07/27/2024
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Chiara Allegri: “Una mamma speciale”, il lungo viaggio di una donna affetta da una sindrome rara per diventare mamma

di Mirella Dosi

È in libreria “Una mamma speciale” di Chiara Allegri, edito da Intrecci Edizioni. Una storia di vita che potrebbe sembrare una tra le tante. Un racconto che è un flusso di coscienza, per narrare le gioie e i dolori di Chiara e della sua famiglia. A 14 anni la ragazza riceve una diagnosi che non le permetterà mai di avere figli. La vita la mette in ginocchio, ma lei non si arrende. Si rialza e guarda avanti con coraggio e determinazione. Molti anni più tardi, insieme al marito Roberto, inizierà un percorso di adozione, lungo e pieno di ostacoli, che le farà incontrare Alexandra, una bimba che completerà la loro famiglia. “Una mamma speciale” è un libro per tutti, che prenderà per mano il lettore per fargli scoprire come l’amore vince sulla sofferenza e le difficoltà. Basta soltanto crederci e non smettere mai di lottare.

Chiara Allegri è un’infermiera livornese, classe 1979, affetta dalla sindrome di Rokitansky, una malattia rara che non le consente di avere figli. “Una mamma speciale” è il suo romanzo di esordio. 

“Nasciamo e ci insegnano che ognuno di noi deve essere in grado di concepire per completare il cerchio della vita. Ma nessuno ci dice che non sempre questo si può avverare. E nessuno ci mette al corrente sulle possibili modalità che esistono per diventare genitori, perché diamo per scontato che questo avvenga biologicamente. Ma non sempre è così. Con questo libro voglio parlare di tutto questo: della malattia e dell’iter legale per adottare”, spiega l’autrice.

La sindrome di Rokitansky è una malattia rara in cui l’apparato genitale interno si sviluppa in maniera non corretta. In particolare, viene a mancare completamente o parzialmente lo sviluppo dell’utero e della vagina. Qualche volta la diagnosi viene fatta alla nascita, ma molto più spesso si arriva a sospettarla solo durante la tarda pubertà, quando non si assiste alla comparsa della prima mestruazione. 

“Avevo 14 anni ed iniziarono le visite. Cominciai a sentirmi una cavia da laboratorio: ogni giorno c’era un esame poco piacevole che mi aspettava”, ricorda oggi la Allegri “Ogni tanto qualche medico accennava una diagnosi. Solo dopo due anni di esami e attese, arrivò quella giusta: sindrome di Rokitansky”. 

Una diagnosi dura per un’adolescente che in pochi secondi vede crollare tutti i suoi sogni. Ma Chiara non si arrende: “Era diventato il mio inferno personale, dovevo sapere tutto, volevo essere preparata.  Mi sentivo una donna a metà. Mi sentivo l’unica ad avere questa maledetta sindrome. Mi sentivo sola”. 

Se potesse parlare con la Chiara di allora cosa le direbbe? 

“Di non preoccuparsi troppo e di rimanere forte perché alla fine otterrà ciò che desidera”. 

Invece ad una ragazza a cui è stata appena fatta la diagnosi?

“Di non avere paura che perché non è l’unica ad averla anche se è la prima cosa che penserà. Che non c’è niente di sbagliato in lei ed è bella così.  Che dovrà essere forte perché sia al livello fisico che psicologico l’affrontare questa sindrome sarà molto doloroso e che se vorrà al di là della famiglia ci sono delle “sorelle Roky” pronte a sopportarla e supportarla in ogni momento”.

Lei appena ha potuto si è operata per recuperare almeno una parte della sua vita. Come è cambiata la qualità della vita dopo? E come è cambiata la medicina in questi ultimi anni?

“Grazie a questo intervento la qualità della vita è migliorata perché potendo avere rapporti sessuali non solo si completa il rapporto d’amore con il compagno ma ci si sente anche più donna. La medicina negli ultimi anni dal punto di vista interventistico ha scoperto nuove tecniche, ma è ancora molto indietro con la ricerca. Ancora non sappiamo quale sia la causa”.

Collabora con qualche associazione? 

“Sono socia dell’associazione ANIMrkhS Onlus ovvero l’Associazione Nazionale Italiana Sindrome Mayer Rokitansky Kuster Hauser. Nel mondo per fortuna oggi ci sono molte associazioni al riguardo”.

L’ha segnata di più la malattia o gli anni di iter legale per arrivare all’adozione?

“La sindrome è una ferita permanente con la quale convivo da tutta la vita. Non posso negare però che anche l’iter adottivo mi abbia fatto soffrire parecchio in questi 7 anni”.

Qualche settimana fa è nato il primo bambino da una mamma a cui è stato trapiantato l’utero. Cosa ne pensa? 

“E’ una cosa straordinaria, un grande passo avanti per la medicina. Il trapianto d’utero già esisteva e veniva effettuato in paesi Europei ed extra europei anche quando scoprì di essere una Roky; il motivo per cui non mi ci sono sottoposta è che, come ogni trapianto, è altamente rischioso per la vita e non garantisce al 100% una gravidanza sicura come accade nelle normali gestanti perché come sappiamo c’è sempre il rischio di un aborto soprattutto per le primipare. Figuriamoci per noi che dobbiamo anche effettuare una fecondazione assistita”. 

La prossima sfida di Chiara?

“Divulgare il più possibile il libro affinché i messaggi che vuole trasmettere arrivino a più persone possibili. E poi scriverne un altro incentrato soprattutto sulla sindrome e le varie possibilità che abbiamo per diventare madri soffermandoci su quelle che ancora il nostro governo non ha autorizzato per motivi ancora a noi sconosciuti. Come, ad esempio, la maternità surrogata”.

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