Paola Migliacci: “Dobbiamo preservare la nostra umanità anche di fronte alle avversità più gravi”
di Francesca Ghezzani –
Lo scorso maggio, al Salone del Libro di Torino, è stato presentato un romanzo che ha immediatamente catturato l’attenzione del pubblico, del panorama editoriale italiano e della critica letteraria.
Si tratta di “Grano Nero”, opera d’esordio dell’autrice romana Paola Migliacci, pubblicato con Another Coffee Stories Editore e che ha partecipato al Premio Campiello.
La storia narrata ruota attorno alla protagonista Alice, una bambina abbandonata dalla madre nel manicomio Sant’Artemio di Treviso all’età di soli dieci anni. Katrin, una psichiatra desiderosa di diventare madre, elabora un piano diabolico per non perdere l’uomo che ama, scendendo a patti con la stessa follia dei pazienti. Ma l’arrivo del nuovo direttore, Ottavio Mastrelli, offre ad Alice una possibilità di liberazione dalla reclusione forzata che rischia di condurla alla follia.
Sebbene ambientato in un’epoca passata, la tematica e i messaggi contenuti nel libro sono straordinariamente attuali e di grande importanza. Il romanzo esplora il potere, il controllo e la lotta per la libertà individuale, temi che ancora oggi trovano eco nelle nostre vite e Paola Migliacci, pagina dopo pagina, con la sua scrittura avvincente, ci invita a riflettere sulla condizione umana e sulla capacità di preservare la nostra umanità anche di fronte alle avversità più gravi.
Come è nata l’idea di scrivere “Grano Nero”, come è stato scelto il titolo e qual è il messaggio principale che volevi trasmettere attraverso questo romanzo?
“L’idea è nata da una storia personale che gira attorno a un centro tematico universale: “la follia”. A contribuire all’idea, l’approfondita ricerca e il contesto storico. Il grano è simbolo sacro di vita e fecondità, ma in questa storia è nero e simboleggia l’aggressione e la sopraffazione. Anche sul piano onirico è livido e angoscioso come il caos, il disordine e la solitudine in cui la piccola protagonista è costretta a vivere. Nonostante le paure, le insicurezze, i rifiuti o gli abbandoni, nonostante gli ostacoli che si interpongono nelle nostre vite, vale sempre la pena sfidare, per contrapporci ai nostri nemici, la forza che abbiamo”.
Qual è il ruolo delle donne nella storia e come hai voluto rappresentarle all’interno del romanzo?
“Le donne non hanno tutte lo stesso ruolo. Tuttavia è la storia che comanda e inventa i personaggi, non il contrario. Avevo già in mente la figura di una madre caratterizzata da rabbia e disprezzo nei confronti di sua figlia, avevo bisogno di Katrin, la responsabile del reparto femminile e l’unica professionista in un contesto di arretratezza culturale. Infine c’è Teresa, mentore di Alice e figura bizzarra, che se fosse un personaggio dei giorni nostri sarebbe un genio di donna”.
“Grano Nero” affronta tematiche complesse quali la follia, la guerra e il totalitarismo. Come hai gestito questi argomenti tanto delicati e quale significato hanno per te?
“Sono piani diversi: la follia è centrale, la guerra è uno sfondo storico, mentre il fascismo è nel mondo narrativo della storia. Quando scrivo mi sento al sicuro e affronto questi argomenti avendo meno veli possibili. Anche se, in alcuni momenti, c’è stata una vera immersione nel dolore. Sono tutti un richiamo di dominio, di negazione delle libertà individuali e collettive dalle quali mi dissocio completamente. La libertà per me è un valore fondamentale, così come lo è vivere in un contesto non prevaricante, non direttivo, nella prospettiva di creare le condizioni necessarie per un benessere fisico, mentale e sociale”.
Puoi parlarci del personaggio di Alice, la protagonista, e del suo ruolo nel contesto del manicomio e della società circostante?
“Alice, non desidera altro che essere figlia, ma la madre l’abbandona, seppur sana di mente, nel manicomio poco distante da casa. Ha solo giornate fatte di una lunga attesa, che non passano mai. È vittima delle deliranti cure della psichiatria fascista”.
È stata menzionata l’etica della complessità come concetto chiave del tuo libro. Puoi spiegarci cosa si intende con questo termine e come si riflette nella narrazione di “Grano Nero”?
“È stata una affermazione dell’editrice con cui ha definito “Grano Nero” un libro d’etica della complessità poiché le donne, al centro di quest’opera, mostrano un ampio vissuto fatto di lotte e sogni, in cui impossibile è non identificarsi. La riflessione su Alice può non solo contribuire in modo rilevante alla decostruzione della cultura patriarcale, ma significare la vera forza della protagonista: l’autentica celebrazione della forza morale. Un messaggio d’auspicio e un reportage di una realtà prorompente fatta di donne che non si arrendono”.
In chiusura, dopo l’emozione provata nel presentare l’opera al Salone Internazionale del Libro di Torino, c’è una bella novità che ti attende e su cui stai lavorando, vero?
“Sì. E proprio per portare avanti i temi trattati e renderli ancora più vividi, il romanzo verrà trasformato in uno spettacolo teatrale. La prima rappresentazione avrà luogo il 23 Marzo 2024 a Bergamo, grazie alla collaborazione tra Another Coffe Vision di Anna Giada Altomare e Mario Congiusti e il talentuoso regista Antonio Nardelli della compagnia TeensPark – Teatro folli Idee. Attraverso le performance degli attori, lo spettacolo potrà coinvolgere il pubblico in un’esperienza ancora più diretta ed empatica, stimolando la riflessione e l’identificazione con i personaggi. E una riflessione profonda sull’umanità e sulle lotte che ognuno di noi affronta nel corso della propria vita”.