04/27/2024
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Gian Vito Cafaro: Undici anni in Rai e nella famiglia di “Chi l’ha visto?”

di Simone Mori –

Fa parte della redazione della storica trasmissione Rai “Chi l’ha visto?”. Si contraddistingue per precisione, professionalità e capacità di trattare i casi che gli vengono affidati. Lui è Gian Vito Cafaro e cerchiamo di conoscerlo meglio attraverso questa intervista.
Ci puoi raccontare chi è Gian Vito e come ti sei avvicinato al giornalismo?
“Ho 45 anni, sono pugliese, di Cassano delle Murge, in provincia di Bari e sono sempre più legato alla mia terra. Un felicissimo ‘terrone’ orgoglioso delle sue radici. Al Sud c’è la luce, i profumi della terra si esaltano a qualsiasi ora del giorno. Io senza il Sud non so stare. E non sapevo stare senza i quotidiani già da bambino. Mio zio era edicolante e grazie a lui e alla passione per lo sport (del calcio, in particolare, sono tifoso dell’Inter) ho preso confidenza con i giornali. Pensa che ho cominciato ad imparare a leggere prima di andare a scuola. Ovviamente tutto merito dei quotidiani. Tra i miei giochi preferiti da bambino c’era la rassegnata stampa. Aprivo i giornali e fingevo di leggerli al pubblico televisivo. Poi in televisione ci sono finito per davvero. Subito dopo la maturità, nel corso degli studi in scienze politiche, ho cominciato con le tv locali (Telemajg, Antenna Sud), passando anche per le collaborazioni con alcuni quotidiani come la Gazzetta del Mezzogiorno, l’Avvenire e il Sole 24 ore. Sono al mio undicesimo anno di Rai e sono felicissimo di essere parte integrante di un’azienda di servizio pubblico e di uno dei più longevi ed importanti programmi degli ‘Approfondimenti’, ‘Chi l’ha visto?’”.
Sei uno dei punti di forza della trasmissione “Chi l’ha visto?”. Ti occupi di molteplici casi, ricordi quello che ad a oggi ti ha colpito di più?
“Come detto sono al mio undicesimo anno di Rai e in questo lungo periodo ho conosciuto diversi casi che mi hanno a volte tolto il sonno. Perché attraverso il nostro mestiere conosci le ingiustizie che la gente subisce; il dolore che le famiglie vivono per l’assenza di uno scomparso; per il male che altri infliggono a qualcuno. C’è un caso su tutti che mi è rimasto dentro e non andrà più via: la sparizione di Maria Chindamo in Calabria. L’hanno fatta scomparire perché doveva essere punita. Prendo in prestito le parole di suo fratello Vincenzo e dei figli di Maria: ‘E’ stata punita perché ha scelto di essere libera’. Maria, evidentemente, non poteva essere libera. Questo ha pensato qualcuno prima di mettere in pratica un piano criminale. La libertà ha un prezzo, è vero”.
Scomparire nel nulla. Quanta angoscia e quanta ansia dietro ogni storia. Riesci a gestire le tue emozioni?
“E’ difficile, lo ammetto. Anche perché certe storie te le porti dentro, vivi a contatto con le famiglie, sei a casa loro più volte e provi a capire come potresti aiutarle a risolvere un dramma. A volte mi sono svegliato di colpo pensando di dover ragionare su un dettaglio di una storia che stavo seguendo e capire come agire di conseguenza. Personalmente ritengo che c’è un senso di solidarietà nel nostro lavoro e che ognuno di noi esercita secondo la sua inclinazione. Fammi dire che la squadra di ‘Chi l’ha Visto?’ guidata da Federica Sciarelli è un team eccezionale. Tutti validi professionisti che non fanno mancare il sostegno morale a chi chiede aiuto al nostro programma. Dal punto di vista giornalistico, poi, Federica è maestra e ogni giorno insegna a noi qualcosa in più. Sono onorato di averla trovata sulla mia strada professionale”.
Cosa pensi di come oggi viene trattata la cronaca nei vari contenitori tv? C’è troppa morbosità?
“Si parla tanto di cronaca perché il pubblico sembra ormai abituato alla serialità delle storie. Non mi permetto di giudicare il lavoro degli altri. Penso al mio. Ritengo che attorno ad alcune vicende ci sia spesso un approccio da talk e meno di approfondimento. La cronaca nera a mio avviso si fa lavorando d’inchiesta, guardando ai dettagli, ponendosi delle domande, suscitando i dubbi. Ed è quello che facciamo noi col nostro programma”.
A chi vorrebbe fare il tuo mestiere cosa consiglieresti?
“A volte scherzando con gli aspiranti giovani colleghi dico di conservare il numero di telefono del barbiere o del barista del comune che si è visitato l’ultima volta. E’ un modo per dire che i contatti con le persone sono preziosi per attingere alle prime informazioni, per farsi un’idea del clima attorno ad un fatto. Penso però, che il mestiere del giornalista si faccia imparando a curiosare su tutto. E quindi leggere molto, porsi tante domande, guardare molta tv. Parlare con gli altri e ascoltare chi ha da dire qualcosa”.
Una domanda sul Gian Vito privato. Quali sono gli hobby e le passioni che hai?
“In passato giocavo a pallavolo. Più che un hobby era un mestiere visto che mi allenavo quotidianamente. Ho giocato fino al campionato di C. Poi col passare degli anni quando il lavoro si è fatto più serio ho dovuto mollare. Non ho molto tempo per gli hobby, anche perché i momenti di libertà devo riservarli alla mia famiglia: a mia moglie Teresa e alle mie bimbe. Libri e tv fanno da contorno. Quando riesco mi piace visitare i piccoli paesi. Le radici, le identità sono fondamentali per capire il passato e immaginare il futuro”.
“Chi l’ha visto” ha un grosso seguito sui social con una fanbase davvero interessante ed eterogenea. Su X capita spesso di vedere il programma in tendenza. Come ti spieghi tutto questo?
“Il nostro programma continua ad avere un seguito crescente tra i più giovani. E questo, ovviamente, si riflette sulle tendenze dei social. Ci sono veri gruppi di ascolto e commento ai casi che proponiamo. Il successo del programma è dovuto alla credibilità che lo stesso ha guadagnato negli anni. ‘Chi l’ha visto?’ incarna lo spirito del servizio pubblico. E di questo siamo tutti orgogliosi. E io sono orgoglioso di farne parte”.

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