05/08/2024
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Louise Laffaille: Stati d’animo fatti di acqua

di Marisa Iacopino –

Quando le onde si increspano fin sul letto celeste, e i sogni si fanno reali lungo la linea dell’orizzonte, quando l’occhio si sperde nella nebbia oltre una finestra, ecco aprirsi lo sguardo alla percezione di un mondo emotivo che evoca suggestioni e stati d’animo fatti di acqua e materia evanescente. Siamo di fronte alla rappresentazione di una verità onirica e reale insieme, sintesi pittorica di un’artista franco-svizzera, Louise Laffaille.

Ci ha raccontato la sua esperienza.

“Ho capito presto che la pittura era parte di me. Sono cresciuta in una famiglia di artisti, mio ​​nonno era un commerciante d’arte che scoprì Raoul Duffy; mia zia aveva una galleria e divenne leader mondiale nel lavoro di quest’artista. A casa nostra c’erano sulle pareti quadri di varie collezioni, i miei occhi erano abituati a vederle come parte del paesaggio naturale. Quando ho perso mia mamma a 16 anni, ho iniziato a chiedermi lo scopo della vita, cosa ero venuta a fare sulla terra… A 18 anni ho iniziato a dipingere seriamente e ho capito che non potevo farne a meno, era un modo per ritrovare me stessa. Ho frequentato diverse scuole d’arte in tutto il mondo, ma a un certo punto mi sono sentita limitare dalla mancanza di tecniche che venivano insegnate. Stavo leggendo su calligrafia e tecniche asiatiche, ed ero infelice in Europa. Sono partita per New York alla ricerca di un nuovo terreno. Poco dopo, mentre studiavo alla Art Students League di New York, ho incontrato il pittore asiatico Paul Ching Bor che insegnava una tecnica speciale di acquerello: era ciò che ero venuta a imparare. Ho studiato con lui per 4 anni, su grandi rotoli di carta pesante, a volte lunghi diversi metri, centinaia di strati di acquerello. Più tardi, ho sviluppato la mia tecnica”.

L’urgenza di rappresentare un’impressione sembra caratterizzare le tue opere, la linea scorre sulla tela alla ricerca di elementi essenziali, primordiali come l’acqua. L’interpretazione è corretta?

“Sì, l’acqua è il filo conduttore, sia nei mezzi che impiego che nelle scenografie. Uso spesso l’effetto naturale che l’acqua produce sulla carta per creare elementi paesaggistici. Non lavoro dalle immagini, ma dall’impressione dei paesaggi che vedo o ricordo, dipingo la sensazione di quiete e contemplazione che spesso si prova, osservandoli. Una forma di spiritualità, quel mistero invisibile che a volte si rende visibile… e poi gli stati d’animo che, probabilmente,  sono mescolati con il mistero.  Qualunque cosa io stia attraversando nella vita, i sentimenti si mettono in mezzo. Immagino di dipingere momenti, l’eternità che a volte si percepisce in un secondo”.

Chi sono i tuoi artisti di riferimento, classici o di oggi?

“Mi riferivo spesso a J.W Turner quando realizzavo la mia serie di paesaggi, ma al giorno d’oggi ammiro artisti come Fabienne Verdier, Meghann Riepenhoff, Gérhard Richter, Hiroshi Sugimoto”.

Alcuni quadri come “Percorso nel tempo” o “Nebbia sulla mia finestra” ricordano un’opera di C.D. Friedrich, “Il monaco in riva al mare”. Ti rivedi in qualche modo nell’interprete del romanticismo tedesco?

“Nel mio lavoro sono guidata dall’intuizione, dai pericoli, dall’acqua che cade sulla carta e la segna, le sensazioni dei momenti… In questo sì, sono vicina al modo romantico di accostarsi alla pittura. A differenza del dipinto cui ti riferisci, però, gli esseri umani sono sempre assenti nei miei lavori. Lo spettatore è la sola presenza, mentre li guarda”.

Dal punto di vista tecnico sembra che la tua predilezione cada sull’acquerello…

“Al cento per cento! Una volta, un curatore mi ha presa in giro, dicendo che sembrava fossi sposata con l’acquerello… mi sento davvero così, e quando faccio olio o acrilico, lavoro con i supporti come se fossero acquerelli, molta acqua, pochissimi pigmenti e utilizzo la tela pura, senza gesso, in modo che possa riprodurre l’effetto di assorbimento della carta, lasciando che il movimento organico dell’acqua si stabilizzi. L’acquerello è un mezzo che non puoi controllare, gocciola ovunque, quando si asciuga il colore cambia, devi concedergli il tempo di asciugare prima di riprenderlo. E’ libertà, è fragilità e genera effetti sorprendenti, costanti, molto vicini a quello che sono io, per questo mi sento così a mio agio con questa tecnica”.

Attraversando le sfere sensoriali, c’è musica nei tuoi quadri?

“Raramente dipingo in silenzio. Spesso ho la musica ad alto volume ascoltando ogni genere di roba: pop, jazz, rap… mi aiuta a creare il silenzio in me, così posso essere libera per la pittura”.

Tuoi progetti per il futuro?

“Ho appena comprato una casa per avere uno studio più grande ed essere più vicino alla natura, quindi i prossimi mesi saranno dedicati alla sua ristrutturazione. Tra poco mi muoverò in una Art Residency * al castello di La Napoule nel sud della Francia vicino al mare, quindi produrrò nuovi lavori, e a giugno esporrò con Thelma Gallery, a Rouen, su un tema che mi sta molto a cuore, l’inquinamento dell’oceano”.

*Residenza artistica dove risiedono per un tempo determinato vari artisti, al fine di favorire la collaborazione tra di loro e promuovere un evento culturale (n.d.r.) 

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