. Ma vorrei invece dire una cosa forse più semplice non dimenticando certo la stratosferica importanza dell’attività artistica per il progresso e la piena celebrazione e il pieno compimento dell’umanità. In una sola parola? L’arte è ‘Lavoro’, ed è un lavoro necessario, non un orpello o un abbellimento esteriore o un’attività non essenziale. L’arte è un lavoro e quindi va tutelato come tale, rispettato e mai relegato ad aspetto superfluo e accessorio”.

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